Marina Corradi Avvenire
17 aprile 2015
A volte, sui giornali succedono cose singolari. Ci sono notizie che si
gonfiano e dilagano, benché non così significative, e altre che spariscono, si
inabissano, così che chi legge può non accorgersi che qualcosa sia accaduto.
Ieri è successo qualcosa di simile. Il Papa, si sa, è molto amato, e
normalmente i quotidiani riportano con grande risalto le sue parole e le sue battute.
Però, non sempre. L’altra mattina Francesco, in Udienza, era partito dalla
Genesi, da quel passo che recita: «Maschio e femmina Dio li creò». E dopo avere
sottolineato come uomo e donna, insieme, siano immagine di Dio, e come questo
dualismo non sia per la contrapposizione o la subordinazione, ma per la
comunione e la generazione, aveva detto: «Io mi domando se la cosiddetta teoria
del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una
rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più
confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione
della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione».
Detto dal Papa, una cosa non da poco. La teoria del gender, lo sappiamo, afferma che oltre all’identità sessuale biologica esiste una identità influenzata da cultura e ambiente. Il corpo di uomo o donna con cui nasciamo è dunque un fattore secondario; ognuno deve scegliere cosa si sente, cosa vuol essere, come vuole amare. In nome del gender negli asili del nord Europa si vuole che i bambini "scelgano" se essere maschi o femmine. E anche da noi, comincia a sembrare poco "corretto" vestire di rosa una bambina, o regalare solo palloni e automobiline a un maschio.
Ma il Papa si è domandato se questa idea del gender non sia espressione di un’incapacità a stare davanti a ciò che siamo, a come siamo stati creati. E ieri, queste sue particolari parole erano quasi sparite dai giornali.
Sui due
più diffusi quotidiani nazionali la notizia era, in uno, relegata a nove righe
a pagina 24, e sull’altro proprio non c’era. Distrazione? No, perché mercoledì,
a poche ore dall’Udienza, i siti di quegli stessi quotidiani riportavano con
rilievo la frase sul gender. Che, però, quasi in tutti, nell’edizione cartacea
si è dissolta, o è finita in taglio basso. Solo Il Fatto, giornale sveglio e a
suo modo fuori dal coro, le ha dedicato in commento in cui, dapprima, si dà
ragione al Papa, e poi però si mette in guardia dalla strumentalizzazione (!)
che delle sue parole potrebbero fare certi cattolici, che vorrebbero
risospingere le donne a casa e dietro ai fornelli. (Certo, i cattolici ciascuno
se li immagina come vuole).
Per il resto quella frase, il giorno dopo, in pagina non c’era. Forse perché non abbastanza cliccata sul web, e quindi giudicata non "appetitosa"? Non molto credibile, ma possibile, anche se questo vorrebbe dire che certi media ci raccontano solo ciò che vogliamo sentire. Oppure, quella riflessione di Francesco si è come avventurata su un terreno minato.
Certo, forse molti non sanno cosa sia il gender e non se ne interessano; e però quella che è stata definita "l’ultima ideologia" è, nella quotidianità, una spinta forse non da tutti riconoscibile, ma forte. Forte, a livello di istituzioni e agenzie internazionali, è la tensione a affermare che uomo o donna non si nasce, ma si diventa, ammaestrati da educazione e ambiente; e chiara è l’ambizione di "liberarci" dal dato biologico, da quel «maschio e femmina Dio li creò». Sta di fatto che, questa volta, la parola di un Papa molto divulgato è scomparsa: quasi come i critici tacciono, di una "stecca" di un tenore universalmente apprezzato.
Quel «maschio e femmina...» della Genesi, va contro la corrente. Imbarazza. Anche se il Papa ne trae spunto per una riflessione su questa nostra originaria differenza, e sulla sua bellezza e ricchezza, e fecondità, e torna sul "genio della donna" di cui parlò Giovanni Paolo II. Germi di un dialogo che ci riguarda tutti, e ci interroga su ciò che siamo. Ma, niente; anche solo suggerire che la teoria del gender sia rassegnazione, o passo indietro, non piace. Nove righe a pagina 24, o nessuna. Forse, davvero, il "gender" è l’ultima ideologia. Che non ammette dubbi o note stonate – cieca, nella sua immaginaria verità.
Per il resto quella frase, il giorno dopo, in pagina non c’era. Forse perché non abbastanza cliccata sul web, e quindi giudicata non "appetitosa"? Non molto credibile, ma possibile, anche se questo vorrebbe dire che certi media ci raccontano solo ciò che vogliamo sentire. Oppure, quella riflessione di Francesco si è come avventurata su un terreno minato.
Certo, forse molti non sanno cosa sia il gender e non se ne interessano; e però quella che è stata definita "l’ultima ideologia" è, nella quotidianità, una spinta forse non da tutti riconoscibile, ma forte. Forte, a livello di istituzioni e agenzie internazionali, è la tensione a affermare che uomo o donna non si nasce, ma si diventa, ammaestrati da educazione e ambiente; e chiara è l’ambizione di "liberarci" dal dato biologico, da quel «maschio e femmina Dio li creò». Sta di fatto che, questa volta, la parola di un Papa molto divulgato è scomparsa: quasi come i critici tacciono, di una "stecca" di un tenore universalmente apprezzato.
Quel «maschio e femmina...» della Genesi, va contro la corrente. Imbarazza. Anche se il Papa ne trae spunto per una riflessione su questa nostra originaria differenza, e sulla sua bellezza e ricchezza, e fecondità, e torna sul "genio della donna" di cui parlò Giovanni Paolo II. Germi di un dialogo che ci riguarda tutti, e ci interroga su ciò che siamo. Ma, niente; anche solo suggerire che la teoria del gender sia rassegnazione, o passo indietro, non piace. Nove righe a pagina 24, o nessuna. Forse, davvero, il "gender" è l’ultima ideologia. Che non ammette dubbi o note stonate – cieca, nella sua immaginaria verità.
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