venerdì 20 gennaio 2017

THE DONALD (TWO)

L'addio alla retorica made in USA e al dannoso politically correct di Obama


Fortunatamente il tempo passa, spazzando tutto e tutti, facendo capire che nulla è eterno su questa terra. Vale per le cose e, soprattutto, le persone, ed è arrivato il giorno in cui anche l'osannato Presidente Usa Barack Hussein Obama termina il secondo e ultimo mandato politico.
Un doppio mandato politico che è stato caratterizzato da una dote non rara nella storia dei Presidenti Usa, l'incapacità politica.
 
Partito con il vento in poppa slogheggiando il vacuo "Yes, we can!" e cavalcando l'onda dell'ineluttabilità che ci fosse finalmente un Presidente che i politicamente corretti definirebbero in neo-lingua "di colore", vince largamente il primo mandato elettorale dimostrando già tutta la sua pochezza sia come politico (il vuoto totale di idee in politica estera), sia come uomo (definì la candidata repubblicana alla vicepresidenza "un maiale").

Ma tant'è, l'uomo che incarnava la retorica made in Usa aveva finalmente la sua agognata poltrona di Presidente, sulla quale neppure il tempo di sedersi che già doveva alzarsi per correre al cospetto dei reali di Svezia a ritirare il prestigioso premio Nobel per la Pace, nella totale interdizione del diretto interessato sulle motivazioni per aver ricevuto cotanto premio. A Obama tutto è dovuto, tutto riconosciuto, nella società dell'immagine lui è il personaggio giusto nel posto sbagliato, è alto, slanciato, sorriso ammiccante, tono di voce fermo e deciso, solo quello, ma tanto basta per conquistare consenso e voto politico. Mancavano solamente testimonianze circa il dono dell'ubiquità, la capacità di viaggiare nel tempo e nello spazio, le stigmate e le doti miracolistiche. E poi, vuoi mettere, con quella brava donna di Michelle, tutta ginnastica e verdura del proprio orto, così salutista, una vera sacra famiglia americana.

Terminati i fuochi d'artificio a gloria del nuovo vincitore, viene il momento anche per costui di misurarsi con la politica che conta, interna ed estera, e sono dolori, anzi umiliazioni!
In politica interna avrebbe dovuto mettere il bavaglio agli stipendi dei super-manager della finanza di Wall Street, colpevoli della crisi economica che ha imperversato per anni nel mondo a partire dal 2008, ma nulla è stato ottenuto; così come avrebbe dovuto estendere l'assicurazione sanitaria pubblica e gratuita a sempre più larghe fette di popolazione americana, ma ha partorito una blanda riforma denominata "Obama Care"; mentre la ripresa economica americana risente pesantemente della solita massiccia iniezione di liquidità della Fed, prologo di future ulteriori crisi economiche. E sul fronte sociale, non è certo bastata la sua sola presenza di primo Presidente "di colore" per disinnescare e normalizzare le innumerevoli tensioni sociali e razziali presenti nella società americana.

In politica estera, alla luce del suo premio Nobel per la Pace, ci si sarebbe aspettato un forte disimpegno americano nei teatri di guerra, invece nulla. Anzi, la base di Guantanamo, che promise di far chiudere nel corso del suo primo mandato presidenziale, è tuttora in essere; la presenza dei militari Usa in Afghanistan e Iraq rimane cospicua; l'azione militare diretta in Egitto e indiretta in Siria ha creato un'instabilità che sta pagando a caro prezzo l'Europa, sia in termini di pericoli attentati che di pressioni migratorie. Senza dimenticare lo scontro diplomatico e le sanzioni comminate alla Russia di Putin, al limite della guerra, con gravi danni economici e imbarazzi diplomatici per l'Europa.

Dopo tanta pochezza non stupisce che vi siano così tante critiche nei confronti del neo-Presidente Trump, perché lui le idee chiare sembra averle e questo risulta scioccante alla "intellighenzia" mediatico-politica americana ed europea.
Trump è forse il primo Presidente della storia Usa veramente fuori dai giochi politici delle grandi oligarchie che spingono sui candidati dei due maggiori partiti, Democratici e Repubblicani, in quanto anche se eletto sotto l'egida del Partito Repubblicano, ne è stato a lungo osteggiato nella sua corsa alla candidatura repubblicana prima e per la presidenza poi; è il vero "parvenu" della politica Usa. 

Odiato dall'establishment dei grandi media americani, dagli opinion-maker (attori hollywoodiani su tutti) e dai cosiddetti "intellettuali", ha scalato il consenso sociale giorno dopo giorno, sconfiggendo meritatamente, per la fortuna del popolo americano, l'ambiziosa e perigliosa fu-cornuta coniuge Clinton. Già prima di aver messo le proprie natiche sullo scranno del potere, Trump è stato accusato di portare alla Terza guerra mondiale, altro che il buon Obama, che raccolse un premio Nobel per la Pace a sua insaputa!

La politica interna ed estera di Trump la vedremo da qui ai prossimi quattro anni, ma voglio arrischiarmi e vedere un incipit positivo nei suoi primi interventi, sia pure sotto forma di tweet. Trump punta forte sul recupero dei buoni rapporti con la Russia di Putin, e questo non può che essere un fattore distensivo e di logica e onesta politica estera, laddove buoni rapporti diplomatici disinnescano tensioni e minacce che non ha senso mantenere alla luce del ben più concreto pericolo dovuto agli attentati jihadisti. 

Inoltre, risulta positiva l'attenzione posta da Trump alla questione della crescita economica e produttiva, facendo pressione su note potenti case automobilistiche affinché tengano e incrementino gli investimenti produttivi negli Usa, evitando con ciò di trasformare gli Stati Uniti da Paese di produzione a Paese di puro consumo di beni, con evidenti benefici occupazionali per le classi basse, medie e medio-basse della popolazione. Altro che magnate interessato solo a far fare soldi ai super-ricchi!

Potrà sembrare un paradosso, ma se fosse proprio Trump, dopo molti decenni, a riportare in auge la linea politica dettata dai Padri fondatori Usa l'indomani dell'indipendenza americana, imperniata sul motto "scambi commerciali con chiunque, alleanze stabili con nessuno"? Un disimpegno politico che faccia retrocedere gli Usa dal ruolo di poliziotti del mondo, a favore di un nuovo-vecchio ruolo, di partner commerciale che non tiranneggia a livello politico.
Io ci voglio credere, ne gioverebbe il mondo intero, forza Presidente Trump, "Yes, we can"!

 Roberto Locatelli
venerdì 20 gennaio 2017



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