sabato 21 settembre 2019

LA VOCE DI UN PROFETA SULL’EUTANASIA


di Gianfranco Amato

Duole molto in questi tempi di grande confusione constatare l’assenza di un giudizio chiaro, netto e soprattutto capace di andare controcorrente rispetto alla mentalità dominante, sui grandi temi della vita come quello dell’eutanasia, che una parte del mondo cristiano ha preferito declassare a questione di secondo piano rispetto ad asserite «nuove emergenze sociali», come quella relativa alle migrazioni. Fino al punto di fare scelte politiche che implichino addirittura il suo sacrificio a vantaggio delle citate emergenze.
Per ritrovare la bussola in questa notte senza stelle, occorre andare a riscoprire, ripercorrendo i decenni, la voce di qualche profeta. Uno di questi è certamente Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, che io ho avuto la grazia di incontrare personalmente quarantaquattro anni fa.
Ricordo che agli Esercizi Spirituali di Comunione e Liberazione del 1986 – sono passati più di trent’anni -, Giussani spiegava come nella società moderna «L’amore tende ad essere identificato con alcune reazioni biologiche e la vita tende ad essere ridotta ad un oggetto che si può guardare con cinismo non solo rispetto al tema dell’aborto». In quell’occasione, pose, infatti, una domanda illuminante: «Chi di noi può impedire al potere di dire che per conseguire una umanità giovane l’eutanasia si debba applicare a trentacinque anni? Chi potrà impedirlo al potere? Ciò accade quando la vita si guarda con cinismo, che è frutto dell’egoismo con il quale si educa la classe operaia, visto che oramai quella borghese ne è già da tempo affetta».
In un ragionamento più articolato affermava che questa prospettiva nasce, in realtà, dalla concezione giustamente condannata dal Sillabo nella proposizione XXXIX: «Lo Stato, in quanto origine e fonte di tutti i diritti, gode del privilegio di un diritto senza confini». A questo proposito Giussani chiariva che il principio condannato dal Sillabo, in realtà, altro non è se non «la definizione dello stato moderno, di tutti gli stati moderni, di qualunque natura», come «esito dell’Illuminismo, cioè dell’uomo che diviene misura delle cose». E a questo punto aggiungeva una riflessione: «Ma se lo Stato ha un diritto senza confini, ha anche il diritto di determinare quanti figli devi avere e come debbano essere; e può anche stabilire fino a quando tu puoi vivere. Perché non ci sarebbe ragione, se un potere è potere, che esso non possa stabilire come legge l’eutanasia, per avere una generazione di umanità fresca, “creativa”, e perché nessuno viva oltre i trent’anni. Perché non lo dovrebbe fare? Perché?». (…)
Per questo invitava i giovani ad opporsi veementemente (usava addirittura il termine “ira”) contro la menzogna: «Ho parlato di ira contro la menzogna. Il rapporto uomo-donna non è il sesso, questa è una riduzione, e tutto il mondo di oggi esalta il rapporto uomo-donna in senso biologico o biopsichico e basta. Oppure, dire che occorre che lo Stato sia guidato dalla scienza applicata nella tecnica è una riduzione, perché l’uomo non è un robot. Perciò, la lotta contro questa menzogna può giustamente far dire che sarebbe meglio per l’uomo essere assassinato che perdere la propria umanità. E noi siamo in un’epoca in cui il potere, cioè lo Stato, tenta di abolire l’umanità. E se lo Stato decide di usare la biogenetica in grande stile, benissimo, lo Stato ha il diritto di usare la biogenetica in grande stile; se, come vi ho già detto, decide che l’eutanasia avvenga a trent’anni per mantenere vivace e fresca l’umanità – ragazzi, voi vi salvereste ancora, ma per poco – non vi sarebbe nessun altro tribunale di riferimento! Occorre porre la lotta contro il tiranno che impone il proprio progetto, l’ira contro la menzogna che, per servire il progetto del tiranno, riduce il desiderio, esalta talune esigenze e ne elimina altre. Cosa vuole dire questo discorso su certi valori sociali da tutti condivisibili?
“Questo è lo sforzo che dobbiamo fare tutti, anche la Chiesa”, disse qualche porporato: “Il compito della Chiesa è quello di sostenere valori morali condivisibili da tutti”. Ma questo anche un pagano lo fa, non è necessario essere cristiani! Questa è la riduzione del desiderio: alcuni desideri ed esigenze sono sottolineati, altri censurati o ridotti. Per questo dico che è tirannica, menzognera, la mentalità dominante».  (…)
Dio solo sa quanto oggi avremmo bisogno di ascoltare maestri capaci di giudicare la realtà con i criteri della fede, capaci di opporre la verità alla menzogna senza tentennamenti o scorciatoie sociologiche, capaci di correre il rischio di “essere fatti fuori” dal mondo perché scomodi.
Preghiamo perché il Signore mandi altri autentici profeti in mezzo a noi. E ci liberi da quelli falsi.
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