Ci siamo già occupati del libro di Chantal Delsol (https://crocevia-adhoc.blogspot.com/2022/11/la-fine-della-cristianita-e-il-ritorno.html)
Riprendiamo qui una parte del libro dal blog
di Sandro Magister
Il dio Pan è tornato. Riti, morale e dottrina della nuova religione della natura – Settimo Cielo - Blog - L’Espresso (repubblica.it)
L’ECOLOGIA COME RELIGIONE COMUNE
di Chantal Delsol
In questo inizio del XXI secolo, la corrente
filosofica più affermata e attraente è una forma di cosmoteismo legato alla
difesa della natura. I nostri contemporanei occidentali non credono più in un
aldilà o in una trascendenza. Il senso della vita va trovato in questa vita
stessa e non al di sopra di essa, dove non c’è nulla. Il sacro si trova qui:
nei paesaggi, nella vita della terra e negli stessi esseri umani. Si è prodotta
una “antropologia monista”, che si avvicina all’antico animismo. Per
l’ecologismo odierno non c’è più alcuna separazione essenziale tra l’uomo e gli
altri esseri viventi, né tra l’uomo e tutta la natura, che egli semplicemente
abita, senza dominarla con una qualsiasi superiorità.
Per il monoteista, l’uomo si sente straniero in questo
mondo immanente e aspira all’altro mondo, ed è proprio questo, ad esempio, che
Nietzsche rimproverava ai cristiani. Per il cosmoteista, invece, il mondo è una
dimora tutta sua, nel senso pieno del termine. Vuole abitare questo mondo come
cittadino a pieno titolo, e non più come quello straniero di passaggio, quel
cristiano descritto dall’anonimo autore della Lettera a Diogneto. Vuole vivere
in un mondo autosufficiente che abbia in sé il suo significato, in altre
parole: un mondo incantato, il cui incanto sta al suo interno e non in un
aldilà angosciante e ipotetico.
L’uomo postmoderno vuole abolire le distinzioni, il
suo aggettivo preferito è “inclusivo”. E il cosmoteismo gli si addice perché
cancella il vecchio dualismo tipico del giudeo-cristianesimo. Sente l’esigenza
di sfuggire alle contraddizioni tra il falso e il vero, tra Dio e il mondo, tra
la fede e la ragione. Invece di esiliare Dio fuori del mondo, lo richiama qui e
si riappropria del sacro. Per Odo Marquard, filosofo tedesco contemporaneo, il
fiato corto del monoteismo offre una possibilità al politeismo di tornare al
centro della scena, attraverso il ritorno di miti plurali. Il ritorno al
politeismo viene da lui descritto come un’emancipazione dalla verità esclusiva,
una libertà completa data al regno delle narrazioni e la fine dell’escatologia
della salvezza.
L’ecologia oggi è una religione, una credenza. Non
perché l’attuale problema ecologico non debba essere considerato come
scientificamente dimostrato; ma perché queste certezze scientifiche sul clima e
sull’ecologia producono convinzioni e certezze irrazionali, che sono in realtà
credenze religiose, dotate di tutte le manifestazioni della religione.
Oggi l’ecologia è diventata una liturgia: è
impossibile ometterne la celebrazione, in un modo o nell’altro, in qualsiasi
discorso o frammento di discorso. È un catechismo: lo si insegna ai bambini a
partire dalla scuola materna e in modo ripetitivo, per aiutarli ad acquisire le
buone abitudini di pensiero e di azione. È un dogma consensuale: chi pone delle
questioni al riguardo, o chi solleva il minimo dubbio, è considerato come un
pazzo o un malfattore. Ma soprattutto – e questo è il chiaro segno di una credenza
e non certo di una scienza razionale – la passione per la natura fa accettare
tutto ciò che era rifiutato dall’onnipotente individualismo: la responsabilità
personale, il debito imposto verso i discendenti, i doveri verso la comunità. È
quindi in nome di questa religione immanente e pagana che reintegriamo tutte le
dimensioni indispensabili dell’esistenza, che prima erano assunte e coltivate
dal cristianesimo.
