BLAISE CUPICH
Arcivescovo di Chicago
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Card. George a sin e Vescovo Cupich |
Non so se lo fanno ancora oggi, ma quand'ero bambino uno dei giochini che
preferivo delle riviste di enigmistica era "trova le differenze". Mi
è venuto in mente mentre leggevo le dichiarazioni di monsignor Blaise J.
Cupich, arcivescovo dell'importantissima diocesi di Chicago, durante la
conferenza stampa di venerdì a margine del Sinodo sulla famiglia che in
occasione della sua apertura ha visto pregare così tante persone per il suo
buon esito.
Riguardo la contraccezione, negli anni '60 molti teologi ed intere conferenze episcopali
impiegarono l'argomento della coscienza
soggettiva per sterilizzare (è un termine qui singolarmente appropriato) la
dottrina bimillenaria della Chiesa ribadita da Papa Paolo VI con l'enciclica Humanae
vitae. La conferenza episcopale belga istruiva il fedele a «seguire la
sua convinzione» se «giunge ad altre conclusioni». I vescovi tedeschi
ammonivano il proprio clero «soprattutto nell’amministrazione dei sacramenti, a
rispettare le decisioni personali della coscienza dei fedeli». L'episcopato
austriaco scriveva che chi «giunge a questa convinzione divergente può
seguirla». Nel paragrafo 26 della dichiarazione di Winnipeg i presuli canadesi
fecero altrettanto: «Chiunque scelga il corso che gli sembra giusto, lo fa in
buona coscienza».
I reporters che seguono i lavori del Sinodo hanno potuto ascoltare la
riproposizione di questa tesi: «Se le
persone giungono ad una decisione in coscienza allora il nostro compito è
quello di aiutarli ad andare avanti e rispettarla. La coscienza è inviolabile e
dobbiamo rispettarla quando prendono le decisioni, e io l'ho sempre fatto».
Con queste parole monsignor Cupich ha dato sostegno alla proposta di dare la Comunione ai divorziati risposati. Da
vescovo della diocesi di Spokane di sicuro egli fu consigliato dalla propria
coscienza nel proibire ai sacerdoti di partecipare alle semestrali veglie di
preghiera "40 giorni per la vita", una delle più importanti
iniziative antiabortiste che dal 2004 mobilita il mondo pro-life americano ed è
giunta a coinvolgere ben 25 nazioni nell'ultima edizione.
Per il presule americano lo stesso criterio vale anche per le persone che compongono le relazioni gay: «Penso che anche le persone omosessuali
siano esseri umani e hanno una coscienza. E il mio ruolo di pastore è quello di
aiutarli a discernere qual è la volontà di Dio guardando l'insegnamento morale
oggettivo della Chiesa, ma anche, allo stesso tempo, aiutandoli attraverso un
periodo di discernimento per capire quello a cui Dio li sta chiamando in questo
momento», ha aggiunto il vescovo di Chicago.
Il riverbero del "ma anche" di veltroniana memoria e la particella avversativa posta
dopo la presentazione del Magistero oggettivo della Chiesa lascia stupefatti adombrando che la coscienza possa suggerire
qualcosa di difforme dalla morale oggettiva che qui significa astenersi dai
rapporti sodomitici. Gli atti omosessuali non sono più un male intrinseco, ma
in determinate circostanze sono il male minore da consigliare di eligere
contravvenendo alla prima norma della morale che il male è da evitare? Oppure
per Cupich non esistono mali intrinseci oltre l'opposizione atematica a Dio per
cui queste azioni possono costituire in determinate circostanze addirittura
l'azione buona? Qui non è questione di pastorale, ma verità sull'uomo.
Di verità parlava San
Giovanni Paolo II nell'insegnamento
della Veritatis splendor rivolto esplicitamente ai vescovi,
quando respingeva la visione della
coscienza come istanza capace di creare la verità morale e di assolvere da ogni
azione utilizzando non casualmente le parole durissime dei predecessori
Gregorio XVI e Pio IX: "deliramenta", deliri.
Devo dunque confessare di non riuscire a conciliare l'argomentazione di mons. Cupich
con quel poco che ho capito della morale cattolica. Mi parrebbe infatti che
seguirla condurrebbe necessariamente a dovere giustificare qualsiasi
comportamento.
L'attuale Papa emerito, da prefetto della Congregazione per la dottrina per la fede scrisse sulle
pagine del settimanale ciellino Il Sabato un magistrale
intervento che provvidenzialmente l'editore Cantagalli ha poi incluso nel libro
"Elogio della coscienza".
In quel testo il cardinale Ratzinger introduceva il lettore alla corretta
comprensione del ruolo della coscienza prendendo le mosse da una disputa
accademica a cui aveva assistito. Secondo una delle due parti, i nazisti, nel
compiere le loro azioni profondamente convinti nella loro coscienza di agire
bene, si comportarono moralmente bene e non si sarebbe dovuto avere alcun
dubbio sulla loro salvezza. Questo il commento del futuro Benedetto XVI:
«Dopo una tale conversazione fui assolutamente sicuro che c’era qualcosa che non quadrava in
questa teoria sul potere giustificativo della coscienza soggettiva, in altre
parole: fui sicuro che doveva esser falsa una concezione di coscienza, che portava
a simili conclusioni. Una ferma convinzione soggettiva e la conseguente
mancanza di dubbi e scrupoli non giustificano affatto l’uomo».
Rispettando il ragionamento (teologico?) di Cupich non vedo come egli potrebbe
violare la "coscienza inviolabile" di un pedofilo, qualora questi
riferisse anche a sé ciò che il cardinale Kasper, da Cupich tanto ammirato da
diffonderne il pensiero nella propria diocesi, ha detto della condizione
omosessuale: "Gay si nasce". Perché non potrebbe egli dire: "Pedofilo
si nasce"? Perché non potrebbe
invocare il diritto a seguire la propria natura, così come rivendicato da mons.
Charamsa? Sarebbe interessante apprendere se Cupich incoraggerebbe a
seguire la propria coscienza anche ad un ipotetico sacerdote della sua diocesi
che gli confidasse l'attrazione per i minori, o se in questo caso la sua regola
non potrebbe essere applicata. E mi interrogo anche se Cupich nello svolgere la
propria azione pastorale, dopo avere esperito la doverosa presentazione della
dottrina cristiana riguardo al quinto comandamento, non sarebbe costretto a
rispettare la "coscienza inviolabile" di un tagliagole islamico
convinto che ammazzare gli infedeli sia preciso dovere di ogni buon musulmano
e, come dice di avere sempre fatto, "aiutarlo ad andare
avanti".
Fu il predecessore di monsignor Cupich, il cardinale George, a predire che egli sarebbe morto in un
letto, come poi difatti è avvenuto, mentre il suo successore sarebbe morto in
prigione e chi sarebbe venuto dopo sarebbe stato martirizzato. Con queste
dichiarazioni, così consonanti con il sentire del mondo, prevedo che monsignor
Cupich possa pensare ai suoi ultimi giorni dormendo sonni tranquilli. A dirla
tutta, ho qualche preoccupazione in più per noi che scriviamo sulla Bussola.
di Renzo Puccetti lanuovabussola
19-10-2015
PER ULTERIORI INFORMAZIONI SUL VESCOVO CUPICH LEGGI ANCHE
http://www.conciliovaticanosecondo.it/in-rete/diario-vaticano-i-retroscena-della-nomina-di-chicago/