La capacità di risposta alla crisi economica,
energetica e geopolitica, la costruzione di una forza strutturata e insieme
aperta alla società civile saranno il banco di prova per Giorgia Meloni
L’ottobrata romana 2022 ha veramente
decretato la fine dell’era berlusconiana? Il segnale di forza lanciato da
Giorgia Meloni nei giorni precedenti le consultazioni quirinalizie per la
composizione del nuovo governo ha posto con chiarezza la questione della
chiusura di un’epoca iniziata con la discesa in campo di Silvio Berlusconi nel
1994.
La durezza dello
scontro tra il vecchio leader e la giovane contendente
svela la vera posta in gioco, che va oltre qualche posto di governo. Un
passaggio di consegne che, come spesso avviene in politica, si consuma dentro una
frattura.
Annoverare gli indubbi meriti di
Berlusconi non è difficile. La svolta liberale, fatta dall’incontro tra culture
diverse (socialiste, riformiste, cattoliche), ha messo le basi per la creazione
ex nihilo del centrodestra italiano dopo gli anni di Tangentopoli e per il suo
collocamento euro-atlantico tramite il perno di Forza Italia inserito nel
Partito popolare europeo. Svolta che ha fermato il pericolo comunista e aperto
una cornice di alleanze che ancora oggi regge il passare dei decenni. Il
liberalismo berlusconiano si è innervato di sussidiarietà, di attenzione alle
piccole e medie imprese, di creazione di un contropotere nelle istituzioni. Il
suo euro-atlantismo ha riscoperto la via democristiana e socialista di un
rapporto costruttivo con il Mediterraneo e con l’Est Europa, sognando perfino
una Russia europeizzata. Il rapporto con il mondo cattolico ha trovato
nell’intelligenza ruiniana una sponda creativa e organizzatrice che ha permesso
una via italiana – purtroppo finita anzitempo – alla questione religiosa.
Quando si è rotta la catena di
trasmissione di tutto ciò? L’evento periodizzante che sancisce la volontà del
padre politico Berlusconi di non lasciare alcuna eredità ai figli data con
l’annullamento delle primarie del Popolo della libertà, partito nato per
riunire e sintetizzare le grandi famiglie di Forza Italia e Alleanza nazionale.
Andare a rileggere oggi le cronache di
fine 2012 può risultare veramente istruttivo. Angelino Alfano e Giorgia Meloni,
i due principali contendenti di quelle primarie mai consumate, hanno infatti in
vario modo provato a cogliere il lascito di Berlusconi abbandonando il Pdl e
fondando due nuovi partiti. Il Nuovo Centrodestra, tentativo giusto e
coraggioso, ha avuto vita breve mentre Fratelli d’Italia ha registrato una
lenta ma costante crescita che oggi riporta il centrodestra unito al governo,
la prima volta senza la guida di Silvio Berlusconi.
Non c’è
solo il capitano
Passati dieci anni dalla disputa
ereditaria, si chiude un’epoca e se ne apre un’altra, che salva tante cose di
quella stagione e pone all’orizzonte alcune novità.
Due
su tutte: da un lato, il ritorno alla centralità del partito come luogo di vita
politica e, dall’altro, il conservatorismo come schema ordinativo della scena
pubblica e come cultura riassuntiva di storie diverse.
Il movimentismo berlusconiano, che ci ha lasciato in eredità la centralità del leader come motore dell’azione politica, va corretto con una forma partito che tenga insieme pensiero, azione e composizione degli interessi di fronte alla complessità della realtà sociale ed economica.
Il conservatorismo, invece, lavorando a specchio con il
progressismo, indirizza il campo politico verso una nuova stagione bipolare. A
destra chi guarda alla bellezza del presente come frutto di una tradizione
senza scordare la necessità del cambiamento, a sinistra chi rimanda
continuamente al futuro l’attesa di un bene oggi assente.
La
capacità di risposta del governo alla crisi economica, energetica e
geopolitica, la definizione
di un conservatorismo mediterraneo e la costruzione di un
partito strutturato e, al tempo stesso, aperto alla società civile saranno il
banco di prova per Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. Guardando a quanto
accaduto finora, possiamo ben sperare.
Lorenzo Malagola è deputato
FDI e segretario della Commissione Lavoro della Camera
Tratto da TEMPI
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