Al di là della necessaria tutela dell’ambiente, troppo
a lungo trascurata dall’era industriale, il pensiero ecologico sviluppa una
vera e propria filosofia di vita. Non rimane al livello della difesa
dell’ambiente. C’è una ragione ben precisa di questo fatto. Abbiamo tutta una
tradizione cristiana di difesa della natura, da san Francesco o santa Ildegarda
di Bingen fino, ai giorni nostri, al “filosofo contadino” Gustave Thibon. In
questa tradizione, la natura è considerata come una creatura divina e come tale
protetta; la difesa della natura si inserisce all’interno della fede nella
trascendenza e di un umanesimo che pone l’uomo al centro. Ma quando la
cristianità svanisce, e con essa la trascendenza, è inevitabile che il sacro
riappaia in una forma o nell’altra. Nel momento in cui la difesa dell’ambiente
si afferma come un dovere urgente ed evidente, la natura si vede allora
sacralizzata, cioè messa al riparo, stabilita al di sopra, resa inviolabile.
La nuova religione ecologica è una forma di panteismo
postmoderno. La natura diventa oggetto di un culto, più o meno evidente. La
madre terra diventa una specie di dea pagana, e non solo tra gli indigeni
boliviani, anche tra gli europei. Tanto che papa Francesco parla oggi di
“nostra madre terra”, in senso cristiano ovviamente, ma lasciando aperta
l’ambiguità che permette il legame con le credenze contemporanee. I nostri
contemporanei difendono in tutte le sue forme la natura snaturata dall’uomo,
così come non esitano ad abbracciare gli alberi. Siamo in una fase in cui, nel
vasto campo aperto dalla cancellazione del cristianesimo, nuove credenze si
affacciano: e soprattutto il panteismo che traduce in religione la difesa
dell’ambiente.
I cristiani di oggi, sconvolti dalla caduta della loro
influenza, tendono a sostenere che ogni moralità scomparirà con la
cancellazione del monoteismo. Ma ciò significa disconoscere la storia. Le
morali e le religioni non nascono assieme, e non sono le religioni a generare
le morali, fino all’avvento del giudeo-cristianesimo. Nei mondi antichi,
politeisti, la morale viene dalla società e ha un’origine tutta umana: derivata
dai costumi, dalle tradizioni. La religione è di un altro ordine. Gli dei
esigono sacrifici e generano riti. Le norme morali richiedono obbedienza. Tra i
popoli politeisti, è lo Stato ad essere il custode della morale. Incredibile e
nuovo è lo spettacolo di Mosè che scende dal monte con le tavole della legge:
qui sì per la prima volta la morale viene da Dio.
Ma all’inizio del XXI secolo la Chiesa abbandona il
suo ruolo di custode delle norme morali e quest’ultimo passa di nuovo allo
Stato. La molteplicità di credenze morali e religiose che abitano i nostri
Paesi – ben visibili attraverso la diversità rappresentata nei comitati etici –
porta necessariamente a un’amplificazione del ruolo del potere politico.
Quest’ultimo, rappresentato dalle sue élite tanto consapevoli quanto attive,
torna ad essere il custode della morale quale era stato prima del lungo periodo
di cristianità.
Oggi gli occidentali non vogliono più che questa
tutela sia assicurata dalle religioni, dai chierici. Preferiscono quella
autorità neutra che è lo Stato, che sono le élite istituzionali o di influenza.
Questo è il motivo per cui oggi il “mainstream” ufficiale si assume il diritto
di proteggere la morale e di impedirne le deviazioni, nonché di ostracizzare i
devianti. I conduttori dei talk show sono le sentinelle e talvolta i cerberi
della morale comune. Non necessariamente i produttori, perché la morale
proviene da molte fonti, ma le sentinelle, coloro che vigilano sulla sua
esecuzione. Hanno assunto il ruolo che svolgevano i vescovi ancora mezzo secolo
fa.
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