“Se il Sinodo
per l’Amazzonia decidesse l’ordinazione dei viri probati, la situazione sarebbe
estremamente grave”
Il cardinale africano Robert Sarah, prefetto della
Congregazione per il Culto Divino, ha scritto nel suo ultimo libro (Le soir approche
et déjà le jour baisse, -“È quasi sera e il giorno è quasi finito”) che se il
prossimo Sinodo amazzonico consentisse l’ordinazione sacerdotale degli uomini
sposati e creasse “ministeri per le donne e altre incongruenze simili”, la
situazione sarebbe “estremamente grave” a causa della rottura dei padri
sinodali con l’insegnamento e la tradizione cattolica.
Ecco alcuni passi del libro.
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Noto con sgomento che alcune persone vorrebbero
creare un nuovo sacerdozio a misura d’uomo. Se l’Amazzonia manca di
sacerdoti, sono sicuro che non risolveremo la situazione ordinando uomini
sposati, viri probati, che non sono stati chiamati da Dio al sacerdozio, ma
alla vita matrimoniale perché manifestino la prefigurazione dell’Unione di
Cristo e della Chiesa (Ef 5,32). In un impulso missionario, se ogni
diocesi dell’America Latina offrisse generosamente un sacerdote per
l’Amazzonia, questa regione non sarebbe trattata con tanto disprezzo e
umiliazione attraverso la creazione di sacerdoti sposati, come se Dio non fosse
capace di suscitare in questa parte del mondo giovani generosi che sono
disposti a dare totalmente il loro corpo e il loro cuore, tutta la loro
capacità di amare, e tutto il loro essere nel celibato consacrato.
Ho sentito dire che, durante i suoi 500 anni di
esistenza, la Chiesa latinoamericana ha sempre considerato le popolazioni
indigene incapaci di vivere nel celibato. Il risultato di questo pregiudizio è
visibile: sono pochissimi i vescovi e i sacerdoti indigeni, anche se le cose
cominciano a cambiare.
Se
per mancanza di fede in Dio e per effetto della miopia pastorale il Sinodo per
l’Amazzonia decidesse l’ordinazione dei viri probati, la realizzazione di
ministeri per le donne e altre incongruenze del genere, la situazione sarebbe
estremamente grave. Le sue decisioni sarebbero ratificate
con il pretesto che sono l’emanazione della volontà dei padri
sinodali? Lo Spirito soffia
dove vuole, certo, ma non si contraddice e non crea confusione e disordine. È
lo spirito di saggezza. Sulla questione del celibato, [lo Spirito] ha già
parlato attraverso i concili e i pontefici romani.
Se
il Sinodo per l’Amazzonia prendesse decisioni in questa direzione, romperebbe
definitivamente con la tradizione della Chiesa latina.
Chi può onestamente dire che un simile esperimento, con il rischio di
adulterare la natura del sacerdozio di Cristo, rimarrebbe limitato
all’Amazzonia? Certo, l’idea è quella di affrontare le emergenze e le
necessità. Ma la necessità non è Dio! La crisi attuale è paragonabile
nella sua gravità alla grande emorragia degli anni Settanta, durante i quali
migliaia di sacerdoti hanno lasciato il sacerdozio. Molti di questi uomini non
credevano più. Ma noi crediamo ancora nella grazia del sacerdozio?
Voglio lanciare un appello ai miei fratelli vescovi:
crediamo nell’onnipotenza della grazia di Dio? Crediamo che Dio chiama operai
alla sua vigna o vogliamo sostituirlo perché siamo convinti che ci ha
abbandonato? Peggio ancora, siamo pronti
ad abbandonare il tesoro del celibato sacerdotale con il pretesto che non
crediamo più che [Dio] ci dà l’opportunità di viverlo pienamente oggi?
(…)
Voglio anche sottolineare che l’ordinazione degli
uomini sposati è tutt’altro che una soluzione alla mancanza di vocazioni. Anche
i protestanti, che accettano i pastori sposati, soffrono di una carenza di
uomini che si donano a Dio. Inoltre, sono convinto che se in alcune chiese
orientali la presenza di uomini ordinati sposati è sopportata dai fedeli, è
perché è integrata dalla massiccia presenza di monaci. Il popolo di Dio sa
intuitivamente di aver bisogno di uomini che si donano radicalmente.
Sarebbe
un segno di disprezzo per gli abitanti dell’Amazzonia offrire loro sacerdoti di
seconda classe. So che alcuni teologi, come padre Lobinger, stanno
seriamente pensando di creare due classi di sacerdoti: una sarebbe costituita
da uomini sposati che darebbero solo i sacramenti, mentre l’altra sarebbe
costituita da sacerdoti a pieno titolo che esercitano
i tre uffici sacerdotali: santificare, predicare e governare.
Questa
proposta è teologicamente assurda. Essa implica una concezione
funzionalista del sacerdozio, in quanto considera la separazione dell’esercizio
dei tre uffici sacerdotali, i tria munera, adottando così l’approccio opposto
ai grandi insegnamenti del Concilio Vaticano II che ne sanciscono l’unità
radicale. Non capisco come ci si possa
impegnare in tali regressioni teologiche. Credo che, con il pretesto della preoccupazione pastorale per i Paesi
poveri in missione che mancano di sacerdoti, alcuni teologi stanno cercando di
sperimentare le loro stravaganti e pericolose teorie. Fondamentalmente,
disprezzano quei popoli. Un popolo recentemente evangelizzato ha bisogno di
vedere la verità di tutto il sacerdozio, non una pallida imitazione di ciò che
significa essere sacerdote di Gesù Cristo. Non disprezziamo i poveri!
La gente dell’Amazzonia ha un profondo bisogno di
sacerdoti che non si limitano a svolgere il proprio lavoro in orari
prestabiliti prima di tornare in famiglia per occuparsi dei propri figli. Ha
bisogno di uomini appassionati di Cristo, che ardono del suo fuoco, divorati
dallo zelo delle anime. Cosa sarei oggi se i missionari non fossero venuti a
vivere e morire nel mio villaggio in Guinea? Avrei voluto fare il sacerdote se
si fossero accontentati di ordinare uno degli uomini del villaggio?
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