INTERVISTE E CONVERSAZIONI CON DON LUIGI GIUSSANI
Questi vogliono essere solo pochi
accenni coi quali io volentieri invito il maggior numero possibile di persone
alla lettura di questo libro. Da esso si apprende non solo chi è don Giussani e
cosa è Cl, bensì si può anche reimparare il nucleo della fede stessa (J.
Ratzinger)
Presentazione di
Joseph Ratzinger (1993).
In queste brevi frasi si manifesta l’intuizione fondamentale da cui ha tratto origine l’opera di don Giussani - il movimento di Comunione e liberazione - e a partire dalla quale essa continua a svilupparsi. Il punto di partenza è l’esperienza della fede come realtà. È affascinante vedere nei testi di questo libro - sorti ciascuno da un momento particolare, che in essi si riflette - l’intima passione e la ragionevolezza della fede che ispirano questa grande guida spirituale di uomini giovani e meno giovani. All’inizio del suo cammino ci fu l’avvilente esperienza della fiacchezza del cristianesimo, che pur dentro un’apparente continuità di tradizioni, appariva come assente, inerte, senza efficacia.
Così il giovane sacerdote dovette mettersi alla ricerca di come comunicare nuovamente l’originaria forza della fede, una fede vissuta dentro la realtà delle cose odierne. Nelle interviste risalenti ai vari periodi dell’azione di Giussani si vede dapprima l’alterno procedere di questo sforzo di ricerca; si vede come l’essere gettato nel dramma del nostro tempo e nelle sue mutevoli forme costituisca una sfida per la fede, la purifichi, la costringa all’essenziale, a ciò che è vivo e dà vita, anche oggi.
Una tappa decisiva di questa lotta è stato il confronto con lo spirito dell’utopia, cui costrinsero gli avvenimenti del 1968. Ricordiamo: il mondo migliore futuro divenne improvvisamente l’unico oggetto di fede. O meglio: non esisteva più alcun “oggetto di fede”, bensì solo la proiezione di una speranza, la quale a sua volta significava azione. Anche i cristiani cessarono di parlare della redenzione mediante la croce, della resurrezione di Gesù Cristo e della nostra speranza nella vita eterna. Anch’essi parlavano ormai quasi solo della nuova società, della civiltà migliore che doveva nascere. L’utopia era diventato l’unico dogma che ispirava pensiero ed azione.
È affascinante apprendere dalle conversazioni qui pubblicate come l’iniziale tentativo di un’alternativa, per così dire di una utopia migliore, venne gradatamente scrutato nella sua inadeguatezza e come, al posto dell’utopia, si affermò la parola-guida “presenza”. L’utopia onnidominante viene smascherata come vuoto fantasma: fissandoci trasognati sul nulla perdiamo di vista la realtà. Il cristianesimo è presenza, il qui ed ora del Signore, che ci sospinge nel qui ed ora della fede e della vita di fede. E così diventa chiara la vera alternativa: il cristianesimo non è teoria, né moralismo, né ritualismo, bensì avvenimento, incontro con una presenza, con un Dio che è entrato nella storia e che continuamente vi entra. Giussani definisce l’ateismo pratico, ciò che sociologicamente si chiama “laicismo”, con una formula mutuata da Cornelio Fabro: “Dio, se c’è, non c’entra”. La risposta di Giussani a questo è: Dio c’è. E: Dio c’entra. Con ciò, in fondo, è detto tutto. Dio c’entra - in questa frase è racchiuso il mistero di Cristo, del Dio che entra veramente nella nostra vita, che è il fattore decisivo di ogni cosa. Il cristianesimo è avvenimento; il cristianesimo è incontro con la persona di Gesù Cristo.
C’è ancora una cosa che mi ha colpito particolarmente in questi testi del fondatore di Comunione e liberazione: negli interventi più recenti emerge con estrema lucidità l’esperienza della estraneità della fede alla cultura attualmente dominante. Giussani parla di una sorta di Chernobyl spirituale: l’organismo sembra lo stesso, eppure è minacciato al suo interno dalle distruttive radiazioni della mentalità dominante, è incapace di essere totalmente se stesso, di pensare da sé, di agire da sé, di vivere da sé.
L’Autore è ben lontano da tutti quei tentativi che, con ogni sorta di intenti pacificatori, vogliono distogliere il discorso dalla gravità di questo momento, favorendo con ciò soltanto la progressiva astrazione del cristianesimo. Nella misura in cui lo si adatta alle varie mode, si nega in realtà il contenuto proprio del cristianesimo. Nell’evitare ogni scontro lo si rende irrilevante, cosicché poi si può dire a ragione: non c’entra - questo cristianesimo molle come la cera si arrangia con tutto e perciò non si vede perché qualcuno debba prenderlo in considerazione come una realtà. Se invece si vuol capire cosa significhi fede come avvenimento, come presenza, occorre leggere l’emozionante capitolo Un evento. Ecco perché ci odiano. Ciò che qui è detto non è “pessimismo”, delusione, reazione, bensì, al contrario, il coraggio di affermare la fede come realtà e l’ottimismo di affidarsi alla sua dinamica, anche quando essa va controvento.
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