Lui è un tipo egocentrico, lunatico e imprevedibile; lei è un tipico prodotto del laboratorio liberal, che sostituisce sistematicamente i fatti con le proprie opinioni
Il candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump e la sua avversaria democrat Kamala Harris durante il dibattito tv in vista delle presidenziali Usa, 10 settembre 2024 (foto Ansa)
Prendendo a prestito
l’espressione usata da papa Francesco, possiamo azzardarci a dire che Donald
Trump è il “male minore”. Mentre era sull’aereo di ritorno da Singapore, al
Pontefice è stato chiesto: quale consiglio darebbe ai cattolici statunitensi
che a novembre dovranno scegliere tra il repubblicano Donald Trump e la
democratica Kamala Harris? Papa Bergoglio, come è noto, non ama il tycoon di
cui, otto anni fa, arrivò a dire che non era «un buon cristiano». Eppure,
rispondendo alla domanda postagli sull’aereo da una giornalista, Francesco ha
voluto rimanere equidistante dai due candidati affermando che
sono entrambi «contro la vita». Il primo perché respinge i migranti, la seconda
perché è favorevole all’interruzione di gravidanza e «fare un aborto è uccidere
un essere umano. Ti piace la parola, non ti piace, ma è uccidere». Scegliere
tra i due è difficile, il Papa non saprebbe dire chi rappresenta il «male
minore»; ognuno vada a votare e «scelga in coscienza».
In realtà, leggendo per
intero la dichiarazione del Pontefice, ci si accorge di qualche sfumatura
importante. Francesco, infatti, definisce un «peccato grave» e poi una
«cattiveria» quella di respingere i migranti, mentre usa per due volte la
parola «assassinio» per descrivere l’aborto. Quale dei due sia il male minore,
ognuno lo capisce da sé e non è un caso che la risposta di Francesco abbia
destato maggiori proteste nel campo democratico che in quello repubblicano (e
in Italia era sufficiente leggere la lettera che Dacia Maraini ha
scritto sul Corriere della Sera al Papa per
capire che quelle parole sono state mal digerite più a sinistra che a destra).
La realtà, poi, è ancor
più complicata, perché è senz’altro vero che Harris è una fiera pro choice e
che Trump è più vicino alle posizioni pro life (basti pensare che è stato l’unico presidente a partecipare alla March for Life di
Washington o ai giudici che ha nominato alla Corte suprema),
ma è altrettanto vero che, soprattutto nell’ultimo periodo, quando ha capito
che l’argomento poteva danneggiarlo tra l’elettorato femminile, ha reso molto
più ambigua la sua posizione sui temi legati alla difesa della vita. Al
contempo, al di là di certi toni propagandistici, va notato che Trump è contro
l’immigrazione clandestina, che è cosa diversa dall’immigrazione regolare. Una
posizione, tra l’altro, condivisa dalla sua rivale, di cui sono diventate celebri le parole rivolte
nel giugno 2021 ai sudamericani che volevano attraversare il confine per
entrare negli Stati Uniti: «Non venite, sarete respinti».
La verità, come ormai scriviamo da diversi anni, è che Trump è l’alternativa istintiva e rabbiosa a un progressismo insopportabile e pericoloso, di cui Kamala Harris, ancora più di Joe Biden, è emblema e portavoce. Trump è un tipo egocentrico, lunatico e imprevedibile, Harris è un prodotto del laboratorio liberal, espressione della sinistra woke e tecnocratica che sostituisce sistematicamente i fatti con le proprie opinioni per far prevale la propria visione ideologica sulla realtà.
Con Trump si può sperare che gli Stati Uniti affrontino le grandi sfide globali
(Cina, Israele, Ucraina, il green) con un certo pragmatismo. Con Harris
sappiamo cosa ci aspetta. Non è mai bene scegliere il “male minore”, ma è
sempre meglio che optare per il “male maggiore”.
Nessun commento:
Posta un commento