Pierfrancesco De Robertis
La politica ha sempre vissuto sui miti offerti dal
passato, ma i periodi in cui ha dovuto inventarli - pensiamo al culto
dell'Italia Littoria usato nel Ventennio - è sempre stato per mascherare la
pochezza dei tempi presenti.
Il fantomatico ritorno del
pericolo fascista di cui adesso tanto si vagheggia è uno di questi. In un paese
in cui alle ultime elezioni europee i due partiti che in qualche modo si
richiamano ai simboli e alle esperienze del regime, Casapound e Forza Nuova,
hanno ottenuto insieme lo 0,48 per cento, molto meno del partito animalista e
tanto quanto il partito della famiglia, ecco
che parlare di pericolo fascista appare come il tentativo di creare un collante
ideologico in grado di fornire una narrazione utile a celare un'inconsistenza
programmatica su questioni ben più cruciali, ma forse difficili da
affrontare.
Professionisti
dell'antifascismo, verrebbe da dire. Dagli al fascista, anche se il fascista
non c'è ed è sostituito dal suo
fantasma. E una cosa è difendere doverosamente Liliana Segre dagli oltraggi e
dalle minacce rivolte a una donna che porta nel proprio avambraccio il marchio
dell'orrore nazista, un altro credere che esse siano il sintomo
di una tragedia o un pericolo che sta per tornare.
Il punto è che il fascismo, o l'antifascismo, fanno
comodo a molti. A sinistra come a
destra.
A una sinistra che non sa
più parlare agli operai e al mondo del lavoro e ciancia solo di immigrati e di
diritti civili, a una certa destra che non sarà fascista ma che ai simboli
e alla pancia della destra ammicca.
Il richiamo alle foibe non
appena si sente parlare di Auschwitz fatto dal sindaco di Predappio, come se
Auschwitz fosse un simbolo di parte, è uno
di questi. Quando il presente non offre un appiglio, o uno spunto o
un'idea, ci si rifugia nel passato. Al presente si preferisce il suo spettro.
Da Il resto del Carlino
9/11/2019
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