sabato 12 novembre 2022

“LA FINE DELLA CRISTIANITÀ E IL RITORNO DEL PAGANESIMO”,

L’Editore Cantagalli ha pubblicato questo  libro di Chantal Delsol, “La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo”,

Il futuro dell’Occidente è pagano. Siamo in un declino da spossatezza, barbarie e cancel culture. Sedici secoli di cristianesimo stanno per finire e oggi siamo testimoni di un’inversione normativa e filosofica che inaugura una nuova era; un’era che non sarà atea o nichilista, come molti credono, ma pagana. La cristianità ha esaurito il suo tempo lasciando spazio a nuove religioni, ad un politeismo che venera gli alberi, la terra, le balene. La transizione è brutale, difficile da accettare per i difensori di un’epoca in via di estinzione.

Dovremmo rimpiangere i tempi passati quando il divorzio era proibito come così l’istruzione superiore delle ragazze? Dobbiamo vivere nella speranza che la cristianità risorga dalle sue ceneri affermando la sua forza morale? Chi vive in questa malinconica nostalgia è già stato cancellato da un mondo che, nel bene o nel male, ormai è cambiato radicalmente.

Il grande Pan è tornato. Il cristianesimo deve inventarsi un altro modo per sopravvivere. Quello del semplice testimone. Dell’agente segreto di Dio.

Dalla Presentazione


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La grande filosofa francese con coraggio e decisione sentenzia senza troppi giri di parole la fine della Cristianità, della Civiltà che per quasi due millenni ha intriso l’occidente. Riecheggiano in questo libro le parole di J. Ratzinger/Benedetto XVI che affida la custodia e la memoria della Cristianità a minoranze creative, che la Delsol non esita a chiamare “testimoni”, agenti segreti di Dio.
L’analisi della Delsol è sferzante quasi cinica, scevra di quella nostalgia che offusca il giudizio e l’analisi dei fatti e della storia. Pensare, come in molti fanno, ad un risorgere della Civiltà cristiana (“dei bei tempi che non ritornano più”) è utopistico e non funzionale alla bellezza e alla forza del Cristianesimo.

L’autrice prende atto di un dato di fatto: la cristianità è definitivamente tramontata e soppiantata, non dall’ateismo o dal nichilismo, ma da un nuovo paganesimo che venera qualsiasi astrazione iconica dei valori promossi dalla Cristianità. Così sorge una nuova religione ove vengono venerate le piante, gli animali, l’uomo, la tecnica, il progresso etc. che rappresentano immagini sbiadite di quei valori “cristiani” che sono stati prima atomizzati e separati dalla fede grazie ad una crociata anticristiana cruenta ed ineludibile, poi riciclati in una nuova religione che non ha una tradizione e si autoalimenta.
Un modo di vivere è finito e l’autrice descrive “la storia di una sconfitta ove tutto è stato aspramente difeso e nulla si è salvato, la storia di una concreta agonia, di un duello all’ultimo sangue perso in anticipo”.
Una fiammella è rimasta accesa, si muove flebilmente nel buio in attesa che un cuore ed una mente pacificata, affrancata dai rancori del passato, alimenti di nuovo una fiamma che illumini il futuro dell’umanità e del mondo.»

Non sappiamo quello che accadrà nella storia, anche se sappiamo con certezza che "La Chiesa è eterna per i cattolici: ci sarà sempre un gruppo di fedeli, sia pure sparuto, a costituirla".
Ma la cristianità è qualcosa di completamente diverso. Si tratta della civiltà ispirata, ordinata, guidata dalla Chiesa.
Sotto questo aspetto possiamo dire che la cristianità è durata sedici secoli, dalla battaglia del fiume Frigido, vicino a Gorizia, nel 394( ultimo tentativo di restaurazione del paganesimo in occidente, dove Flavio Eugenio fu sconfitto e ucciso da Teodosio imperatore d’oriente), fino alla seconda metà del XX secolo, con il successo dei sostenitori dell’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Le cosiddette riforme sociali sono essenziali per capire l’inizio e la fine. Infatti questa è davvero una civiltà, in altre parole: un certo modo di vivere, una visione dei confini tra il bene e il male.»

Come pure sappiamo che «La sintesi tra cultura e fede non è solo un’esigenza della cultura, ma anche della fede... Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta» (Giovanni Paolo II, «Discorso ai partecipanti al Congresso Nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale»)

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Credo che questo testo vada letto insieme a queste straordinarie riflessioni di 
Mons. Giussani che, negli anni del suo insegnamento e nella guida del Movimento di Comunione e Liberazione, così si esprimeva:

«La novità è la presenza come consapevolezza di portare “addosso” qualcosa di definitivo - un giudizio definitivo sul mondo, la verità del mondo e dell’umano -, che si esprime nella nostra unità. La novità è la presenza come consapevolezza che la nostra unità è lo strumento per la rinascita e per la liberazione del mondo.
La novità è la presenza di questo avvenimento di affezione nuova e di nuova umanità, è la presenza di questo inizio del mondo nuovo che noi siamo. La novità non è l’avanguardia, ma il Resto d’Israele, l’unità di coloro per i quali ciò che è accaduto è tutto e che aspettano solo il manifestarsi della promessa, il realizzarsi di quello che è dentro l’accaduto.
La novità non è, dunque, un futuro da perseguire, non è un progetto culturale, sociale e politico: la novità è la presenza. Ed essere presenza non vuol dire non esprimersi: anche la presenza è un’espressività.
L’utopia ha come modalità di espressione il discorso, il progetto e la ricerca ansiosa di strumenti e di forme organizzative. La presenza ha come modalità di espressione un’amicizia operante, gesti di una soggettività diversa che si pone dentro tutto, usando di tutto (i banchi, lo studio, il tentativo di riforma dell’università, eccetera), e che risultano prima di tutto gesti di umanità reale, cioè di carità. Non si costruisce una realtà nuova con dei discorsi o dei progetti organizzativi, ma vivendo gesti di umanità nuova nel presente (certo, gesto di carità deve diventare anche, per esempio, il tentativo di mandare ai Consigli di facoltà e di amministrazione della gente che aiuti tutti umanamente, e non degli avventurieri della politica o degli inetti, eccetera).
Insomma, cedendo alla tentazione dell’utopia facciamo concorrenza agli altri, al loro stesso livello e ultimamente con gli stessi metodi; nell’essere presenza, invece, si sviluppa una capacità critica, la capacità cioè di ricondurre tutto all’esperienza di comunione che viviamo, al senso del Mistero che ha fatto irruzione nella nostra vita, al senso della Realtà liberatrice che abbiamo incontrato.»

Chantal Delsol (Parigi 1947) filosofa, scrittrice, docente di filosofia politica, autorevole protagonista del mondo intellettuale francese. Editorialista di «Le Figaro», è membro della Académie des Sciences morales et politiques dell’Institut de France. Autrice di importanti opere tradotte in diverse lingue, tra le quali ricordiamo:  Éloge de la singularité, essai sur la modernité tardive (2000), premio Raymond-de-Boyer-de-Sainte-Suzanne dell’Accademia francese, trad. it. Elogio della singolarità. Saggio sulla modernità tardiva.

copia e incolla: https://www.edizionicantagalli.com/wp-content/uploads/2022/06/Estratto-Delsol-La-fine-della-cristianit%C3%A0.pdf


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