L'addio alla retorica made in USA e al dannoso
politically correct di Obama
Fortunatamente il tempo
passa, spazzando tutto e tutti, facendo capire che nulla è eterno su questa
terra. Vale per le cose e, soprattutto, le persone, ed è arrivato il giorno in
cui anche l'osannato Presidente Usa Barack Hussein Obama termina il secondo e
ultimo mandato politico.
Un doppio mandato politico che è stato
caratterizzato da una dote non rara nella storia dei Presidenti Usa,
l'incapacità politica.
Partito con il vento in
poppa slogheggiando il vacuo "Yes, we can!" e cavalcando l'onda
dell'ineluttabilità che ci fosse finalmente un Presidente che i politicamente
corretti definirebbero in neo-lingua "di colore", vince largamente il
primo mandato elettorale dimostrando già tutta la sua pochezza sia come politico (il vuoto totale di idee in politica
estera), sia come uomo (definì la candidata repubblicana alla
vicepresidenza "un maiale").
Ma tant'è, l'uomo che
incarnava la retorica made in Usa
aveva finalmente la sua agognata poltrona di Presidente, sulla quale neppure il
tempo di sedersi che già doveva alzarsi per correre al cospetto dei reali di
Svezia a ritirare il prestigioso premio Nobel per la Pace, nella totale
interdizione del diretto interessato sulle motivazioni per aver ricevuto
cotanto premio. A Obama tutto è dovuto, tutto riconosciuto, nella società
dell'immagine lui è il personaggio giusto nel posto sbagliato, è alto,
slanciato, sorriso ammiccante, tono di voce fermo e deciso, solo quello, ma
tanto basta per conquistare consenso e voto politico. Mancavano solamente
testimonianze circa il dono dell'ubiquità, la capacità di viaggiare nel tempo e
nello spazio, le stigmate e le doti miracolistiche. E poi, vuoi mettere, con quella brava donna di Michelle, tutta
ginnastica e verdura del proprio orto, così salutista, una vera sacra famiglia
americana.
Terminati i fuochi
d'artificio a gloria del nuovo vincitore, viene il momento anche per costui di
misurarsi con la politica che conta, interna ed estera, e sono dolori, anzi
umiliazioni!
In politica interna avrebbe dovuto mettere il bavaglio agli
stipendi dei super-manager della finanza di Wall Street, colpevoli della crisi
economica che ha imperversato per anni nel mondo a partire dal 2008, ma nulla è
stato ottenuto; così come avrebbe dovuto estendere l'assicurazione sanitaria
pubblica e gratuita a sempre più larghe fette di popolazione americana, ma ha
partorito una blanda riforma denominata "Obama Care"; mentre la
ripresa economica americana risente pesantemente della solita massiccia
iniezione di liquidità della Fed, prologo di future ulteriori crisi economiche.
E sul fronte sociale, non è certo bastata la sua sola presenza di primo
Presidente "di colore" per disinnescare e normalizzare le
innumerevoli tensioni sociali e razziali presenti nella società americana.
In politica estera, alla luce del suo premio Nobel per la
Pace, ci si sarebbe aspettato un forte disimpegno americano nei teatri di
guerra, invece nulla. Anzi, la base di Guantanamo, che promise di far chiudere
nel corso del suo primo mandato presidenziale, è tuttora in essere; la presenza
dei militari Usa in Afghanistan e Iraq rimane cospicua; l'azione militare
diretta in Egitto e indiretta in Siria ha creato un'instabilità che sta pagando
a caro prezzo l'Europa, sia in termini di pericoli attentati che di pressioni
migratorie. Senza dimenticare lo scontro diplomatico e le sanzioni comminate
alla Russia di Putin, al limite della guerra, con gravi danni economici e
imbarazzi diplomatici per l'Europa.
Dopo tanta pochezza non stupisce che vi
siano così tante critiche nei confronti del neo-Presidente Trump, perché lui le
idee chiare sembra averle e questo risulta scioccante alla
"intellighenzia" mediatico-politica americana ed europea.
Trump è forse il primo
Presidente della storia Usa veramente fuori dai giochi politici delle grandi
oligarchie che spingono sui candidati dei due maggiori partiti, Democratici e
Repubblicani, in quanto anche se eletto sotto l'egida del Partito Repubblicano,
ne è stato a lungo osteggiato nella sua corsa alla candidatura repubblicana
prima e per la presidenza poi; è il vero "parvenu" della politica
Usa.
Odiato dall'establishment dei grandi media
americani, dagli opinion-maker (attori hollywoodiani su tutti) e dai cosiddetti
"intellettuali", ha scalato il consenso sociale giorno dopo giorno, sconfiggendo meritatamente, per la fortuna del popolo americano,
l'ambiziosa e perigliosa fu-cornuta coniuge Clinton. Già prima di aver
messo le proprie natiche sullo scranno del potere, Trump è stato accusato di
portare alla Terza guerra mondiale, altro che il buon Obama, che raccolse un
premio Nobel per la Pace a sua insaputa!
La politica interna ed
estera di Trump la vedremo da qui ai prossimi quattro anni, ma voglio
arrischiarmi e vedere un incipit
positivo nei suoi primi interventi, sia pure sotto forma di tweet. Trump
punta forte sul recupero dei buoni rapporti con la Russia di Putin, e questo
non può che essere un fattore distensivo e di logica e onesta politica estera,
laddove buoni rapporti diplomatici disinnescano tensioni e minacce che non ha
senso mantenere alla luce del ben più concreto pericolo dovuto agli attentati
jihadisti.
Inoltre, risulta
positiva l'attenzione posta da Trump alla questione della crescita economica e
produttiva, facendo pressione su note potenti case automobilistiche affinché
tengano e incrementino gli investimenti produttivi negli Usa, evitando con ciò
di trasformare gli Stati Uniti da Paese di produzione a Paese di puro consumo
di beni, con evidenti benefici occupazionali per le classi basse, medie e
medio-basse della popolazione. Altro che magnate interessato solo a far fare
soldi ai super-ricchi!
Potrà sembrare un
paradosso, ma se fosse proprio Trump, dopo molti decenni, a riportare in auge la linea politica dettata dai Padri
fondatori Usa l'indomani dell'indipendenza americana, imperniata sul motto
"scambi commerciali con chiunque, alleanze stabili con nessuno"?
Un disimpegno politico che faccia retrocedere gli Usa dal ruolo di poliziotti
del mondo, a favore di un nuovo-vecchio ruolo, di partner commerciale che non
tiranneggia a livello politico.
Io ci voglio credere, ne
gioverebbe il mondo intero, forza Presidente Trump, "Yes, we can"!
Roberto Locatelli
venerdì 20 gennaio
2017
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