mercoledì 5 dicembre 2012

FRANCO CASADEI IL BIANCO DELLE VELE


Il poeta è sempre innamorato: della parola, della visione. La poesia è il farsi oggetto fruibile della complessità di questo incontro-innamoramento. La parola suona “altra” anche quando è usuale e la visione coglie un barlume appena di quanto abbiamo sotto gli occhi abitualmente oppure ci spalanca frange di memorie e anche assoluti. In Pronto Soccorso: “ (…..) respira a fatica…/ieri sera tranquilla, nel suo letto,/ ora sembra sfollata/ sfrattata dalle cose consuete/ noi tutti, come lei saremo presi/ nel cuore di una notte, ribaltati e presi.”

La poesia non può prescindere dall’esperienza, dal vissuto, dal passato ; anzi la poesia gioca con il tempo: ciò che è stato diventa ciò che è perché nel momento che lo afferra lo porge presente, palpitante, perlaceo come un ritrovamento antropologico, dopo che è stato ben ripulito.

Perché il poeta usa il materiale spurio che fu per esibirlo nel suo nitore, nella sua innocenza significante. “ Di tanto…. questo resta”; e ciò che resta è ciò che ci ha plasmati e identificati.

Franco Casadei è poeta e soprattutto in questo nuovo libro, scarno per numero di poesie e per concisione delle stesse, ha compiuto un balzo verso il nitore chiaramente percepibile, verso un’essenzialità dove nessuna parola è in eccesso e nessuna manca..

Molte scorie sono state abbandonate, la visione è nitida, il ricordo è suggello, il paesaggio si è come prosciugato e il poeta tesse un fitto dialogo con l’essere qui, ora, l’avere visto, la sicurezza dell’oltre, la certezza della sua imperfezione al cospetto di un Dio che si spera misericordioso.

 

Le certezze di Franco sono salde ma non è dato all’uomo di penetrare il mistero:

“Non c’è ragione al morire

si ha un bel dire

è un decorso naturale.

Sindone nera, la morte,

buio fondale.

Dovremo comunque attraversarla

nell’attesa che la notte deflagri

e ci svegliamo dal’offesa.”

 

E più chiaramente , la poesia precedente si chiudeva con questi due versi:

“La mancanza sento, una mancanza,/la firma segreta sta dentro alle cose.”; l’uomo può solo cogliere la superficie delle stesse, è impedita la visione di quella firma. Ma frequentemente nelle poesie del libro cogliamo questa discrasia fra una certezza di fede e un’oscurità di visione. La morte è temuta, perché è la vita che conosciamo, anche nei suoi risvolti più duri e violenti che ci ha plasmati; l’edenico resta mistero e resta anche il timore di non avere ben risposto alle richieste della Parola divina e quindi di essere stati più di argilla che di talenti.

“Il tempo gira come una ruota consumata/ – anche la meridiana ha perso il chiodo-/rimangono le mani/ a pelo d’acqua a chiedere perdono”, questa consapevolezza della fallacità, della fragilità, dei cedimenti può confidare solo nel Divino Cuore misericordioso . La vita è parola che si fa respiro, la morte è … terra che mi riprendi , dice sovente il poeta. Trascendenza e immanenza coabitano e talvolta configgono, a favore della parola che ha la caratteristiche di entrambe: è comunicazione e ri-creazione.

Sono molte le poesie che insistono su questa tematica di prossimità al redde rationem da cui trapela un timore, un’ansia di essersi troppo spesso compiaciuti ugualmente apparentata ad una saldissima consapevolezza del perdono.

Naturalmente non mancano bozzetti struggenti : le corsie d’ospedale “ enigmi d’occhi, mani adagiate” ; la terra natia: “ lontano, là / l’ultimo lembo della piana/e all’orizzonte infinito il mare/ che nei giorni di chiaro / regala il bianco della vele/ sono nato qui/ e qui respiro”; La donna della carrozzina bianca: “ (…………….) D’inverno l’aria affila il gelo/ mangi piatti grami,/ una notte di nebbia ti ha dissolta/ sono rimasti i muri e l’eco di una tosse.”

 

Mai come in questo libro Casadei si era messo a nudo e aveva permesso che il suo respiro e la sua visione si deponessero sulla pagina, ma, forse è proprio per questo motivo, che compiutamente si spalanca alla poesia.

Narda Fattori

 

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2012/09/28/franco-casadei-il-bianco-delle-vele-recensione-di-narda-fattori/

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