Più si avvicinano le
elezioni in Emilia-Romagna, più il Presidente uscente Bonaccini cerca di
trasformare l’appuntamento in un referendum su di sé
La manifestazione di
sabato scorso, che ha segnato l’inizio ufficiale della campagna elettorale
del Presidente Bonaccini,
è stata interessante non tanto per i
contenuti, pressoché assenti, quanto per precisi “segnali” che ha inviato
in vista delle prossime elezioni in Emilia Romagna.
1) Il logo scelto per il materiale
pubblicitario, un paio di occhiali e una barba, appoggiati non su un volto, ma
sul nulla, accentua l’idea che bisogna scegliere il “personaggio” Bonaccini,
quasi mettendo in secondo piano quello che egli dice e pensa (infatti,
significativamente, l’immagine stilizzata è priva testa). Mi sembra una scelta
un po’ azzardata da parte del consulente di immagine di uno che aveva detto di
voler portare la sfida elettorale sui contenuti, in effetti molto evanescenti,
se si eccettua la litania, ossessivamente ripetuta, dei primati raggiunti
dall’economia emiliano-romagnola.
2) Sul palco non c’è stato spazio per
nessun politico oltre al candidato, che aveva esplicitamente chiesto ai
suoi leader nazionali di non farsi vedere in regione, se non per portare
concreti contributi alla soluzione dei problemi locali. Dal momento che la
finanziaria in discussione a Roma non solo non ha portato soluzioni ai problemi
ma ne ha creati (plastic tax, sugar tax , accise sui carburanti..), giustamente
Zingaretti & company si sono tenuti alla larga. Di qui l’immagine di un
presidente “solo”, che chiede di veder premiato non più un modello, ma il “suo”
impegno e la “sua” capacità amministrativa.
3) In piazza era presente il leader
delle sardine,
calorosamente salutato e ringraziato da Bonaccini, consapevole di aver ricevuto
dal movimento ittico un insperato aiuto nella prospettiva di una mobilitazione
della sua base, che scongiuri la ripetizione dell’imbarazzante livello di
astensionismo verificatosi nelle elezioni di 5 anni fa.
4) L’unico personaggio di rilievo nazionale
presente in piazza era Romano Prodi, dominus della sinistra bolognese, che
non ha voluto far mancare il proprio appoggio a Bonaccini, consapevole anche
del fatto che alle sorti del presidente emiliano sono quasi certamente legate
anche quelle del Conte 2, che non potrebbe sopravvivere a una rovinosa disfatta
del Pd nella sua ultima roccaforte. Il simul stabunt simul cadent che unisce le
elezioni del 26 gennaio ai destini del governo giallorosso non può non
interessare il fondatore dell’Ulivo, il cui nome circola sempre più
insistentemente come possibile successore di Mattarella.
In conclusione, si può affermare che man mano che la
campagna elettorale entra nel vivo, si
accentua il tentativo di Bonaccini di trasformare queste elezioni in una sorta
di referendum sulla sua persona, come dimostra inequivocabilmente l’invito,
più volte rivolto agli elettori, di ricordarsi che è possibile servirsi del
cosiddetto “voto disgiunto”, attraverso il quale si può scegliere il candidato
presidente della sinistra, pur votando un
partito di centrodestra e viceversa. L’insistenza a utilizzare questo strumento
nasce dalla consapevolezza che in questo momento la sua coalizione è
minoritaria, rispetto al centrodestra e dunque la sua unica possibilità di
vittoria sta proprio nella sua capacità di attirare sulla sua persona i voti di
elettori leghisti o pentastellati.
Contrariamente a quanto affermato da qualche
quotidiano, infatti, il sistema elettorale emiliano-romagnolo rende
praticamente impossibile che si crei la cosiddetta condizione “dell’anatra
zoppa”, cioè di un presidente eletto senza avere la maggioranza in consiglio
regionale. Se Bonaccini riuscisse, attraverso il voto disgiunto, a prevalere
rispetto alla Borgonzoni, renderebbe vana la maggioranza politica,
eventualmente conquistata dal centrodestra, perché a essa verrebbero tolti i seggi necessari
per garantire al nuovo presidente una maggioranza assoluta nell’organo
consigliare.
L’ultima volta che un
politico ha voluto trasformare una scadenza elettorale in un referendum sulla
propria leadership (vedi Renzi con il referendum costituzionale) questa scelta
si è trasformata in un tremendo boomerang…
Vedremo se il 26 gennaio diventerà un altro 4
dicembre.
10 dicembre 2019
foto LaPresse
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