«Il laicismo che propone un nuovo umanesimo, vuole elidere il cristianesimo
richiamando la parola “valori”»

Ma che cos’è, in realtà, questo nuovo
umanesimo?
È molto semplice: siamo ancora una volta di fronte alla prospettiva
antropocentrica e anticristiana che considera l’uomo come misura di tutte le
cose.
Mai come in questi ultimi tempi sto rivalutando le parole profetiche di
quello che considero il mio Maestro, Luigi
Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, il cui
giudizio acuto sulla realtà ci manca terribilmente.
Giussani aveva già affrontato decenni fa
il tema del cosiddetto nuovo umanesimo, avvertendone
il tratto anticristiano e totalitario e denunciandolo con queste parole: «il laicismo propone un nuovo umanesimo,
vuole elidere il cristianesimo richiamando la parola “valori”. Il potere,
attraverso la sottolineatura di valori da lui stabiliti, pretende dalla gente
ubbidienza secondo il suo disegno. Ma senza il senso del mistero,
l’affermazione di un valore come criterio unico genera “violenza”,
“omologazione” e “moralismo”».
Vale per i nuovi umanisti ciò che ancora
una volta spiegava bene Giussani, ossia che per loro «Dio non c’entra con
l’uomo concreto, con i suoi interessi, i suoi problemi, ambito in cui l’uomo è
misura a se stesso, signore di se stesso, sorgente e dell’immaginazione del
progetto e dell’energia concreta per la sua realizzazione, ivi compresa la
direttiva etica implicata». Nell’ambito dei problemi umani dunque Dio – se c’è
– è come se non fosse. Si realizza così la divisione tra un sacro e un profano,
invocata dai nuovi umanisti nel principio della laicità dello Stato.
Se chiedessimo oggi a Giussani di spiegarci quali sono i «valori comuni»
invocati da Giuseppe Conte – in compagnia di qualche alto prelato –, e cosa sia questo nuovo umanesimo, il fondatore di
C.L. ci risponderebbe con le stesse parole che si possono gustare a pagina 32
dell’ottimo volume intitolato L’io, il potere, le opere: Contributi da un’esperienza:
«Io vorrei spiegare questo nuovo umanesimo, che è lo sforzo supremo operato
dalla cultura dominante (atea nel senso pratico del termine) per eludere ed
elidere il cristianesimo (con la collaborazione di tanti cattolici di ogni
ordine e tipo), richiamando una parola importante: la parola valori. Si dice, si può anche sentire qualche alta
personalità ecclesiastica affermare che scopo della Chiesa è aiutare la società
civile a individuare e sorreggere una piattaforma di “valori comuni”. Ma i
valori comuni anche i pagani li possono sostenere. Non può essere specifico del
cristianesimo. Cosa è un valore? E ciò per cui vale la pena, in fondo, vivere».
Vale davvero la pena vivere per i valori
invocati dal nuovo umanista Giuseppe Conte, ovvero per «il lavoro come supremo
valore sociale», per «l’uguaglianza nelle sue varie declinazioni», per « il
rispetto delle Istituzioni, per il «principio di laicità», per «il primato
della persona» inteso nell’accezione prometeico-umanistica del «faber est suae quisque fortunae», ovvero dell’uomo artefice del proprio destino?
Duemila anni di cristianesimo ci hanno
rivelato qual è il vero significato ultimo dell’esistenza umana per cui,
davvero, vale la pena, in fondo, vivere.
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