CARDINALE BASSETTI: “DARE RAGIONE DI QUELLO CHE SOSTENIAMO”
Questa parole chiare ci invitano a non tacere davanti
all’apertura all’eutanasia
PEPPINO ZOLA
Caro direttore, ora i cattolici italiani non hanno più scuse.
Dopo il discorso pronunciato
(«a nome della Chiesa italiana») dal presidente della Cei, cardinale Gualtiero
Bassetti, di fronte a 76 associazioni cattoliche impegnate nella difesa della
vita e della famiglia e dalla Cei convocate a Roma, ripeto che i cattolici
italiani non hanno più scuse. Nell’ultima parte del suo intervento, il cardinal
Bassetti, nel paragrafo intitolato “Il compito ecclesiale della testimonianza
nelle opere e nelle parole”, delinea quale sia il «compito della Chiesa» di
fronte all’attacco che viene portato, da una certa cultura, alla vita con
l’apertura all’eutanasia, attraverso la legge già approvata relativa alle Dat e
attraverso la possibile abrogazione dell’articolo 580 del codice penale
(“Istigazione o aiuto al suicidio”).
Il presidente della Cei usa parole molto
chiare, di fronte alle quali i cattolici non possono più avere dubbi.
Infatti, egli si esprime così: «La Chiesa
è chiamata a rendere testimonianza ai valori evangelici della dignità di ogni
persona e della solidarietà fraterna. Nel quadro della nostra società, spesso
smarrita e in cerca di un senso e di un orientamento, la Chiesa questi valori deve viverli, facendo anche sentire la propria
voce senza timore, soprattutto quando in gioco ci sono le vite di tante persone
deboli e indifese». Bando, quindi, a un incomprensibile senso di
inferiorità vissuto da molti cattolici, che spesso non osano porsi chiaramente
di fronte alla società con la bellezza delle proprie esperienze e delle proprie
idee. Basta con questo “timore”, contrario, peraltro, a quanto ci invitano a
fare Gesù nel Vangelo, san Paolo nelle sue lettere e i grandi documenti papali
relativi alla dottrina sociale della Chiesa.
Il cardinale aggiunge: «Su temi che
riguardano tutti, il contributo culturale dei cattolici è non solo doveroso, ma
anche atteso da una società che cerca punti di riferimento. Ci è chiesto
infatti, come Chiesa, di andare oltre la pura testimonianza, per saper dare ragione di quello che sosteniamo».
Bando, dunque, ad un interpretazione riduttiva della “testimonianza”, che non è
solo quella muta e nascosta. Quando occorre, dobbiamo proclamare le “ragioni”
anche pubbliche della nostra presenza. E quando si tratta di formulare una
legge, il silenzio non basta. Anche una certa lotta, condotta cristianamente,
costituisce una testimonianza a Cristo. Tutto è testimonianza se operiamo per
Cristo. Talvolta occorre il silenzio ed il puro ascolto, ma talvolta occorre
la parola chiara e forte, anche correndo il rischio di una dialettica.
Senza questa dialettica, sant’Ambrogio e sant’Eusebio e tanti altri non
avrebbero sconfitto la terribile e mortifera eresia di Ario. Di fronte alle
demoniache (il demonio esiste e oggi più che mai lo si vede) affermazioni di
oggi contro la vita da parte di chi si crede diventato Dio non possiamo solo
stare zitti. Ringraziamo il cardinal Bassetti per avercelo ricordato.
E poi altre sue parole. «Ecco allora il
valore insostituibile delle comunità cristiane e delle associazioni: vi saluto
davvero tutte con grande cordialità e affetto! Siete contesti vitali nei quali
sperimentare fraternità e condividere intenti e progettualità».
Il metodo
comunitario è “insostituibile” e costituisce la via migliore e più efficace per
contrastare l’attuale trend individualista che porta ad affermare, al
contrario, il metodo della “autodeterminazione” (come se l’uomo si fosse fatto
da sé!), la quale porta alla conseguenza estrema di scegliere non la vita, ma
la morte.
Così il cardinale termina il suo
intervento: «Ringrazio tutti voi per essere qui oggi e per l’impegno con il
quale contribuite al dibattito pubblico sulle tematiche relative alla vita. Che
questa passione per la tutela e la promozione della vita e dell’autentica
libertà delle persone, possa diffondersi a tutti i cristiani (…) La Madre di
Gesù, che ha portato la croce insieme al suo figlio, ci insegni a lottare».
Caro direttore, ecco perché, in apertura, ti ho detto che ora i cattolici
italiani non hanno più scuse per sottrarsi agli impegni pubblici che la
situazione culturale e sociale di oggi richiede. Al di là dei risultati che si
riusciranno ad ottenere. L’impegno con tutta la realtà fa parte dell’essere
globale e indiviso del cristiano.
PEPPINO ZOLA 15 SETTEMBRE 2019
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