LEONARDO LUGARESI
Leggo e vedo che il papa ha fatto porre all'ingresso del palazzo apostolico
una croce in cui, al posto del Crocifisso, c'è un giubbotto salvagente.
La si può vedere qui: https://twitter.com/paoloruffini2/status/1207647571818287104/photo/1
Per quanto ne so, in duemila anni di storia del cristianesimo, i cristiani
non hanno mai avuto altra croce che la croce di Cristo e perciò non vi hanno
mai rappresentato altro che il corpo di Cristo crocifisso. Quel corpo (cioè
quella persona) non è sostituibile con nessun'altra immagine, perché quella
sofferenza e quella morte non sono equiparabili a nessun'altra sofferenza e a
nessun'altra morte, né per metonimia né per metafora. Solo quella sofferenza e
solo quella morte sono salvifiche. Solo quella sofferenza e quella morte sono
universali.
Si può e si deve certamente comprendere – come la chiesa ha sempre creduto
e affermato, con i fatti e non solo a parole (anche prima del 13 marzo 2013!) –
che nella sofferenza e nella morte di Cristo sono comprese, abbracciate e
salvate tutte le sofferenze e le morti ingiustamente patite dagli uomini, tra
cui certamente anche quelle dei migranti, ma non si può prendere una sofferenza
umana particolare, assumerla a simbolo universale e sostituirla al sacrificio
di Cristo.
Il giubbotto salvagente non è il simbolo della fede cristiana. IL giubbotto
salvagente non è un simbolo di sofferenza universale e tanto meno di salvezza
universale. Nel giubbotto salvagente, per dire solo la cosa che mi brucia di
più, non possono riconoscersi le migliaia di cristiani che ogni anno vengono
uccisi a causa della loro fede, non in mare ma sulla terra (dove il giubbotto
salvagente non serve a nulla).
È come se da quella croce lì fossero stati esclusi tutti gli altri
sofferenti, tutte le vittime e tutti i perseguitati che non sono migranti.
Posso dire che sono scandalizzato?
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