Come fare a cambiare qualcosa in un paese con un
parlamento già morto e imbalsamato per legge? Per giunta in un sistema
irrigidito e inamovibile di potentati comunque saldamente insediati nelle
massime istituzioni del Paese, giustizia compresa, attraverso una burocrazia
professionale che esercita il potere di
creare, giudicare e applicare le proprie
regole?
Come ha notato Claudio Risè in un recente intervento (La
Verità 3/2/2020) “ parrebbe che la prima mossa
consista nello stare alla larga dalle categorie che il sistema propone ogni
giorno: dal fascismo/antifascismo a
odio/accoglienza, paura/serenità e via vagheggiando da un concetto all'altro,
tutti rigorosamente astratti, mai verificati nella realtà.”
Oggi, continua Risè, “nelle «democrazie totalitarie»
(come la nostra oggi) si usa (pericolosamente) rimandare il più
possibile le elezioni nazionali, anche quando è chiarissimo che il Paese ha
cambiato completamente idea. Come, appunto, accade in Italia dove quello che
due anni fa era il primo partito oggi è
ridotto a un decimo di ciò che fu, ma i parlamentari rimangono su.
Prima o poi le elezioni, comunque, arriveranno e bisogna
arrivarci né con la “cupola” né con i dignitari bolliti dei partiti ma con la
gente della strada. Per farlo però occorre allora lasciare al progressismo
vaneggiante il dibattito isterico, con le sue smorfie da emoticon al posto di
sentimenti e conoscenze autentiche, e riprendere
le vecchie categorie-basa della politica, tipo: libertà/oppressione, sovranità/colonialismo,
democrazia/autoritarismo, lavoro/disoccupazione, sicurezza/rischio,
proprietà-esproprio. Cose vere, non soap opere da cervelli e social in crisi
di idee e sradicati dal mondo.
I «progressisti» non vogliono parlare delle cose reali
perché da tempo non sanno più che pesci pigliare (sardine a parte).”
Senza una visione del mondo e programmi d'azione da essa ispirati, il
progressismo delle vecchie sinistre ha
finito col dedicarsi alla «decostruzione»,
lo smontaggio della realtà esistente che da sempre attrae le società
decadenti.
“La pratica preferita, spiega Risè, diventa allora la character assassination, la diffamazione e produzione
di odio verso il «capro espiatorio», la vittima designata per fregare gli
avversari, come accaduto in Italia negli anni passati con Silvio Berlusconi,
e oggi con la mostrificazione di Matteo Salvini.
Sul piano programmatico poi le iniziative decostruttive demoliscono ciò che c'è e funziona. Innanzitutto lo stesso corpo della società,
attraverso una politica di immigrazione
dequalificata e incontrollata, abbandonata alle mani delle mafie sia nel
trasporto che all'arrivo, e lasciata poi operare in attività altamente distruttive verso
la popolazione come lo spaccio, di cui una serie di norme garantiste (più
volte denunciate dalle forze di polizia) impedisce poi la punizione. Anche il
diritto viene fatto a pezzi, come quando Nicola Zingaretti riserva il 10% degli alloggi popolari a chi li occupa illegalmente.
La
decostruzione dell'esistente (il dissolvimento della società) si realizza poi demolendo direttamente le strutture dove
si forma l'affettività. A partire dalla famiglia: Bibbiano è solo
l'ultimo esempio della politica anaffettiva perseguita da decenni su tutto il
territorio nazionale. Dunque bambini allo Stato dall'asilo nido in poi:
programma Bonaccini. Si
continua poi con costumi, linguaggio e sessualità, stili di vita e libertà di
espressione (che viene ridotta e manipolata). Si tratta di campi ormai codificati
e delegati
alle normative e iniziative Lgbt, e gradualmente integrati in pratiche, norme e leggi confusive, repressive e
devastanti, in particolare verso i minori. “
Reagire con
programmi autentici e reali alla demolizione di un'intera società tocca quindi ai conservatori, cioè a quelli che si impegnano a rafforzare e far crescere
ciò che vive, invece di indebolirlo e distruggerlo. È il loro compito, da dovunque essi provengano
sinistra, destra o centro (termini oggi non più così significativi).
Gli Stati più vivaci e vitali sono fatti da culture,
terre, tradizioni, storie, vocazioni diverse, e non c'è ragione al mondo di non
valorizzarle, alleggerendo così tutti dal peso e costo di amministrazioni europee,
elefantiache, lontane dai territori, elitarie
e che gestiscono il potere per conto proprio. Realismo, autonomie,
alleggerimento burocratico e mobilitazione delle risorse più profonde:
quelle delle ricche diversità che ci sono già nel Paese.
Una politica delle cose e delle persone, altrimenti dimenticate da un parlamento
mummificato.
A Roma, nei saloni del Grand Hotel Plaza, tra il 3 il 4 febbraio scorsi, si è svolto l’evento “National Conservative Conference”, organizzato dalla Edmund Burke Foundation, in collaborazione con il think thank – presieduto dall’editore Francesco Giubilei – Nazione Futura.
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