Amsterdam, monumento ad Anna Frank |
Molinari e David Parenzo a cui è stato impedito di parlare, con rettori che si sono esposti nel boicottaggio di progetti di ricerca israeliana. Con gli attacchi alla brigata ebraica nel corteo del 25 aprile a Milano, con il tentativo chiamato da Iuri Maria Prado di “Pride judenfrei”, con gruppetti estremisti di sinistra che hanno pubblicato elenchi di ebrei da aggredire, con manifestazioni indette per celebrare i massacri del 7 ottobre, con tifosi italiani che nello stadio di Budapest hanno voltato le spalle in segno di disprezzo all’inno di Israele, con quel povero scappato di casa di capogruppo dei 5 stelle nella commissione Esteri della Camera che spiega come la democrazia della Germania hitleriana sia stata tale e quale a quella israeliana.
A lungo in Europa e in Italia, e con particolari orrori nel Novecento, l’antisemitismo è stato un indice di profondi guasti nella nostra civilizzazione: al nuovo antisemitismo va dunque dedicata tutta l’attenzione possibile e tutto l’impegno necessario per contrastarlo. Storicamente ondate di irrazionalismo hanno coinvolto spesso nuove generazioni alla ricerca di un senso del mondo, talvolta proprio nei posti più sbagliati come nel caso inquietante dell’antisemitismo che circola oggi anche nelle nostre università: un fenomeno alimentato innanzi tutto dalla miseria “morale e intellettuale” di diversi “non adolescenti” che hanno trovato il modo per riproporsi nel classico ruolo di “cattivi maestri”.
Esce in questi
giorni, per Liberilibri, La nuova caccia all’ebreo, pamphlet in
cui Pierluigi Battista racconta il cataclisma avvenuto nella
mente occidentale dopo il pogrom del 7 ottobre contro Israele: “Mi rendo conto
di dire una cosa enorme. Ma penso si sia disintegrato l’ordine morale intorno a
cui il mondo contemporaneo, ma in particolare l’Europa, si era ricostruito dopo
la fine della Seconda Guerra mondiale”».
Battista
suggerisce, oltre al suo libro, anche uno di Gilles Kepel,
pubblicato da Feltrinelli, che si intitola Olocausti e spiega
il senso del pogrom del 7 ottobre, e soprattutto lo sconvolgimento che il 7
ottobre ha provocato in Occidente, fino a “sdoganare” l’antisemitismo e la
cancellazione simbolica del genocidio del popolo ebraico.
Riflettere
criticamente, in modo informato e con buone letture sulla profondità del
fenomeno del neo-antisemitismo con cui facciamo i conti oggi è la base per
mobilitarsi poi nel contrastarlo.
LODOVICO FESTA su Tempi
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