di Alfredo Mantovano14-10-2015
lanuovabussola
Ddl Cirinnà, riassunto della giornata di
ieri. Il presidente del
Consiglio e leader del Pd vuol mandarlo nell’aula del Senato il prima
possibile, il ministro dell’Interno e leader di Ap subordina l’iscrizione
immediata all’ordine del giorno alla esclusione dal testo della stepchild
adoption, cioè della possibilità per il convivente dello stesso sesso
di diventare genitore adottivo del figlio biologico del partner. Un accordo -
al momento improbabile - fondato sull’accoglimento da parte di Renzi della
condizione posta da Alfano consegnerebbe
all’Italia il matrimonio gay e le adozioni gay: o direttamente, per decisione
del Parlamento, o qualche giorno dopo, per intervento del giudice. Proviamo
a capire perché.
Il premier non vuole intestare al governo le cosiddette unioni civili;
desidera ridurre il più possibile la sua esposizione sul punto, ben consapevole che la maggioranza degli
italiani, pur sensibile al riconoscimento dei diritti individuali dei
conviventi dello stesso sesso (riconoscimento già ampiamente avvenuto nel
nostro ordinamento), non accetta la
totale parificazione al matrimonio e l’adozione di un bambino da parte di due
omosessuali. In più, ha visto quanto è numeroso e deciso il popolo delle
famiglie, pur non rappresentato in Parlamento e pur senza voce nella gran parte
dei media: è ancora forte l’eco del milione di persone il 20 giugno in piazza
S. Giovanni.
Deve concedere qualcosa alla sinistra del suo partito, in un momento in cui
la riforma costituzionale, lo scontro col sindacato e gli esiti della riforma della scuola hanno fatto
crescere scontento e protesta in quell’area. Per questo ha necessità di andare subito in aula: lì potrà fare a meno
dei voti dell’alleato centrista, sostituendoli con quelli di Sel e di M5S,
che sul punto hanno assicurato sostegno, con l’aggiunta di frange di Fi e di
neonate formazioni centriste. Se Renzi evoca a libertà di coscienza è perché fa
uscire il tema delle unioni civili dall’area della maggioranza. L’importante è
che il ddl sia approvato: conta poco con quali voti.
Per Alfano le unioni civili sono un fastidio. Il suo partito ha il maggior
numero di parlamentari sinceramente ostili al matrimonio gay e all’adozione gay: per storia
personale, per intime convinzioni, per impegno dimostrato in circostanze
difficili. Per questo il ministro dell’Interno non può far finta di nulla, ma
più volte ha ripetuto che - comunque vada a finire - il tema non incide sulla
stabilità della maggioranza che sostiene il governo: che è come dire a chi vuol approvare il ddl Cirinnà: «fai pure, io
voterò contro ma non porrò ostacoli». Se
ritenesse la questione di decisiva importanza - ma l’identico discorso andava
fatto per droga e divorzio - rappresenterebbe l’impossibilità di mantenere in
piedi una coalizione che quanto a misure contro la famiglia in un anno e mezzo
ha realizzato quello che in anni passati governi e maggioranze di sinistra
speravano di fare - senza poi esserci riusciti - nell’arco di più legislature.
L’opposizione di Alfano ad andare subito in aula è blanda, di intensità
neanche comparabile con quella dei singoli esponenti Ncd che continuano a tenere il punto,
nonostante tutto. La posizione nel merito dichiara una sconfitta
completa. Immaginiamo per un momento che il Pd accolga la proposta di
stralciare la stepchild adoption. Più volte la Corte costituzionale italiana e
le due Corti europee hanno scritto che - salvi i diritti essenziali - ciascuno
Stato ha piena autonomia nel normare i conviventi e i coniugi in modo distinto
o eguale; se però un ordinamento di
fatto parifica la disciplina delle convivenze a quelle delle coppie sposate,
diventa discriminatorio escludere per le prime ciò che si prevede per le
seconde. Se dal ddl Cirinnà si toglie lastepchild adoption, ma si
mantiene il rito di avvio dell’unione - davanti all’ufficiale dello stato
civile e alla presenza di due testimoni -, si richiamano o per numero o per
riproposizione testuale gli articoli del codice civile che disciplinano il
matrimonio, si prevede la pensione di reversibilità e la partecipazione alla
quota di legittima per la successione e si autorizza ogni Comune a trascrivere
in Italia i matrimoni same sex contratti all’estero: se si fa tutto questo, si introduce con
altro nome il matrimonio gay.
Non sarà necessario attendere la Consulta o le Corti europee: qualsiasi
giudice italiano sarà legittimato a intervenire per sanare la
“discriminazione” e ritenere legittima per i civil-uniti non già la stepchil
adoptionbensì l’adozione tout court.
La posizione del leader di Ap conduce
esattamente a questo risultato. Ma lo stralcio non ci sarà: i promotori del ddl
vogliono il risultato intero e subito, ben consapevoli che la stessa stepchild
adoption domani sarà ritenuta discriminatoria: finora essa, nelle sentenze di tribunali italiani che l’hanno
riconosciuta, ha riguardato l’unione civile costituita da due donne; ma perché
mai non dovrebbe interessare anche due uomini conviventi? E come realizzarla? Legittimando la coppia same sex alla
domanda di adozione di figli estranei alla coppia; ovvero - ma non in
alternativa - permettendo di “commissionare” i figli a una donna destinataria
del seme di uno dei due o di entrambi. L’utero in affitto sarà lo sviluppo
coerente del ddl. In questo momento - tolti gli sforzi di pochi parlamentari -
non vi è una sola forza politica per la quale la famiglia costituisca la
priorità.
Al popolo delle famiglie non resta che ribadirlo al più presto in tutte le
sedi, piazza inclusa.
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