IL FALLITO
“Der
Gescheiterte”, il fallito, questo il titolo in copertina sotto il ritratto
di Obama, sull’ultimo numero della “Woche”, il magazin della “Frankfurter
Allgemeine”, il quotidiano di Francoforte, il migliore in Germania insieme con la “Süddeutsche Zeitung”, quindi tra i migliori d’Europa. E Barack venerdì dovrà cedere la Casa Bianca al successore. Chissà quali altri dispetti sta meditando di fare a Trump nelle
ore che gli rimangono, senza preoccuparsi degli interessi del suo Paese. Donald potrà non piacere, esteticamente e politicamente, ma ha
vinto, anche se molti non si danno pace. Hillary ha
preso più voti? Il suo Bill nel 1992 venne eletto con il 43 per cento, la legge
elettorale è sempre la stessa da oltre duecento anni.
Trump per parlare ai tedeschi ha scelto
ieri il giornale più popolare, la “Bild Zeitung”, 11 milioni di lettori.
Ha criticato Frau Merkel per la sua sconsiderata politica
dell’accoglienza, ma la considera “un politico straordinario, uno tra i
migliori al mondo”, benché non abbia ancora deciso se appoggiarla al prossimo voto di
settembre. Ha ammonito le case
automobilistiche, dalla BMW alla VW, di non “fabbricare le loro vetture in
Messico, altrimenti pagheranno una tassa all’importazione del 35 per cento.” Cioè, fate come
Marchionne. Infine si è detto orgoglioso
delle sue radici tedesche. Che cosa ha ereditato dal nonno (nato in un paesino
al confine con la Baviera)? L’amore per l’ordine, confida orgoglioso. Se il
nonno non fosse emigrato, oggi magari sarebbe lui a sfidare Frau Angela: “Ich liebe
Deutschland”, conclude.
I tedeschi da pragmatici preferiscono le
parole chiare, e le grandi imprese si preparano a collaborare con il nuovo
Presidente, battendo sul tempo i concorrenti europei, con noi italiani come
sempre in ritardo. Per la verità, anche qui i giornali e le tv hanno
sbagliato le previsioni puntando sulla signora Clinton. Nella notte
dell’elezione i corrispondenti e i commentatori si sono disperati, pur non
arrivando a manipolare i fatti come continua a fare la nostra Botteri. Qui non
sarebbe tollerato, a cominciare dagli ascoltatori. Ora cambiano rotta, tranne poche eccezioni come “Der Spiegel”, che continua a temere
per il mondo minacciato da Trump. Lealmente, tuttavia, la rivista di Amburgo,
che rimane comunque la più autorevole, pubblica le numerose critiche dei
lettori che non ne condividono gli articoli apocalittici.
La Deutsche Bank era
minacciata di una multa intorno ai 15 miliardi di dollari, le analisi Made in Usa riprese da noi con gioia maligna, la
davano sull’orlo del fallimento, oggi le sue
azioni stanno trainando verso l’alto l’indice Dax della Borsa di Francoforte. “Come
mai?” ho chiesto a un mio amico dirigente della prima banca tedesca. “Trump
era ed è tra i nostri migliori clienti”, mi ha risposto. Cinismo teutonico? “La
Borsa festeggia Trump”, intitola la “Frankfurter Allgemeine
am Sonntag”.
NON LA FINE DEL MONDO, MA LA FINE DI UN "MONDO"
“Barack Obama arrivò al
potere per rinnovare gli Stati Uniti”, si legge nell’articolo
di fondo della “Woche”, “dopo otto
anni alla casa Bianca lascia un Paese diviso e un mondo pieno di crisi…gli
diedero il Nobel per la pace probabilmente per l’unica ragione che non era Bush”. Quasi l’intero numero
è dedicato al Presidente uscente. In economia gli
assegna un tre, che equivale al nostro sei, appena la sufficienza. Qualcosa ha fatto,
anche se ha dimenticato i problemi della
classe media, e questo ha contribuito alla sconfitta dei
democratici. I conflitti razziali? Obama ha preferito
tacere, il che non è una prova del suo coraggio. “Die Woche” non è un caso isolato. Le analisi dei principali quotidiani non sono
molto diverse. “Un accettabile entertainer”, commenta con ironia
il “Berliner Morgenpost”.
I tedeschi trascurano in apparenza gli
errori fatali compiuti in politica estera, dalla Libia alla Siria, li danno per
scontati. Pensano agli affari, e si rallegrano che Trump abbia annunciato di
non voler firmare il TTIP, l’accordo di libero scambio, che metterebbe
l’Europa, soprattutto l’agricoltura, nelle mani delle multinazionali. E di volere porre fine, magari non subito, alle sanzioni contro
Putin, pagate soprattutto dalla Germania e dall’Italia.
Clemens Fuest, presidente dell’IFO, l’istituto di analisi
economica di Francoforte, ha invitato ieri i tedeschi e gli
europei a dialogare con Trump: “Dobbiamo cercare il
dialogo con il nuovo presidente americano, in modo da influenzare positivamente
le sue idee politiche e economiche. Trump ha obiettivi chiari: più posti di
lavoro nell’industria in Usa, meno importazioni, maggiori impegni per gli
europei nella Nato. Ma non ha idee convincenti per raggiungere questi
risultati. Se non ci riuscirà cercherà di trovare dei capri espiatori. E
potrebbe essere la Germania, a causa dei suoi record nell’export.” Al momento, ammonisce Fuest, è troppo presto per reagire al
programma di Trump. Ma sarebbe meglio dunque evitare uno scontro anticipato, e
tentare piuttosto di trovare un’intesa.
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