C’è qualcosa che non torna nel rapporto tra Monti e il
Pdl. E va al di là della normale dialettica tra un partito che sostiene
l’esecutivo e il presidente del consiglio. Anche al netto di una situazione
certamente anomala e straordinaria come quella in cui si trova il governo
Monti, non si può fare a meno di notare un atteggiamento che spesso è da due
pesi e due misure rispetto a quello usato con il Pd. C’è sotto una questione
culturale che non va sottovalutata: i tecnici si sentono antropologicamente
superiori alla politica, in particolare al centrodestra italiano che, è vero,
non si ispirava a Lord Brummel, ma ha pur sempre esercitato il potere
attraverso la via democratica del voto. Monti difende il suo lavoro e fa bene,
ma deve essere più cauto, rispettoso della storia politica di chi va in
Parlamento e vota i provvedimenti del governo.
Ho sostenuto il suo arrivo a
Palazzo Chigi, lo ritengo senza alternative credibili (per ora) ma non
condivido certi discorsi che provengono da Palazzo Chigi. I partiti avranno
ancora una funzione, liquidarne la storia - sia essa di destra o di sinistra -
significa non capire in quale campo da gioco si sta correndo. Il Pdl ha pagato
a caro prezzo nelle urne la sua scelta di sostenere Monti e in queste ore
tantissimi parlamentari si chiedono se sia il caso di continuare con il
«suicidio tecnico». Il disagio di dover votare provvedimenti che massacrano
l’elettorato di centrodestra è palese. Consiglio al premier: ci vada piano, non
stuzzichi deputati e senatori, ritorni alla sobrietà e dica ai suoi ministri e
consulenti «esternator» di parlare di provvedimenti specifici senza lasciarsi
andare a giudizi politici. A meno che Monti non stia cercando l’incidente utile
per innescare un progetto politico alternativo che punta alla liquidazione
dell’esperienza berlusconiana tout court. In quel caso le elezioni anticipate
sarebbero la via maestra non del Pdl ma del Pd della foto di Vasto con la
stampella di Casini. Il risultato sarebbe quello di trarre d’impaccio Monti
dalle difficoltà attuali e rilanciarlo come candidato non più di una larga
intesa ma di un’armata «Normal» indecisa tra hollandisti, merkeliani e
inciucioni. Bonne chanche.
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