martedì 24 dicembre 2019

LO ZELIG DE NOALTRI


SOLO UN UOMO CON UNA ECCEZIONALE MASSA DI NEURONI ATTIVI COME ZINGARETTI POTEVA AFFERMARE CHE: Giuseppe Conte è il nuovo "punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste"

Nel generale sottosopra, abbiamo letto un'intervista del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che ha così definito il premier Giuseppe Conte: "Un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste". A un sardo che ha letto le pagine di Antonio Gramsci questo appare come uno scherzo grottesco. Arturo Parisi, uomo con la testa sulle spalle e il polso di granito, ha commentato: "Pressoché unanime tra gli elettori lo sconcerto. Pressoché unanime tra i dirigenti il silenzio". Con l'eccezione di Matteo Orfini, nel Pd è tornata l'era del cinema muto. Ci vuole un grande sforzo di fantasia per vedere Conte, il premier (avvocato del popolo) in un esecutivo sovranista ieri, oggi presidente del Consiglio di un governo europeista, come un punto di riferimento (fortissimo) della sinistra.

Chi è Giuseppe Conte? Risposta: "Un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste". Chi? Cosa? Ma quel Giuseppe Conte che si definì "avvocato del popolo?". Quello, proprio quello, che era presidente del Consiglio mentre il ministro dell'Interno teneva le navi cariche di migranti in alto mare? Quel progressista che approvò senza batter ciglio il decreto sicurezza di Salvini? Proprio lui, capperi. Chi ha coniato una così mirabile definizione del presidente del Consiglio che fu sovranista, poi europeista? Guardate Conte, azzimato, inamidato, con la pochette d'ordinanza, profuma di lacca, è tutto uno stira e ammira, è chiaramente un premier con l'appretto anche se gli manca il manico. Uno Zelig perfetto per il progressismo come lo immagina Zingaretti: trumpiano con Trump, macroniano con Macron, merkeliano con Merkel, socialista con Sanchez, sempre stato conservatore con Johnson, Ungheria First con Orban, prima l'Austria con Kurtz, amici della Grande Madre Russia con Putin, siamo tutti cinesi con Xi. Un uomo immobile, senza dubbio alcuno,  pronto a sostenere Serraj, grande amico di Haftar, un punto di riferimento, dunque fisso, con idee non negoziabili, un uomo tutto d'un pezzo.

L'elevazione del trasformismo di Conte a "punto di riferimento fortissimo di tutte le forze progressiste" è una cosa che poteva riuscire solo a Zingaretti, uomo dalla vasta cultura, dalle profonde letture e riflessioni, l'esponente più lucido della corrente new left, old mistakes. In questo quadro di riferimento politico-filosofico, Zingaretti tocca vette altissime di riflessione. Certo, non la pensano così in tanti dentro il partito e tra i militanti, Arturo Parisi mostra tutti i suoi limiti di coerenza nuragica nell'esprimere qualche dubbio sulla tenuta della figura di Conte; Matteo Orfini è afflitto da pedanteria, proprio non riesce a capire come possa essere punto di riferimento uno dall'animo mobile come Conte; un gruppo di intellettuali a sinistra (sì, esageriamo) mostra smarrimento, ma è comprensibile, non hanno letto tutto Marx e manca loro l'anello di congiunzione tra l'acerbo sovranismo di Conte e il rapido sviluppo europeista della maturità, sempre del Conte. Sì, va detto, c'è stata sorpresa nel vedere abbracciare con tanto ardore il filosofo del diritto nato in Puglia, una fretta eccessiva per molti, ma è chiaro che Conte nel Pantheon progressista è una presenza obbligatoria: Gramsci, Berlinguer, Conte. Non era forse un simbolo di rinnovato operaismo la sua presenza con i dipendenti dell'Ilva a Taranto? Un dibattito intenso, carico di drammaticità, sostenuto dalle profonde note di regia di Rocco Casalino.

Il problema non è Conte, sia chiaro, fa il suo gioco, sfrutta ogni falla dei modesti partner e avversari, è un perfetto Zelig. Qui il tema che affascina gli scienziati è quello del frullatore che è acceso nella testa del segretario del Pd. Questo fenomeno della politica in progress, Conte, a quanto pare è visibile solo a un uomo con eccezionali masse attive di neuroni come Zingaretti.

D'altronde, il segretario del Pd ha colto perfettamente il voto inglese qualche giorno fa definendolo come quello  della "destra ignorante". Tutti bifolchi, in Inghilterra, si capisce. Quel giudizio ha innescato una profonda autocritica tra gli accademici del Balliol College dell'università di Oxford, dove quel cafone di Boris Johnson si è impunemente laureato. Titoli a parte, il problema è quello del livello culturale, è chiaro che Zingaretti ha più sintonia con un raffinato pensatore come Conte e non con un mezzadro inglese spettinato, bevitore di birra e oratore di versi in latino che ha scritto libri, diretto una gloriosa testata, governato per due volte una città periferica e bigotta come Londra.

 Se uno fa il primo ministro inglese, è leader del Tory Party, non finisce nel bizzarro Pantheon di Zingaretti, ma va dritto nella legione dei bifolchi, non può essere né colto né intelligente e se per soprammercato è pure ricco, quella ricchezza è senza charme. E il cachemire, signora mia? Che domanda, è sempre stato di sinistra. 

tratto da LIST

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