Una pagina rimossa della nostra storia.
Centinaia di cattolici, sacerdoti
e laici, uccisi dai partigiani comunisti nell’immediato dopoguerra. In odio
alla fede e alla Chiesa. I testimoni tacciono. I libri di testo nascondono la
verità. Viltà, paura o complicità?
Una delle mitologie più solide, in Italia, nell’ultimo cinquantennio è
certamente quella che riguarda la Resistenza: della quale è intoccabile la sacralità
e incrollabile il giudizio totalmente positivo, Il che spiega come, mentre
molto si sa dei crimini commessi dai nazisti (e che nessuno vuole naturalmente
sminuire), ci siano pochi studi approfonditi sui crimini commessi dai
partigiani in alta Italia, e soprattutto in Emilia Romagna, nel cosiddetto
Triangolo della Morte. Eppure anche un Giorgio Bocca, certo insospettabile di
voler “gonfiare” le cifre, calcola in 12-15.000 il numero dei “giustiziati” dai
partigiani.
Diciamo subito che il termine “giustiziati” usato da Bocca non appare
esatto, perché fra gli uccisi ci sono certamente molti fascisti, ma ancor di
più ci sono persone eliminate per ragioni che con la politica avevano poco o
nulla a che tare; si pensi, per stare alla realtà, ai sette fratelli Govoni – uno solo dei quali era qualificabile come
fascista, e di cui l’ultima, lda, ventenne, era madre di una bimba di pochi
mesi – trucidati ad Argelato l’11 maggio 1945, i cui corpi verranno trovati
solo nel ’51; oppure, per passare alla poesia, che spesso interpreta i fatti in
modo più efficace della pura cronaca, al bellissimo racconto di Guareschi
intitolato Due mani benedette..
Ma quello che qui ci interessa è sottolineare il fatto che fra questi morti
ammazzati elevatissimo è il numero di cattolici, uccisi proprio in quanto cattolici, ossia perché incarnavano – agli
occhi sia dei nazisti sia dei partigiani comunisti -quella tragica figura del
“nemico oggettivo” di cui le rivoluzioni hanno assoluto bisogno per
sopravvivere.
Ebbene, di queste vittime restano dei nomi, delle date, e poco più. Eppure sono tanti:
solo in Emilia Romagna sono 92 i sacerdoti e seminaristi caduti per mano dei
partigiani e su L’Osservatore Romano del 1° novembre 1995
Luciano Bergonzoni ne elenca i nomi, insieme a quelli di tanti altri, vittime
della ferocia nazista.
Sempre nel ’95, il card. Biffi ha promosso una serie di celebrazioni
commemorative, nelle parrocchie della diocesi di Bologna, dei sacerdoti
uccisi prima dopo la Liberazione, affermando che “questa impressionante serie
di crimini dice che c’era a quel tempo il piano di impadronirsi politicamente
della nostra società attraverso l’intimidazione della gente”; e proseguiva
ribadendo il dovere del ricordo e della riconoscenza nei confronti di chi ha
sacrificato la vita per ottenerci “il dono di un lungo periodo di prosperità e
di pace”, sapendo “opporsi con fermezza ed efficacia al trionfo di ideologie
che sembravano socialmente avanzate ed erano soltanto cieche e disumane”, e
preservandoci così “dalle tristi prove toccate a molte nazioni dell’Est
europeo”.
Ricordiamone alcuni: il sacrificio di don Alfonso Reggiani, ucciso ad Amola il 5
dicembre 1945, e di don Enrico Donati,
di Lorenzatico, ucciso il 13 mezza e ricordato espressamente dal card. Biffi,
per arrivare al caso forse più famoso di tutti, quello di don Umberto Pessina, trucidato a San Martino di Correggio il 18
giugno 1946 (quindi sempre ben dopo il fatidico 25 aprile!): un delitto che
invano i comunisti hanno cercato di far passare per un incidente.
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Rolando Rivi |
Tanti sacerdoti, dunque, ma anche tanti seminaristi e tanti laici, come il
quindicenne Rolando Rivi, ucciso a
Reggio Emilia il 10 aprile 1945, in quanto “futuro ragno nero”, o il famoso Giuseppe Fanin, apostolo dell’idea
cristiana fra i braccianti e i contadini, ucciso a ventiquattro anni il 4 novembre
1948 vicino a Bologna, perché dava fastidio il suo impegno per tradurre in
pratica la dottrina sociale della Chiesa.
Un ultimo punto vorremmo ricordare: gli assassini di tanti innocenti – colpevoli solo
di essere cattolici – sono stati spesso individuati, ma le condanne sono state
pochissime, perché quasi sempre essi hanno trovato, con la copertura e la
connivenza del partito comunista, rifugio e ospitalità oltre la cortina di
ferro. E questo va tenuto presente
soprattutto oggi, quando quasi nessuno vuoi più ricordare il suo passato
comunista, e addirittura vuol farsi passare per liberale, ma allo stesso tempo
rifiuta un serio esame di coscienza. Ci piacerebbe insomma che anche altri, e
non solo i cattolici, scoprissero la grandezza e la dignità del chiedere
perdono.
