IMPARARE DA USA E GIAPPONE
ANTONIO SOCCI – LO STRANIERO
La nostra economia potrebbe ricominciare a correre e l’Italia potrebbe
rinascere. La medicina di cui ha bisogno il nostro Paese la conoscono tutti gli
addetti ai lavori.
È molto semplice: l’Italia ha bisogno di un forte choc fiscale,
che abbassi drasticamente le tasse, ha bisogno di un robusto
stimolo alla crescita che rilanci la nostra economia, l’occupazione, i
consumi; ha bisogno di forti investimenti pubblici nell’innovazione
e nelle infrastrutture (per modernizzare le comunicazioni e per mettere in
sicurezza strade, ponti, territori) che attivino investimenti privati.
Ha bisogno di fare esattamente quello che ha fatto Trump negli
Stati Uniti (ottenendo risultati straordinari) e quello che in questi
giorni ha deciso di fare il Giappone, il quale ha varato un
pacchetto di stimoli e di aiuto all’economia del valore di 13.200 miliardi
di yen (121 miliardi di dollari). È anche uno stimolo alla
domanda interna che intende prevenire crisi provenienti
dall’estero, magari dallo scontro sui dazi.
È stato calcolato che per noi sarebbe l’equivalente di circa 40
miliardi di euro di spesa straordinaria. Non c’è altra strada per far
ripartire un’economia che è in coma da vent’anni (da quando è stato introdotto
l’euro). E allora perché non si fa come il Giappone?
Sembra già di sentire la solita lagna: noi non possiamo farlo perché
abbiamo un colossale debito pubblico e – ci ripetono
ogni giorno dalla Ue – bisogna piuttosto tagliare che spendere.
A parte il fatto che questi venti anni dimostrano il contrario (l’austerità
deprime l’economia e quindi fa crescere il debito), è il caso di ricordare
che il Giappone ha un debito pubblico molto più grande del nostro:
si aggira attorno al 240 per cento del Pil (mentre il nostro è circa il 130 per
cento).
Peraltro il Giappone ha anche un deficit più alto del
nostro, eppure non ha né problemi di inflazione, né timore di spread e
paga interessi quasi nulli (con una pressione
fiscale al 30,6 per cento, molto inferiore alla nostra).
Come tutto questo sia possibile e come sia possibile che,
con un tale debito pubblico, adesso quel Paese vari un pacchetto di stimoli
all’economia di 121 miliardi di dollari i nostri euristi non ce lo
spiegano. Si arrampicano sugli specchi.
Invece gli antieuro la spiegazione l’hanno data da tempo: il Giappone può
farlo perché, come tutti i paesi normali, liberi e indipendenti, ha sovranità
monetaria (e la Banca centrale giapponese detiene il 42 per cento del debito
pubblico), mentre l’Italia dissennatamente ha ceduto la sua sovranità monetaria
aderendo all’euro.
Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, scrisse a suo tempo: “adottando
l’euro l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve
prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”.
Uno dei danni per noi è l’enorme vantaggio competitivo che l’euro dà alla
Germania a scapito dell’Italia. Come scrive Tom Luongo “il
progetto dell’euro, come moneta, venne guidato dagli industriali
tedeschi che puntavano ai vantaggi che avrebbe portato
loro una moneta unica: la moneta unica rende più economici i prodotti
industriali del Nord Europa, mentre sovrapprezza la capacità produttiva del
Sud”.
Tutte queste cose Alberto Bagnai le ha spiegate
magistralmente da anni in libri e articoli e, con gran finezza culturale, ha
sempre stravinto nel dibattito con gli euristi (che infatti sfuggono il
confronto come la peste).
A impedire all’Italia di fare come il Giappone, oltre all’euro, è la Ue,
con i Trattati che ci hanno legato le mani.
La Ue ha il potere di decidere la nostra politica economica e la
Commissione europea sta col cannone puntato costringendoci a proseguire sulla
strada suicida della diminuzione del deficit che sta affossando la nostra
economia e – anche materialmente – il Paese (perfino le buche
nelle strade – se non lo sapete – sono figlie di questa folle strategia).
Però attenzione: la stessa Ue che è pronta a sanzionarci se
spendiamo un euro di deficit in più per noi, cioè per ricostruire le zone
terremotate o per la sanità o per le infrastrutture, poi pretende che
noi – a un loro ordine – forniamo sull’unghia 110 miliardi di euro (110 oltre
ai 14 già versati!!!) per salvare le banche tedesche.
Questo è il Mes (e dove li prenderebbe tutti quei soldi uno Stato senza
moneta se non nei nostri conti correnti?).
Quindi riassumiamo: una politica di stimoli alla nostra economia (come il
Giappone e gli Usa), per esempio di 40 miliardi di spesa straordinaria, ci
viene ferocemente proibita dalla Commissione europea, però 110 miliardi di euro
per salvare le banche tedesche dobbiamo trovarli in sette giorni se così ci
ordinano.
Del resto è già successo. Al tempo di Monti l’economia
italiana è stata tartassata e affossata da misure
drastiche che ci hanno impoverito drammaticamente, proprio mentre l’Italia
doveva contribuire con fior di miliardi al “salvataggio” non
della Grecia, ma delle banche tedesche e francesi c he avevano
speculato in Grecia (quando mai rivedremo quei soldi?).
La Ue esige che il governo di Roma imponga tasse, rigore e tagli agli
italiani. Ma quando si tratta di mungere l’Italia – cioè tutti noi – a
beneficio loro, allora dobbiamo spalancare la borsa. Il Mes è questo.
Poi raccontano pure che loro sarebbero le virtuose formiche e noi le cicale
spendaccione. È il contrario: lo Stato italiano dal 1992 è sempre stato
in avanzo primario ed è un record mondiale.
Inoltre è falso che l’Italia sia aiutata dall’Europa o che l’Europa paghi i
debiti italiani. E’ vero l’opposto. L’Italia dà all’Unione
europea molto più di quanto riceve. Dal 1999 al 2018 abbiamo pagato
circa 94 miliardi di euro in più di quanto abbiamo ricevuto.
Mentre altri Paesi hanno ottenuto molto più di quanto hanno dato. È
insopportabile che poi, proprio da questi paesi che
ricevono più di quanto danno (cioè ricevono soldi dagli italiani), arrivino
quei Commissari europei che vengono a trattarci a pesci in faccia e a imporci
politiche “lacrime e sangue”.
La conclusione è semplice: questa Europa non è la medicina, per
l’Italia, ma la malattia. Finché avremo una classe di governo prosternata davanti
alla Ue, che non fa il nostro interesse nazionale, ma quello altrui, i nostri
problemi si aggraveranno fino al baratro.
9 DICEMBRE 2019
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