PARLA MONS. LUIGI NEGRI
Il problema è che ormai “i
criteri fondamentali di giudizio della realtà sono presi dalla mentalità
mondana e ci si rassegna a occupare solo gli spazi che questa società consente,
ovvero spazi di spiritualità individuale e di iniziative caritative
depotenziate, come ci ricorda Benedetto XVI all’inizio della Caritas in
Veritate, quando scrive che “senza verità, la carità scivola nel
sentimentalismo”.
“Mi rendo conto che quello che sto per
dire non è in linea con l’ottimismo imperante, ma la società italiana è
contraria alla chiesa”.
Mons. Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, è
preoccupato. Guarda fuori l’arcivescovado, riflette e “senza scadere nei
purtroppo consueti toni da bar”, fa la diagnosi dello stato di salute della
chiesa nella nostra società.
Michelangelo, Il giudizio universale |
“Noto una certa coesione, dentro il mondo
ecclesiastico e dei movimenti, sul fatto che non bisogna mettere in crisi
l’unità della società. Ma questi non comprendono che l’unità di questa società
è l’unità contro la chiesa, e non mettersi contro un’unità che è contro la
chiesa, vuol dire di fatto favorire l’attacco alla chiesa”. E questa, dice “è
la prima esperienza intellettuale e morale che si prova quando si accosta il
variegato mondo della cristianità italiana”.
La situazione, spiega, “è
paradossale”: “L’attacco è frontale, e investe le radici stesse non tanto – o
soltanto – della fede, ma della società”. Gli esempi sono quelli di cui tanto
si discute: “Penso alla questione del gender, della sacralità della vita. Di
fronte a questi attacchi è come se il mondo cattolico non dico che guardi da
un’altra parte ma peggio: rischia di non accorgersi affatto della pervasività
di questo attacco, non vedendo cose che normalmente si vedono a occhio nudo”.
C’è anche la responsabilità della chiesa o, almeno, di qualche suo settore,
facciamo notare.
Certo, il fatto che molta chiesa italiana sul gender
non abbia detto niente, o quasi, costituisce uno scandalo per i credenti”. Il
Papa, però, le parole sul gender le ha dette. Ci sono intere catechesi del
mercoledì sul tema. “Mi domando se la cosiddetta teoria del gender non sia
espressione di una frustrazione che mira a cancellare la differenza sessuale
perché non sa più confrontarsi con essa”, diceva lo scorso aprile, ad esempio.
“E’ vero”, dice l’arcivescovo di Ferrara: “Il Santo Padre è ripetutamente
intervenuto sulla questione del gender, ed è stato non soltanto inequivocabile
ma ha spinto a una azione sociale. Ora – dice Negri – dobbiamo riconoscere che
gli inviti del Santo Padre non dico che siano stati disattesi ma certamente non
sono stati un punto di promozione, tranne che per un gruppo di ecclesiastici
italiani che parlando alle loro diocesi, e io mi metto fra questi, hanno reso
possibile la partecipazione di tanto mondo cattolico a una manifestazione (il
20 giugno) che, anche dal punto di vista sociale, ha avuto il rilievo che conosciamo.
Si tratta di chiarire dunque dove sta la ragione di questa grande debolezza”.
Domanda che si è posto anche il cardinale Rylko, a giudizio del quale “la
manifestazione di Roma non è stata una manifestazione contro qualcuno, ma ha
voluto essere un umile servizio alla grande causa dell’uomo, oggi minacciata da
più parti”.
Dove stia, la ragione della debolezza, Negri lo dice subito dopo:
“Come dice san Giacomo, la religione pura consiste nel soccorrere i bisognosi
ma soprattutto nel non uniformarsi alla mentalità di questo mondo”. Il
problema è che “oggi ci troviamo di fronte una cristianità che ragiona secondo
il mondo e che non ha la forza di opporre al mondo un’alternativa sul piano
della verità della vita. In tal senso ci troviamo di fronte a una crisi
culturale della cristianità italiana”.
Il problema è che
ormai “i criteri fondamentali di giudizio della realtà sono presi dalla
mentalità mondana e ci si rassegna a occupare solo gli spazi che questa società
consente, ovvero spazi di spiritualità individuale e di iniziative caritative
depotenziate, come ci ricorda Benedetto XVI all’inizio della Caritas in
Veritate, quando scrive che “senza verità, la carità scivola nel
sentimentalismo”.
