Il Partito Democratico ha scoperto che esiste una
Germania speculare a quella per cui aveva tifato, più di un anno fa, quando
Berlusconi era sotto il tiro dell’artiglieria tedesca. Erano i tempi in cui i
progressisti s’accigliavano se qualcuno osava avanzare dubbi sulla politica di
Berlino e la naturale tendenza egemonica che pretendeva di cambiare i governi
degli altri Paesi.
Il tempo è galantuomo e le parti si sono rovesciate:
alla cancelliera Angela Merkel va molto a genio un esecutivo guidato da Monti.
Altro che Bersani a Palazzo Chigi e la concertazione europea in nome di una
superiorità antropologica di cui la sinistra italiana si sente portatrice
insana. Così il Pd ha spento la gioiosa macchina dell’elogio dei panzer per
accendere il tritatutto delle ingerenze di Berlino.
Cari amici democratici, mi stupisco del vostro
stupore, ma non della faccia tosta: la politica internazionale a senso unico -
cioè quella che fa comodo a voi - non esiste se non nel vostro cinico disegno
che non fa mai coincidere l’interesse nazionale con quello del partito.
Dovevate immaginare che soffiare sul fuoco della «sovranità limitata» prima o
poi avrebbe prodotto una reazione uguale e contraria.
Com’è capitato in passato, in prossimità del traguardo
ai postcomunisti succede l’Imprevisto: nel 1994 fu Berlusconi a segare la
quercia di Occhetto, vent’anni dopo sarà Monti a rallentare la corsa del Pd. E
tutto ciò accade non perché i tedeschi vogliono invadere l’Italia, ma perché
non si fidano della coppia Bersani-Vendola, la cui politica economica è un
oggetto misterioso che vaga nel cielo di un’Europa in cerca di stabilità.
È curioso anche
vedere che gli opposti si toccano: la destra granitica e la sinistra barbuda
oggi si ritrovano unite nel dipingere un complotto berlinese che non esiste.
Cercano di coprire il proprio deficit di cultura politica e capacità di
governo. Eppure le cose sono semplici: il Ppe ha preso atto che la stagione del
berlusconismo è finita e Monti è la figura giusta per scrivere un’altra storia
italiana. A Bruxelles non hanno lasciato fallire la Grecia, figuriamoci se
possono permettersi di avere il terzo debito pubblico del mondo gestito dagli
altermondisti vendoliani e dai fiommizzati della Cgil.
di Mario Sechi da Il Tempo 16 dic 2012
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