ANNUNCIARE CRISTO LIBERARE L'UOMO
STEFANO SPINELLI
da Cultura Cattolica
Su
questo, vorrei fare alcune considerazioni.
1)
E’ vero il richiamo finale, sul fatto che “siamo noi a dover decidere e a
rischiare tutto su di Lui, Gesù Cristo”. Ma non capisco per quale
motivo questa precondizione venga contrapposta all’istanza che diverse persone,
cattoliche (che rischiano tutto su di Lui) e laiche, fanno alla Chiesa per
sostenere la salvaguardia della dignità umana che sempre più spesso viene
disconosciuta. Nel contrapporre l’annunciare Cristo e il muoversi per la difesa
dell’uomo, si ha come l’impressione che compito della Chiesa sia annunciare
Cristo senza che questo annuncio sia capace di incidere sulla storia e sulla
cultura, senza che questo annuncio investa tutta la realtà nel suo complesso.
Invece, è proprio l’accogliere Cristo nella propria vita che muove l’uomo al
cambiamento di se stesso e del mondo e che crea cultura. “E’ necessario che la fede diventi
cultura” - diceva Giovanni Paolo II. “Una fede che non diventa cultura non
è una fede pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”. Una fede che non è capace di
mostrare cosa essa c’entri con l’uomo e con la sua vita, è una fede debole.
4)
L’altra contrapposizione che non condivido è il riferimento alla “difesa della
civiltà cristiana”, vista come difesa ideologica, rispetto al fatto più
importante dell’accoglimento di Cristo nella propria vita (ed è vero che
quest’ultimo incontro è la cosa più importante della vita, anzi l’unica
importante). Ma non capisco l’alternativa.
Innanzitutto,
qui non si tratta di difendere la civiltà cristiana, ma di difendere l’uomo. La
fede supera ogni cultura, perché la Chiesa che annuncia Cristo non viene a
portare o ad imporre la “sua” cultura. E’ l’incontro con Cristo che permette di
giudicare la realtà con occhi nuovi.
Allora,
non mi pare che si possa vedere la difesa antropologica, richiesta da un
cristiano oppure da un laico non credente, come necessariamente ideologica e
non fondata proprio su quell’incontro con Cristo che ha cambiato la vita,
oppure sul semplice fatto di una reattività originaria dell’uomo di fronte
all’irragionevolezza.
In
secondo luogo, non vedo la precondizione della fede come prioritaria in senso
temporale. Non si può dire “aspettiamo che i capi di stato accolgano Cristo
(che è ciò che più conta, ed è vero) per far partire l’impegno della Chiesa a
favore dell’uomo”.
In
conclusione, sento l’esigenza attuale di non contrapporre, tra i compiti della
Chiesa, quello di annunciare Cristo da quello di difendere l’uomo.
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