Un quadro allarmante, una diagnosi che necessiterebbe di una terapia
forte: “Credo davvero che occorra, a tutti i livelli e ciascuno nel suo campo,
riproporre il cristianesimo nella sua oggettiva radicalità, per renderlo
attuale ovvero un’esperienza pienamente corrispondente alle esigenze dell’uomo
d’oggi”. Si potrebbe obiettare a mons. Negri che – considerato il livello di
secolarizzazione che ormai ha permeato anche la società italiana – la terapia
delineata appare di non così facile applicazione. Soprattutto, non si vede chi
potrebbe metterla in pratica: “Devo dire che a questo livello la delusione più
cocente – non solo mia ma di molti ecclesiastici veramente preoccupati per la
presenza significativa del cristianesimo nella nostra società – è la
sostanziale vanificazione del mondo associativo e laicale: è come se non ci
fossero più i movimenti e le associazioni a sostenere il necessario e continuo
confronto col mondo. La speciosa giustificazione è che non è più il tempo delle
proposte forti che, quando ci sono, vengono additate come crociate. Senza
considerare poi il fatto che un minimo di sensibilità storica dovrebbe far
vergognare del modo con cui tanto mondo cattolico parla di crociate, fenomeno
che non si conosce assolutamente e che viene criminalizzato sulla base di un laicismo insopportabile”.
A ogni modo, dal
torpore qualcuno s’è svegliato, andando oltre il caos calmo in cui versa la
disorientata Cei di questo ultimo biennio: “Penso in particolare a quando
alcuni vescovi hanno parlato con chiarezza, ad esempio nel caso della
manifestazione del 20 giugno scorso, e la maggior parte del popolo cattolico ha
risposto, totalmente incurante dei dissidi interni alla Conferenza episcopale
italiana. Questo ci dice che forse l’aspetto determinante, e l’ho anche scritto
più volte, è che l’episcopato di base ha ripreso la sua funzione di guida”.
Sull’associazionismo, l’arcivescovo di Ferrara è drastico: “La sua crisi è
gravissima, e per questo la possibilità d’incidenza della chiesa in Italia è
compromessa da una sostanziale inerzia di tante realtà cattoliche che fino ad ora
erano risultate decisive”.
La conversazione si sposta poi sul dramma dei cristiani perseguitati in
vicino e medio oriente. “La terribile esperienza di violenze rende chiaro che
l’Isis ha dichiarato esplicitamente guerra al mondo e non conosce regole,
quelle regole che sono nate dalla grande civiltà del diritto, soprattutto
occidentale. Lì, infatti, si ammazzano donne, bambini, anziani, si stupra, si
violenta, si distruggono i grandi monumenti della cultura e dell’arte
mondiale”.
E per fermare lo sterminio, bisogna agire.
Non ha dubbi, mons.
Negri: “La nostra cristianità, a certi livelli di responsabilità culturale e
istituzionale, non si è ancora resa conto che forse è il momento di riprendere,
con gli opportuni aggiornamenti e con le necessarie articolazioni, quell’idea
fondamentale di san Tommaso d’Aquino – fatta propria dalla tradizione della
dottrina sociale della chiesa – per cui è tollerabile che esista una forte
azione di legittima difesa e di protezione, anche armata se necessario”.
Agire
così, però, presuppone una profonda riflessione, “perché per ipotizzare l’idea
di una esperienza come questa, comunque eccezionale, bisognerebbe avere dei
valori per cui si vive, per cui si lotta e per cui si è disposti a morire.
Questo occidente ha tali valori?”, si domanda il presule, prima di toccare la
questione che più d’ogni altra sta coinvolgendo l’Europa, con le migliaia di
profughi che bussano alle porte dell’Unione: “E’ un fenomeno di migrazione
epocale, certamente già accaduto ma in modo meno marcato in altri momenti della
storia dell’occidente, che non si può affrontare senza una cultura adeguata.
Non si può ridurre il problema a un banale ‘tutti dentro o tutti fuori’,
insopportabile semplificazione di un razzismo incondivisibile, ma neanche a un
buonismo che, alla lunga, non è certamente una soluzione. Occorre che
l’occidente si renda conto di quello che è in gioco in tutti i suoi aspetti fino
alle possibili conseguenze”.
Ma la cultura che domina oggi l’occidente, qual è?
“E’ ciò che rimane dell’orrenda crisi delle ideologie moderne contemporanee con
la loro presunzione ateistica? E’ una cultura di tipo individualistico,
consumistico, che vede la tecnoscienza come la soluzione di tutti i problemi?
Questa – dice Negri – non è affatto cultura. E non si può stare di fronte
a una massiccia migrazione, come quella che sta avvenendo, se non si hanno
ragioni adeguate per vivere e per affrontare correttamente la realtà”.
Questo
occidente, invece, “è disposto a vendere tutto, anima compresa; anche perché
nella maggior parte dei casi l’occidente non sa neanche più di avere un’anima.
Il che significa, a mio parere di pastore, che oggi la grande responsabilità
ecclesiale è quella di una nuova radicale evangelizzazione, ovvero di un
cammino educativo che riformi il popolo cristiano e che lo metta in grado di
assumersi tutte le conseguenti responsabilità culturali, sociali, politiche e
caritative”.
Matteo Matzuzzi da il foglio
Matteo Matzuzzi da il foglio
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