Quando i temi sono "divisivi"
«… Io mi domando se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione... Il legame matrimoniale e familiare è una cosa seria, lo è per tutti, non solo per i credenti. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta.»
«Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta»: sembra che questo Papa voglia dare una sveglia ai tanti suoi interpreti che – in nome di un «pensiero “incompiuto”» – ritengono obsoleti certi argomenti. E così si evacua la «teoria del gender», si annullano certi giudizi cosiddetti «divisivi», si afferma che «la comunicazione, se reale, è ambigua. Se invece è fatta di comunicati stampa, di formule o di lezioni, la parola è chiara, però non comunica.»
Ecco autorevolmente dichiarato che il tema del gender non è secondario rispetto all’impegno per un mondo più umano, libero, giusto e solidale.
Così si apre un autentico spazio per gli «intellettuali»: i giornalisti e coloro che lavorano nel mondo della comunicazione, gli insegnanti, chi ha compiti specifici nell’ambito della formazione degli educatori, ma anche i sacerdoti, con tutto il carico di responsabilità anche culturale (non dimentichiamo che se la fede non diventa cultura non è né pensata, né vissuta né accolta).
Mi auguro che, dopo tanto tempo perso dietro ad accuse di esagerazione, di ideologia, di incapacità a mettersi alla sequela di questo Papa, ancorati a una immagine del passato, ora ci si lasci interrogare, chiedendoci il perché di tanta insistenza su questi temi antropologici così vicini ai «principi non negoziabili».
Forse è venuto il momento di lavorare sulle parole del Papa, superando la mitologia schematica che divide tra i buoni (cioè coloro che finalmente avrebbero messo da parte tutta la tradizione della chiesa, in particolare il magistero splendido di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, con tutta la forza del Catechismo della Chiesa Cattolica) e i cattivi, coloro cioè che non sanno cogliere la "rivoluzione di Papa Francesco”.
Chissà se gli insegnamenti costanti e nascosti dallo Scalfari-pensiero e dal mainstream clericale dominante potranno ridare ai cattolici e agli uomini di buona volontà, quei «laici non laicisti» tanto cari ai pontefici del recente passato, il coraggio di dire la verità senza preclusioni né ostracismi.
La questione di «una società più libera e più giusta» non è argomento di poco conto, soprattutto vedendo i tristi e violenti tempi che ci aspettano.
DON GABRIELE MANGIAROTTI
E adesso come la mettiamo, dopo queste parole di Papa Francesco? E chi ci ha detto che di queste cose non bisognava parlare perché sarebbero «temi divisivi» ora che cosa ci racconterà per giustificare il proprio silenzio e l’inerzia di fronte a questa problematica così attuale?
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