«Così parlò Zarathustra» scrisse un giorno
Nietzsche. Così parlò l’«anitra selvatica» si può dire a proposito
dell’articolo del saccente Scalfari, su Repubblica di oggi, 27 maggio 2012.
Dà una strana impressione la lettura del
suo Editoriale sul giornale che è sua creatura: l’impressione di un alunno
impreparato che, per rimediare una sufficienza alla interrogazione, raffazzona
una serie di notizie, collegandole a modo suo, sperando che la farraginosa
confusione eviti al professore di indagare sulla veridicità e sulla correttezza
delle informazioni.
Così la sua personalissima ricostruzione
spacciata per storica: “Da Pacelli a Ratzinger” ci fa conoscere il volto del
Camerlengo, «un volto assolutamente inespressivo; non era un uomo ma una
carica, una funzione, una pausa del cerimoniale»; la sua profonda conoscenza
degli intellettuali che contano ci fa conoscere il pensiero del «cattolico
Alberto Melloni, uno degli storici della Chiesa più accreditati nella materia»
di cui tratta; ci fa sapere che Berlusconi «fa ridere» di fronte a quel
principe che era Pio XII, che «come tale si comportò e come tutti i principi
indulse anche al populismo: riceveva ogni sorta di categorie della società
civile: medici, avvocati, giornalisti cattolici, ciclisti e calciatori,
casalinghe, poliziotti e militari, attori e operai, imprenditori e barbieri».
Potrei andare avanti a citare tutti i
luoghi comuni di questa «anitra selvatica»: storico illuminato (?) e per
l’occasione anche profeta (?), che riesce a descrivere il futuro della Chiesa
dopo «il pontificato lezioso [che] andrà avanti finché potrà, poi non ci sarà
il diluvio ma una pioggia da palude piena di rane, zanzare e qualche anitra
selvatica».
In un editoriale, il sunto del sunto del
sunto. Non lo accetterebbero neanche ad un’interrogazione di scuola media, ma
tant’è. Per i fedelissimi di Repubblica “l’ha detto Scalfari” e dunque è vero.
Per gli altri, impossibile confrontarsi con chi ha già chiaro tutto, con chi
possiede il senso luminoso della storia ed anche la palla di vetro per
(pre)vedere il futuro.Noi - umili servitori della vigna del Signore – anziché perder tempo con le anatre che starnazzano, siamo abituati ad ascoltare quanto il Signore stesso («se volete lo Spirito Santo») ci fa capire della Chiesa cattolica, che – il Cielo ne sia lodato – è qualcosa di ben diverso da quanto il nostro Scalfari ha in testa. Caro Eugenio, «ci sono più cose in cielo e in terra, […], di quante ne sogni la tua filosofia». Abbiamo la grazia di incontrare qualcosa di più grande e vero, qualcosa che sa dare ragioni e speranza al cammino dell’uomo. E se vediamo quello che già Ratzinger chiamava la sporcizia nella Chiesa, sappiamo che l’esperienza quotidiana ci mostra altri e più veri segni della presenza rinnovatrice del Signore. E non sono i personaggi evocati da Scalfari.
Riporto quello che ha detto il futuro Papa nella Via Crucis del 2005: «Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano.
Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa: anche all’interno di essa, Adamo cade sempre di nuovo.Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi».
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