Vedendo
il mare di sperticati elogi ed esaltazioni sbracate del cardinale Martini sui
giornali di ieri, mi è venuto in mente il discorso della Montagna dove Gesù
ammonì i suoi così: “Guai
quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Luca 6, 24-26).
I veri discepoli di Gesù infatti sono segno di contraddizione: “Se
foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del
mondo (…) il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno
anche voi” (Gv 16, 18-20).
Poi
Gesù indicò ai suoi discepoli questa beatitudine: “Beati voi quando gli uomini
vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno
il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in
quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei
cieli” (Luca 6,20-23).
Una
cosa è certa, Martini è sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto
il mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli più anticattolici e
più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Che
vorrà dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua volontà? Ma i fatti dicono
che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo, ha sempre carezzato il
Potere (quello della mentalità dominante) per il verso del pelo, quello delle
mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo applausi ed encomi.
E’
stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi
giorni.
O vi
risulta che abbia rifiutato l’esaltazione strumentale dei media che per anni lo
hanno acclamato come l’Antipapa, come il contraltare di Giovanni Paolo II e poi
di Benedetto XVI?
A me
non risulta. Eppure avrebbe potuto farlo con parole ferme e chiare come fece don Lorenzo Milani quando
la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica diceva: “è dei
nostri”.
Lui
rispondeva indignato: “Ma
che dei vostri! Io sono un prete e basta!”. Quando cercavano di
usarlo contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: “in che cosa la penso come voi? Ma in
che cosa?”, “questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione
dei peccati non me la dà mica L’Espresso. E la comunione e la Messa me la danno
loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter
giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi”.
E
ancora: “Io ci ho messo 22
anni per uscire dalla classe sociale che scrive e legge L’Espresso e Il Mondo.
Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di
loro. Perché di loro non sono”, “l’unica cosa che importa è Dio, l’unico
compito dell’uomo è stare ad adorare Dio, tutto il resto è sudiciume”.
Queste
meravigliose parole di don Milani, avremmo voluto ascoltare dal cardinale, ma
non le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne abbiamo sentite altre che hanno
sconcertato e confuso noi semplici cattolici. Parole in cui egli faceva il
controcanto puntuale all’insegnamento dei Papi e della Chiesa.
Tanto
che ieri “Repubblica” si è potuta permettere di osannarlo così: “non aveva mai
condannato l’eutanasia”, “dal dialogo con l’Islam al sì al preservativo”.
Tutto
quello che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e
possibilista: “non è male che due persone, anche omosessuali, abbiano una
stabilità e che lo Stato li favorisca”, aveva detto.
E’ del
tutto legittimo – per chiunque – professare queste idee. Ma per un cardinale di
Santa Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione clamorosa? Cosa imporrebbe la
lealtà?
Quando
un cardinale afferma: “sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice
che l’altro sia evangelico o musulmano” non proclama l’equivalenza di tutte le
religioni?
Chi
ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che contraddiceva le idee
“politically correct”? O chi ricorda un’ardente denuncia in difesa dei
cristiani perseguitati?
Io non
li ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e – sottolinea costui – “non
ha mai fatto nulla per convertirmi”. Lo credo. Infatti Scalfari era entusiasta
di sentirsi così assecondato nelle sue fisime filosofiche.
Nella
seconda lettera a Timoteo, san Paolo – ingiungendo al discepolo di predicare la
sana dottrina – profetizza: “Verranno giorni, infatti, in cui non si sopporterà
più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si
circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto
alla verità, per volgersi alle favole” (Tm 4, 3-4).
Nella
sua ultima intervista, critica con la Chiesa, Martini si è chiesto dove sono
“uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il centurione, entusiaste
come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo, che sono fedeli come
Maria di Magdala?”.
Evidentemente
non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa ce ne sono tantissimi. Peccato
che lui li abbia tanto combattuti, in qualche caso perfino portandoli davanti
al suo Tribunale ecclesiastico. Sì, questa è la tolleranza dei tolleranti.
Martini
ha incredibilmente firmato la prefazione a un libro di Vito Mancuso che –
scrive “Civiltà cattolica” – arriva “a negare o perlomeno svuotare di
significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica”.
Ma il
cardinale incurante definì questo libro una “penetrazione coraggiosa” e si
augurò che venisse “letto e meditato da tante persone” (del resto Mancuso
definisce Martini “il mio padre spirituale”).
Dunque
demolire i dogmi della fede non faceva insorgere Martini. Ma quando due
giornalisti – in difesa della Chiesa – hanno criticato certi intellettuali
cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti alla sua
Inquisizione milanese e richiesti di abiura.
Che
paradosso. L’unico caso,
dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per
semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista.
“Il cardinale del dialogo”, come lo hanno chiamato Corriere e Repubblica.
I
giornali sono ammirati per le sue massime. Devo confessare che io le trovo
terribilmente banali . Per esempio: “emerge il bisogno di lotta e impegno,
senza lasciarci prendere dal disfattismo”.
Sembra
Napolitano. Grazie al cielo nella Chiesa ci sono tanti veri maestri di
spiritualità e amore a Cristo. L’altro ritornello dei media è sull’erudizione
biblica di Martini. Senz’altro vera.
Ma a
volte il buon Dio mostra un certo umorismo. E proprio venerdì, il giorno del
trapasso di Martini, la liturgia proponeva una Parola di Dio che sembra la
demolizione dell’erudizione e della “Cattedra dei non credenti” voluta da
Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili.
Scriveva
dunque san Paolo
che Cristo lo aveva mandato “ad
annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana
la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si
perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio.
Sta
scritto infatti: ‘Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò
l’intelligenza degli intelligenti’. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il
sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la
sapienza del mondo? Poiché… è piaciuto a Dio salvare i credenti con la
stoltezza della predicazione… Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente
degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor
1, 17-25).
E il
Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Gesù – ribaltando i criteri
mondani – proclama “sagge” quelle che hanno conservato la fede fino alla fine e
“stolte” quelle che l’hanno perduta.
Spero
che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le esaltazioni di
Scalfari, Dario Fo, “Il Manifesto”, Cacciari gli sono inutili davanti al
Giudice dell’universo (se non saranno aggravanti).
Io,
come insegna la Chiesa, farò dire delle messe e prenderò l’indulgenza perché il
Signore abbia misericordia di lui. E’ la sola pietà di cui tutti noi peccatori
abbiamo veramente bisogno. E’ il vero amore. Tutto il resto è vanità.
Antonio
Socci
Da “Libero”, 2 settembre 2012
Nessun commento:
Posta un commento