IERI SERA è morto a 93 anni EUGENIO
CORTI
Nato e vissuto in Brianza, è stato uno dei più importanti romanzieri del 900 italiano. Le sue opere esprimono ancora oggi la vox populi dell’Italia uscita dalle dure prove della guerra, della ricostruzione e degli anni di piombo. A parlare, nei romanzi di Corti, è anzitutto l’esperienza della fede cristiana condivisa e vissuta, che di fronte ai drammi e alle sfide del Novecento ha proposto un modo di vivere “civile”, mite e operoso, che ha sorretto finora la società e le istituzioni.
C’è una pagina del suo romanzo maggiore, Il cavallo rosso,
che pur parlando del passato illustra il nostro presente.
Si tratta di un dialogo fra il tenente Manno e i suoi soldati subito dopo
lo sbandamento dell’esercito italiano l’8 settembre 1943. Per niente
scoraggiato dalla liquefazione del grosso delle forze militari, Manno rimane
inquadrato e si dà a istruire gli allievi ufficiali di complemento, i quali si
rivolgono così al loro superiore:
“Ma alla fine di questo corso” gli obiettava con amarezza qualche
allievo “noi non sappiamo neppure se riceveremo la nomina a sottotenente o no.
(…) Signor tenente: noi a volte ci chiediamo se il nostro studiare non sia
semplicemente inutile.”
Manno risponde loro:
“No. Non fosse perché, rifiutando di studiare, favorireste per
quanto vi riguarda questo tremendo caos in cui stiamo sempre più sprofondando.
Ci sono dei momenti, a volte periodi di pochi mesi, in cui si gioca il futuro
di un popolo per molto tempo. E noi ci troviamo in uno di tali momenti, come
non ve ne rendete conto?”
L’opera e la vita stessa di Corti sono state testimonianza costante, per
noi e per il Paese, di questo: che la vita umana ha una dignità inesorabile,
che poggia sul legame con un destino buono per il quale vale la pena spendere
la vita, costruendo. Di ciò noi gli siamo debitori.
Con gratitudine.
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