venerdì 7 dicembre 2012

SCOLA: SUPERARE L'AMBIGUA LAICITE'


C’ è una ferita nel mondo contemporaneo, la ferita che lo stato provoca “alla libertà religiosa”.
Parola del cardinale Angelo Scola, cardinale arcivescovo di Milano, che nel diciassettesimo centenario di quell’Editto di Milano che ha sancito la nascita della libertà di professare il proprio credo, ricorda come la svolta del 313 d. C. sia, nei fatti, “un inizio mancato”.
Al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che davanti al Papa l’estate scorsa aveva rivendicato l’autonomia d’azione delle istituzioni pubbliche, Scola, nel tradizionale appuntamento di sant’Ambrogio – il suo secondo “discorso alla città” nella Messa della vigilia – ricorda invece come il pericolo viene proprio dallo stato quando nel nome della propria autonomia e neutralità di fatto affossa ogni libertà confessionale: l’evoluzione che gli stati democratico-liberali hanno perseguito affossa la svolta dell’Editto di Milano e non garantisce alcuna libertà.
Il presupposto teorico di questa evoluzione, infatti, si rifà al modello francese di laïcité che a sua volta si basa sull’idea dell’indifferenza, definita come neutralità, delle istituzioni statali rispetto al fenomeno religioso.
Ma i risultati sono opposti: più che neutralità lo stato adotta “un modello maldisposto verso il fenomeno religioso”, con conseguenze pericolose. Scola cita il caso statunitense, dove la riforma sanitaria di Obama “che impone a vari tipi di istituzioni religiose di offrire ai propri impiegati polizze di assicurazione sanitaria che includano contraccettivi, aborti e procedure di sterilizzazione” altro non è che “una ferita alla libertà religiosa”. Un esempio, per ricordare come oggi il dissidio nelle nostre società non sia tanto fra credenti di religioni diverse, quanto fra “la cultura secolarista e il fenomeno religioso”. Dice l’arcivescovo: misconoscendo questo dato, “la giusta e necessaria aconfessionalità dello stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di ‘neutralità’, il sostegno dello stato a una visione del mondo che poggi sull’idea secolare e senza Dio”.
Come ovviare “a questo grave stato di cose”? La ricetta di Scola è quella di uno stato che non interpreti la sua aconfessionalità con distacco, ma porti la libertà religiosa a essere “libertà realizzata posta in cima alla scala dei diritti fondamentali”.
In questo senso va recuperato ciò che l’Editto di Milano ha iniziato. Come scriveva Gabrio Lombardi: “L’Editto del 313 ha un significato epocale perché segna l’initium libertatis dell’uomo moderno”. Questo significato lo deve recuperare anche la chiesa. Sulla cattedra che fu di Dionigi Tettamanzi e di Carlo Maria Martini, che qui inaugurò il suo dialogo con i non credenti, Scola invita ora i cristiani, superati i decenni della contestazione “che annunciavano la fine di ogni forma pubblica del cattolicesimo, a testimoniare l’importanza e l’utilità della dimensione pubblica della fede”.
P. Rodari, il foglio 7 dicembre
 
leggi "L'Editto di Milano, initium libertatis"
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