Tutto questo discorso è fatto qui – sia chiaro – non per riaprire ferite o
per vano spirito di polemica, ma
allo scopo di mantenere viva la memoria dei fatti e far risplendere la verità,
che rischia altrimenti di restare sepolta sotto gli slogan e il conformismo
ideologizzato; e con la speranza che la Storia – quella vera, e non quella
manipolata dagli storici o dai manuali scolastici – insegni a evitare gli
orrori del passato.
Ricordiamo i nomi dei sacerdoti dell’Emilia Romagna sacrificati in odio
alla religione o per “liberare” il nostro paese.
Bertinoro: Vincenzo Bruscoli, Giovanni Godoli.
Bologna: Luigi Balestrazzi, Medardo Barbieri, Corrado Bartolini
(parroco di S. Maria in Duno, prelevato dai partigiani il 1° 1945 e fatto
sparire), Raffaele Bartolini (canonico della Pieve di Cento, ucciso dai
partigiani la sera del 20 giugno 1945), Dogali Raffaele Busi, Ferdinando
Casagrande, Enrico Donati (arciprete di Lorenzatico, ucciso il 13 maggio 1945
da elementi qualificatisi per partigiani, chiuso in un sacco e gettato in
acqua), Achille Filippi (parroco di Moiola, ucciso dai comunisti il 25 luglio
1945 perché accusato di filofascismo), Mauro Fornasari, Giovanni Fornasini
(ucciso da un capitano tedesco il 13 ottobre 1944), Domenico Gianni, Arturo
Giovannini, Ilario Lazzeroni, Giuseppe Lodi (ucciso dai tedeschi il 29
settembre 1944), Ubaldo Marchioni (ucciso dalle SS il 29 settembre 1944),
Ildebrando Mezzetti, Aggeo Montanari, Giuseppe Rasori, Alfonso Reggiani, Eligio
Scanabissi, Giuseppe Tarozzi, Elia Comini, Martino Capelli, Mario Ruggeri,
Tarcisio Collina.
Carpi: Alberto Fedozzi, Amadio Po, Francesco Venturelli.
Cesena: Lazzaro Urbini.
Faenza: Angelo Cicognani, Antonio Lanzoni, Antonio Scarante.
Ferrara: Mario Boschetti, Pietro Rizzo.
Fidenza: Domenico Cavanna, Aldo Panni.
Forlì: Livio Casadio.
Guastalla: Gerrino Cavazzoli, Giacomo Davoli.
Imola: Pietro Cardelli, Teobaldo Daporto (arciprete di Castel
Ferrarese, ucciso da un comunista nel settembre 1945), Giovanni Ferruzzi
(arciprete di Campanile, ucciso dai partigiani il 3 aprile 1945), Giuseppe
Galassi, Tiso Galletti (parroco di Spazzate Passatelli, ucciso il 9 maggio 1945
perché aveva criticato il comunismo), Settimio Pattuelli, Luigi Pelliconi,
Aristide Penazzi, Evaristo Venturini.
Modena: Aldo Boni, Aristide Derni, Giuseppe Donini, Palmiro
Ferrucci, Giovanni Guicciardi, Luigi Lendini (parroco di Crocette trucidato
dopo inenarrabili torture il 20 luglio 1945), Elio Monari, Natale Monticelli,
Giuseppe Muratori, Giuseppe Preci, Ernesto Talè.
Parma: Amedeo Frattini, Pietro Picinotti, Italo Subacchi,
Giuseppe Voli.
Piacenza: Giuseppe Beotti, Giuseppe Borea, Alberto
Carrozza, Francesco Delnevo, Francesco Mazzocchi, Alessandro Sozzi.
Ravenna: Primo Mantovani, Luciano Missiroli, Santo Perin, Mario
Domenico Turci.
Reggia Emilia: Sperindio Bolognesi (parroco di
Nismozza, ucciso dai partigiani comunisti il 25 ottobre 1944), Pasquino Borghi,
Aldemiro Corsi (parroco di Grassano, assassinato nella sua canonica, con la
domestica Zeffirina Corbelli, da partigiani comunisti la notte del 21 settembre
1944), Giuseppe Donadelli, Luigi Ilariucci, Giuseppe Jemmi, Sveno Maioli, Luigi
Manfredi (parroco di Budrio, ucciso il 14 dicembre 1944 perché aveva deplorato
gli “eccessi partigiani”), Dante Mattioli, Umberto Pessina, Battista Pigozzi,
Rolando Rivi, Carlo Terenziani.
Rimini: Giuseppe Balducci, Federico Buda, Pietro Carabini,
Giuliani, Pietro Maccagli.
Sarsina: Ettore Barocci, Dino Foschi, Pietro Tonelli.
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tratto da: Il Timone, n. 11 Gennaio/Febbraio 2001. – Paolo DE MARCHI