LETTERA APOSTOLICA
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
SUL SIGNIFICATO E IL VALORE DEL PRESEPE
(…) Ma veniamo subito all’origine del presepe come noi lo
intendiamo. Ci rechiamo con la mente a Greccio, nella Valle Reatina, dove San
Francesco si fermò venendo probabilmente da Roma, dove il 29 novembre 1223
aveva ricevuto dal Papa Onorio III la conferma della sua Regola. Dopo il suo
viaggio in Terra Santa, quelle grotte gli ricordavano in modo particolare il
paesaggio di Betlemme. Ed è possibile che il Poverello fosse rimasto colpito, a
Roma, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dai mosaici con la rappresentazione
della nascita di Gesù, proprio accanto al luogo dove si conservavano, secondo
un’antica tradizione, le tavole della mangiatoia.
Giotto La leggenda di San Francesco |
Le Fonti Francescane raccontano
nei particolari cosa avvenne a Greccio. Quindici giorni prima di Natale,
Francesco chiamò un uomo del posto, di nome Giovanni, e lo pregò di aiutarlo
nell’attuare un desiderio: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e
in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per
la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia
e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello».[1] Appena
l’ebbe ascoltato, il fedele amico andò subito ad approntare sul luogo designato
tutto il necessario, secondo il desiderio del Santo. Il 25 dicembre giunsero a
Greccio molti frati da varie parti e arrivarono anche uomini e donne dai
casolari della zona, portando fiori e fiaccole per illuminare quella santa
notte. Arrivato Francesco, trovò la greppia con il fieno, il bue e l’asinello.
La gente accorsa manifestò una gioia indicibile, mai assaporata prima, davanti
alla scena del Natale. Poi il sacerdote, sulla mangiatoia, celebrò solennemente
l’Eucaristia, mostrando il legame tra l’Incarnazione del Figlio di Dio e
l’Eucaristia. In quella circostanza, a Greccio, non c’erano statuine: il
presepe fu realizzato e vissuto da quanti erano presenti.[2]
È così che nasce la nostra
tradizione: tutti attorno alla grotta e ricolmi di gioia, senza più alcuna distanza
tra l’evento che si compie e quanti diventano partecipi del mistero.
Il primo biografo di San
Francesco, Tommaso da Celano, ricorda che quella notte, alla scena semplice e
toccante s’aggiunse anche il dono di una visione meravigliosa: uno dei presenti
vide giacere nella mangiatoia Gesù Bambino stesso. Da quel presepe del Natale
1223, «ciascuno se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia».[3]
3. San Francesco, con la
semplicità di quel segno, realizzò una grande opera di evangelizzazione. Il suo
insegnamento è penetrato nel cuore dei cristiani e permane fino ai nostri
giorni come una genuina forma per riproporre la bellezza della nostra fede con
semplicità. D’altronde, il luogo stesso dove si realizzò il primo presepe
esprime e suscita questi sentimenti. Greccio diventa un rifugio per l’anima che
si nasconde sulla roccia per lasciarsi avvolgere nel silenzio.
Perché il presepe suscita tanto
stupore e ci commuove? Anzitutto perché manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il
Creatore dell’universo, si abbassa alla nostra piccolezza. Il dono della vita,
già misterioso ogni volta per noi, ci affascina ancora di più vedendo che Colui
che è nato da Maria è la fonte e il sostegno di ogni vita. In Gesù, il Padre ci
ha dato un fratello che viene a cercarci quando siamo disorientati e perdiamo
la direzione; un amico fedele che ci sta sempre vicino; ci ha dato il suo
Figlio che ci perdona e ci risolleva dal peccato.
Comporre il presepe nelle nostre
case ci aiuta a rivivere la storia che si è vissuta a Betlemme. Naturalmente, i
Vangeli rimangono sempre la fonte che permette di conoscere e meditare
quell’Avvenimento; tuttavia, la sua rappresentazione nel presepe aiuta ad
immaginare le scene, stimola gli affetti, invita a sentirsi coinvolti nella
storia della salvezza, contemporanei dell’evento che è vivo e attuale nei più
diversi contesti storici e culturali.
In modo particolare, fin
dall’origine francescana il presepe è un invito a “sentire”, a “toccare” la
povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così,
implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà,
della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un
appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle
più bisognosi (cfr Mt 25,31-46).
4. Mi piace ora passare in
rassegna i vari segni del presepe per cogliere il senso che portano in sé. In
primo luogo, rappresentiamo il contesto del cielo stellato nel buio e nel
silenzio della notte. Non è solo per fedeltà ai racconti evangelici che lo
facciamo così, ma anche per il significato che possiede.
Pensiamo a quante
volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non
ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che
riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché
sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Per dare
una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo. La sua vicinanza porta
luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della
sofferenza (cfr Lc 1,79).
Leggi tutto
Nessun commento:
Posta un commento