ASSUNTINA MORRESI
3 Maggio 2016
Cosa
voterei alle prossime amministrative, se abitassi a Roma o Milano? E perché?
Credo valga la pena confrontarsi pubblicamente su questo, vista la delicatezza
del momento, specie per noi cattolici. E ragionarci su. La prendo da lontano,
ma non troppo.
Premessa: finchè è esistita, ho votato DC, e per qualche anno ne ho avuto
pure la tessera. La gran parte dei cattolici militanti votava DC. Era il
nostro partito di riferimento, aveva impedito che i comunisti salissero al
potere. E’ anche la mia storia e non la rinnego.
Eppure,
in un’Italia ancora cattolica nel comune sentire, con la DC con la maggioranza
dei voti, con una Chiesa che ancora contava parecchio nel paese, con papi come
Paolo VI e Giovanni Paolo II, alla prima
ondata dei cosiddetti “diritti individuali”, le prime battaglie antropologiche
quando ancora non c’erano le nuove tecnologie, abbiamo perso clamorosamente.
Per
essere ancora più chiara: con un partito cattolico in maggioranza e al governo,
in un paese ancora cattolico nel suo sentire comune, con una chiesa importante,
la DC e i cattolici sono stati sonoramente
sconfitti sulle prime battaglie, divorzio e aborto. 1974 e 1981: l’inizio
della fine, abbiamo perso, e male, tanto male.
2005-2007: vittoria al referendum sulla fecondazione assistita,
affossamento delle unioni civili. Sono passati quasi trent'anni, il
paese è più secolarizzato, la DC non c’è più, eppure chi come me ha vissuto i
due periodi (il referendum del 1981 è stato il mio primo impegno pubblico, sono
nata nel 1963), ha la chiarissima consapevolezza della sconfitta disastrosa di
allora e della vittoria di trent’anni dopo.
Perché?
Sicuramente
abbiamo avuto un grande cardinale a
guidare la chiesa italiana, Camillo Ruini, che ci manca tantissimo.
Purtroppo insostituibile. Un cardinale intelligente che non ha mai inseguito
l’idea di un partito cattolico – lasciava che i cattolici si candidassero in
tutti i partiti, anche se il suo cuore non batteva certo a sinistra. Eppure in
quel periodo, tutti i governi (Berlusconi, Prodi, D’Alema, Amato, Berlusconi
pure alleato con Fini….vi ricordo che l’unico presidente del consiglio
cattolico dal 1994 e per vent'anni è stato Prodi, e ho detto tutto) hanno resistito all’urto della grande
ondata della questione antropologica.
Per più di venti anni, niente unioni
civili, niente testamento biologico (e Ignazio Marino andava forte), di
eutanasia neanche a parlarne, il divorzio era ancora lungo, niente droghe
libere (e i radicali erano in parlamento), di legge sull’omofobia neanche
l’ombra, la Legge 40 che consentiva solo l’omologa e che anche adesso, nonostante gli attacchi delle potenti lobby
affaristiche della fecondazione assistita, ha ceduto solo allo strapotere dei
giudici, e in alcuni punti ancora resiste, incredibilmente – solo
coppie eterosessuali, niente embrioni alla ricerca, divieto alla surroga.
Perché?
Perché
rispetto ad un partito di riferimento, per noi cattolici ha funzionato molto di
più la contrapposizione destra/sinistra.
Ha funzionato il bipolarismo.
Perché il mondo è cambiato, e la sinistra post-muro-di-Berlino
si è identificata ancora di più con i “diritti individuali”. Chiunque militi
nel Pd, anche se personalmente autenticamente cattolico, non può opporsi a
certi provvedimenti né impedirli, perchè sono identificativi della sinistra. Le
unioni civili erano nel programma di Bersani, e Renzi le ha riprese, perché una
sinistra che non abbracci la causa LGBT non è sinistra.
La destra, invece, non si caratterizza con queste tematiche,
che non sono tipiche del suo elettorato, in stragrande maggioranza conservatore
sul piano antropologico: anche nella secolarizzazione dei tempi, i “nuovi
diritti” non sono in agenda, ma eventualmente opzioni di singoli. E quindi i
laici di destra che inseguono i “nuovi diritti” diventano residuali,
irrilevanti politicamente: persino adesso, con Berlusconi al tramonto, il
partito capeggiato dal laico Brunetta ha votato contro la legge sull’omofobia,
così come qualche anno fa è stato il laicissimo Cicchitto a bloccare le unioni
civili attraverso una pregiudiziale di costituzionalità (cioè ha votato per la
non costituzionalità di un provvedimento che riconosceva blandamente le unioni
gay). Unioni gay che non sono mai entrate nel loro programma di governo, e i
berlusconiani pascalizzati (centrodestra) si sono compattati contro le unioni
civili (centrosinistra).
Basta
vedere le mozioni sull’utero in affitto. Non sono state ancora discusse perché
il Pd non riesce a trovare un accordo interno su un testo condiviso, alla
Camera: una buona parte del Pd non riesce a condannarlo senza se e senza
ma. E’ roba del loro Dna. Alla fine dei conti, abbiamo visto che Gasparri e
Malan a destra hanno avuto molta più agibilità politica e sono stati molto più
efficaci dei ministri cattolici Del Rio e Madia, nel Pd.
E
di esempi potremmo farne molti altri.
Ma, in conclusione, in una situazione di bipolarismo
destra/sinistra, se vince la sinistra non può che portare avanti le politiche
dei “diritti individuali”, altrimenti non è sinistra. La destra invece non li
mette in agenda, perchè condizionata dal suo elettorato, in larga parte
antropologicamente conservatore: certi provvedimenti non li porta avanti,
perché i suoi temi caratterizzanti sono altro – sicurezza, meno tasse, meno
statalismo.
Nel
nostro sistema bipolare – alla fine il ballottaggio è fra due - un partito cattolico non può che essere
drasticamente minoritario, destinato all’assoluta irrilevanza. Può solo
togliere voti alla destra.
Con certa magistratura che ci ritroviamo, che fa e disfa le
leggi a suo piacimento, con un’Europa invasiva sui “nuovi
diritti” e indifferente a quelli “vecchi” (v. migranti), con un paese che
galoppa verso la secolarizzazione, con la
chiesa che ha scelto di tirarsi fuori dalla mischia per lasciare un’eventuale
iniziativa ai laici, con la lobby gay sempre più pressante, io mi domando:
un partito cattolico? Ma di che stiamo parlando?
Forse
di una consolazione individuale, ma a me non basta.
Io
voglio vincere. Io voglio costruire un’alternativa alla sinistra. Quindi devo
cercare di costruire un nuovo
centrodestra, che abbia possibilità di vincere. Un’alternativa che non può
essere la Lega: importante come alleato, ma irrimediabilmente localizzato in
alcune regioni del Nord, inesistente al Sud. Tanto meno un piccolo partito che
per tre quarti sta nel Lazio, come quello della Meloni, che non è mai cresciuto
e che non crescerà mai più se cercano di imitare Le Pen.
Per vincere bisogna ricostruire un centrodestra: è questa la
priorità, adesso, in questo momento. Ricostruire le alleanze perdute, e
ripartire per cercare una nuova leadership.
Per
questo, se abitassi a Milano voterei Parisi e a Roma voterei Marchini, perché
questo è il voto utile per ripartire con il centrodestra, l'unico
"contenitore" in cui possiamo trovare agibilità politica per i temi a
noi più cari.
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