CHI HA SCELTO I SETTE PAESI?
In
preda alle convulsioni, i leoni e le pantere da tastiera ieri chiedevano con un
tono da caccia alle streghe: come mai Trump ha scelto quei sette paesi? Come
mai eh? Perché non c’è l’Arabia Saudita? E chi ha deciso quella lista?
Nel
frastuono degli intelligenti a prescindere, s’è levata una risposta: “Ask
Obama”. I sette paesi elencati nell’ordine esecutivo del presidente
Trump sono esattamente quelli usciti da una selezione fatta in due tempi
dall’amministrazione Obama durante l’attuazione del Terrorist Travel Prevention
Act nel 2015 e nel 2016. So, boys, ask Obama.
Ma
i fatti sono del tutto irrilevanti in questa storia, l’isteria liberal domina
la scena, i giornali fanno la ola, le televisioni ci inzuppano il biscotto e
via così in uno show dove i fatti sono del tutto secondari.
SIRIA
Fu lo stesso Obama
nel 2011 a fermare gli ingressi di rifugiati dall’Iraq in attesa di una
revisione delle misure di sicurezza. (TRUMP: “My policy is
similar to what President Obama did in 2011 when he banned visas for refugees
from Iraq for six months.”).
E
d’altronde il numero di rifugiati siriani accolto dall’amministrazione Obama
dice tutto sulla lungimiranza con cui fu affrontato il problema dalla Casa Bianca.
Ecco l’accoglienza riservata ai siriani da parte del governo guidato dal premio
nobel per la pace: Obama dal 2011 al 2015 ha accolto in totale 1.883 profughi
siriani, una stratosferica media di 305 all'anno.
Nel 2016, dopo
aver fallito la guerra in Siria, preso dai sensi di colpa, dopo 5 anni di
guerra, 400 mila morti, 4 milioni di rifugiati, Obama alza il tetto per i
siriani alla stellare cifra di 13 mila unità, il totale fa circa 15 mila. Di
fronte a un impegno umanitario di così grande portata, con quel retroterra, i
democratici oggi fanno piangere la statua della libertà per le decisioni
dell’amministrazione Trump. Il premio faccia di bronzo è vinto a tavolino.
I
numeri, i fatti, le cifre, la realtà sono un incidente di percorso che non interessa i liberal. E’ la solita
storia, quella della mostrificazione dell’avversario: durante la campagna
presidenziale, quando Trump disse di voler espellere 3 milioni di clandestini
dagli Stati Uniti, si sollevò la voce vibrante d’indignazione del Coro del
Progresso per dire che no, non si doveva fare, e The Donald era un pericolo per
l’umanità. Anche in quel caso nessuno si prese cura di dare un’occhiata alle
espulsioni dell’era Obama. Fonte è la Homeland Security:
Il muro a Tijuana costruito da Clinton e Obama |
Dal
2008 al 20014 Obama ha espulso quasi tre milioni (2.786.865 per l’esattezza) di
clandestini e manca ancora il conteggio del biennio 2015-2016 che farà
schizzare il dato ben oltre le dichiarazioni roboanti dell’allora candidato
repubblicano.
Il
programma sull’immigrazione di Trump era (è) inadeguato rispetto agli standard
democratici. Il suo sbarramento di ordini esecutivi è legale, coerente con il
suo programma elettorale, ma l’esecuzione mostra i limiti dettati dalla fretta
di plasmare da subito la sua amministrazione nei primi cento giorni di governo.
Rallentare
Giornali italiani
Il
coro replica l’esibizione sui quotidiani. Un mondo a una dimensione, o quasi.
Il primo caffè della giornata va giù con la lettura del Corriere della Sera:
“Rivolta contro il bando di Trump”. Repubblica sbriga la pratica così: “Trump
solo contro tutti”. La Stampa non ci casca, punta saggiamente l’apertura sulle
primarie dei socialisti in Francia (ha vinto la sinistra radicale, ragazzi), ma
il titolo è sempre quello: “Immigrazione, rivolta contro Trump”. Il caffè ar
vetro e Il Messaggero non portano nulla di nuovo: “Migranti, un muro
anti-Trump”. Il Giornale esce dal coro, ma sempre di mattoni si parla: “Muro
buonista contro Trump”. Il Mattino fa lo stesso titolo del Messaggero:
“Immigrati, rivolta anti-Trump”. Il Gazzettino imita il Mattino: “Stop ai
migranti, rivolta anti-Trump”. Il Secolo XIX fa un titolo da assemblea
sindacale: “Immigrati, mobilitazione contro Trump”. Carlino-Nazione-Giorno
entrano nella fase generale Custer a Little Big Horn: “Rifugiati, Trump assediato”.
Hanno impaginato e titolato il cuore grande dell’uomo europeo, quello che oggi
protesta contro Trump e ieri ha staccato un assegno da tre miliardi di euro in
favore di quel sincero democratico di Erdogan per fare il lavoro sporco alla
frontiera con la Siria. Dettagli.
(Salvatore Sechi)
Nota del blog: E' un problema quando le
idee o il giudizio parte da una conoscenza parziale o del tutto distorta dei
fatti se non addirittura non si tratta di un rifiuto aprioristico ed ideologico
.
Quando i giornali sembrano una massa di pappagalli che recitano il rosario dei potenti di turno e cercano subdolamente di creare una mentalità a senso unico, serve anche sapere che non è così
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