mercoledì 18 gennaio 2017

DER GESCHEITERTE


IL FALLITO

 “Der Gescheiterte”, il fallito, questo il titolo in copertina sotto il ritratto di Obama, sull’ultimo numero della “Woche”, il magazin della “Frankfurter Allgemeine, il quotidiano di Francoforte, il migliore in Germania insieme con la “Süddeutsche Zeitung”, quindi tra i migliori d’Europa. E Barack venerdì dovrà cedere la Casa Bianca al successore. Chissà quali altri dispetti sta meditando di fare a Trump nelle ore che gli rimangono, senza preoccuparsi degli interessi del suo Paese. Donald potrà non piacere, esteticamente e politicamente, ma ha vinto, anche se molti non si danno pace. Hillary ha preso più voti? Il suo Bill nel 1992 venne eletto con il 43 per cento, la legge elettorale è sempre la stessa da oltre duecento anni.
Trump per parlare ai tedeschi ha scelto ieri il giornale più popolare, la “Bild Zeitung”, 11 milioni di lettori. Ha criticato Frau Merkel per la sua sconsiderata politica dell’accoglienza, ma la considera “un politico straordinario, uno tra i migliori al mondo”, benché non abbia ancora deciso se appoggiarla al prossimo voto di settembre. Ha ammonito le case automobilistiche, dalla BMW alla VW, di non “fabbricare le loro vetture in Messico, altrimenti pagheranno una tassa all’importazione del 35 per cento.” Cioè, fate come Marchionne. Infine si è detto orgoglioso delle sue radici tedesche. Che cosa ha ereditato dal nonno (nato in un paesino al confine con la Baviera)? L’amore per l’ordine, confida orgoglioso. Se il nonno non fosse emigrato, oggi magari sarebbe lui a sfidare Frau Angela: Ich liebe Deutschland”, conclude.
I tedeschi da pragmatici preferiscono le parole chiare, e le grandi imprese si preparano a collaborare con il nuovo Presidente, battendo sul tempo i concorrenti europei, con noi italiani come sempre in ritardo. Per la verità, anche qui i giornali e le tv hanno sbagliato le previsioni puntando sulla signora Clinton. Nella notte dell’elezione i corrispondenti e i commentatori si sono disperati, pur non arrivando a manipolare i fatti come continua a fare la nostra Botteri. Qui non sarebbe tollerato, a cominciare dagli ascoltatori. Ora cambiano rotta, tranne poche eccezioni come “Der Spiegel, che continua a temere per il mondo minacciato da Trump. Lealmente, tuttavia, la rivista di Amburgo, che rimane comunque la più autorevole, pubblica le numerose critiche dei lettori che non ne condividono gli articoli apocalittici.
La Deutsche Bank era minacciata di una multa intorno ai 15 miliardi di dollari, le analisi Made in Usa riprese da noi con gioia maligna, la davano sull’orlo del fallimento, oggi le sue azioni stanno trainando verso l’alto l’indice Dax della Borsa di Francoforte. “Come mai?” ho chiesto a un mio amico dirigente della prima banca tedesca. “Trump era ed è tra i nostri migliori clienti”, mi ha risposto. Cinismo teutonico? “La Borsa festeggia Trump”, intitola la “Frankfurter Allgemeine am Sonntag”.

NON LA FINE DEL MONDO, MA LA FINE DI UN "MONDO"
 “Barack Obama arrivò al potere per rinnovare gli Stati Uniti”, si legge nell’articolo di fondo della “Woche, dopo otto anni alla casa Bianca lascia un Paese diviso e un mondo pieno di crisi…gli diedero il Nobel per la pace probabilmente per l’unica ragione che non era Bush. Quasi l’intero numero è dedicato al Presidente uscente. In economia gli assegna un tre, che equivale al nostro sei, appena la sufficienza. Qualcosa ha fatto, anche se ha dimenticato i problemi della classe media, e questo ha contribuito alla sconfitta dei democratici. I conflitti razziali? Obama ha preferito tacere, il che non è una prova del suo coraggio. “Die Woche” non è un caso isolato. Le analisi dei principali quotidiani non sono molto diverse. “Un accettabile entertainer”, commenta con ironia il “Berliner Morgenpost”.
I tedeschi trascurano in apparenza gli errori fatali compiuti in politica estera, dalla Libia alla Siria, li danno per scontati. Pensano agli affari, e si rallegrano che Trump abbia annunciato di non voler firmare il TTIP, l’accordo di libero scambio, che metterebbe l’Europa, soprattutto l’agricoltura, nelle mani delle multinazionali. E di volere porre fine, magari non subito, alle sanzioni contro Putin, pagate soprattutto dalla Germania e dall’Italia.
Clemens Fuest, presidente dell’IFO, l’istituto di analisi economica di Francoforte, ha invitato ieri i tedeschi e gli europei a dialogare con Trump: “Dobbiamo cercare il dialogo con il nuovo presidente americano, in modo da influenzare positivamente le sue idee politiche e economiche. Trump ha obiettivi chiari: più posti di lavoro nell’industria in Usa, meno importazioni, maggiori impegni per gli europei nella Nato. Ma non ha idee convincenti per raggiungere questi risultati. Se non ci riuscirà cercherà di trovare dei capri espiatori. E potrebbe essere la Germania, a causa dei suoi record nell’export.” Al momento, ammonisce Fuest, è troppo presto per reagire al programma di Trump. Ma sarebbe meglio dunque evitare uno scontro anticipato, e tentare piuttosto di trovare un’intesa.


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