sabato 29 aprile 2023

CHE BELLO COSTRUIRE UN’EUROPA CENTRATA SULLA PERSONA UMANA E I SUOI POPOLI, DOVE VI SIANO POLITICHE EFFETTIVE PER LA NATALITÀ E LA FAMIGLIA

 PAPA FRANCESCO A BUDAPEST


Penso dunque a un’Europa che (…) non si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, (…) È questa la via nefasta delle “colonizzazioni ideologiche”, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura gender, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta.

INCONTRO CON LE AUTORITÀ, CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Ex Monastero Carmelitano (Budapest)
Venerdì, 28 aprile 2023

(…)

1. Città di storia. Questa capitale ha origini antiche, come testimoniano i resti di epoca celtica e romana. Il suo splendore ci riporta però alla modernità, quando fu capitale dell’Impero austro-ungarico lungo quel periodo di pace noto come belle époque, che si estese dagli anni della sua fondazione fino alla prima guerra mondiale. Sorta in tempo di pace, ha conosciuto dolorosi conflitti: non solo invasioni di tempi lontani ma, nello scorso secolo, violenze e oppressioni provocate dalle dittature nazista e comunista – come scordare il 1956? E, durante la seconda guerra mondiale, la deportazione di decine e decine di migliaia di abitanti, con la restante popolazione di origine ebraica rinchiusa nel ghetto e sottoposta a numerosi eccidi. In tale contesto ci sono stati molti giusti valorosi – penso al Nunzio Angelo Rotta, per esempio –, tanta resilienza e grande impegno nel ricostruire, così che Budapest oggi è una delle città europee con la maggior percentuale di popolazione ebraica, centro di un Paese che conosce il valore della libertà e che, dopo aver pagato un alto prezzo alle dittature, porta in sé la missione di custodire il tesoro della democrazia e il sogno della pace. (…)

2. Budapest è città di ponti. Vista dall’alto, “la perla del Danubio” mostra la sua peculiarità proprio grazie ai ponti che ne uniscono le parti, armonizzandone la configurazione a quella del grande fiume. Quest’armonia con l’ambiente mi porta a complimentarmi per la cura ecologica che questo Paese persegue con grande impegno. Ma i ponti, che congiungono realtà diverse, suggeriscono pure di riflettere sull’importanza di un’unità che non significhi uniformità. A Budapest ciò emerge dalla notevole varietà delle circoscrizioni che la compongono, più di venti. Anche l’Europa dei ventisette, costruita per creare ponti tra le nazioni, necessita del contributo di tutti senza sminuire la singolarità di alcuno. Al riguardo un padre fondatore preconizzava: «L’Europa esisterà e nulla sarà perduto di quanto fece la gloria e la felicità di ogni nazione. È proprio in una società più vasta, in un’armonia più potente, che l’individuo può affermarsi» (Intervento cit.). C’è bisogno di questa armonia: di un insieme che non appiattisca le parti e di parti che si sentano ben integrate nell’insieme, ma conservando la propria identità. È significativo in proposito quanto afferma la Costituzione ungherese: «La libertà individuale può svilupparsi solo nella collaborazione con gli altri»; e ancora: «Riteniamo che la nostra cultura nazionale sia un ricco contributo alla multicolore unità europea».

Penso dunque a un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali, ma che nemmeno si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli. È questa la via nefasta delle “colonizzazioni ideologiche”, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura gender, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta. Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia – abbiamo Paesi in Europa con l’età media di 46-48 anni –, perseguite con attenzione in questo Paese, dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno. Il ponte più celebre di Budapest, quello delle catene, ci aiuta a immaginare un’Europa simile, formata da tanti grandi anelli diversi, che trovano la propria saldezza nel formare insieme solidi legami. In ciò la fede cristiana è di aiuto e l’Ungheria può fare da “pontiere”, avvalendosi del suo specifico carattere ecumenico: qui diverse Confessioni convivono senza antagonismi – ricordo la riunione che ho avuto con loro un anno e mezzo fa –, collaborando rispettosamente, con spirito costruttivo. Con la mente e il cuore mi dirigo all’Abbazia di Pannonhalma, uno dei grandi monumenti spirituali di questo Paese, luogo di preghiera e ponte di fraternità.

3. E questo mi porta a considerare l’ultimo aspetto: Budapest città di santi – la Signora Presidente ha parlato di Santa Elisabetta –, come ci suggerisce anche il nuovo quadro posto in questa sala. Il pensiero non può che andare a Santo Stefano, primo re d’Ungheria, vissuto in un’epoca nella quale i cristiani in Europa erano in piena comunione; la sua statua, all’interno del Castello di Buda, sovrasta e protegge la città, mentre la Basilica dedicatagli nel cuore della Capitale è, insieme con

Santo Stefano Re
quella di Esztergom, l’edificio religioso più imponente del Paese. Dunque la storia ungherese nasce segnata dalla santità, e non solo di un re, bensì di un’intera famiglia: sua moglie, la Beata Gisella, e il figlio sant’Emerico. Questi ricevette dal padre alcune raccomandazioni, che costituiscono una sorta di testamento per il popolo magiaro. Oggi mi hanno promesso di regalarmi il tomo, lo aspetto! Vi leggiamo parole molto attuali: «Ti raccomando di essere gentile non solo verso la tua famiglia e parentela, o con i potenti e i benestanti, o con il tuo prossimo e con i tuoi abitanti, ma anche con gli stranieri». Santo Stefano motiva tutto ciò con genuino spirito cristiano, scrivendo: «È la pratica dell’amore che conduce alla felicità suprema». E chiosa dicendo: «Sii mite per non combattere mai la verità» (Ammonimenti, X). In tal modo coniuga inseparabilmente verità e mitezza. È un grande insegnamento di fede: i valori cristiani non possono essere testimoniati attraverso rigidità e chiusure, perché la verità di Cristo comporta mitezza, comporta gentilezza, nello spirito delle Beatitudini. Si radica qui quella bontà popolare ungherese, rivelata da certe espressioni del parlare comune, come ad esempio: “jónak lenni jó” [è bene essere buoni] e “jobb adni mint kapni” [è meglio dare che ricevere]. (…)

Distinte Autorità, vorrei ringraziarvi per la promozione delle opere caritative ed educative ispirate da tali valori e nelle quali s’impegna la compagine cattolica locale, così come per il sostegno concreto a tanti cristiani provati nel mondo, specialmente in Siria e in Libano. È feconda una proficua collaborazione tra Stato e Chiesa che, per essere tale, necessita però di ben salvaguardare le opportune distinzioni. È importante che ogni cristiano lo ricordi, tenendo come punto di riferimento il Vangelo, per aderire alle scelte libere e liberanti di Gesù e non prestarsi a una sorta di collateralismo con le logiche del potere. Fa bene, da questo punto di vista, una sana laicità, che non scada nel laicismo diffuso, il quale si mostra allergico ad ogni aspetto sacro per poi immolarsi sugli altari del profitto. Chi si professa cristiano, accompagnato dai testimoni della fede, è chiamato principalmente a testimoniare e a camminare con tutti, coltivando un umanesimo ispirato dal Vangelo e instradato su due binari fondamentali: riconoscersi figli amati del Padre e amare ciascuno come fratello. (…)

Non è possibile citare tutti i grandi confessori della fede della Pannonia Sacra, ma vorrei almeno menzionare san Ladislao e santa Margherita, e fare riferimento a certe maestose figure del secolo scorso, come il Card. József Mindszenty, i Beati Vescovi martiri Vilmos Apor e Zoltán Meszlényi, il Beato László Batthyány-Strattmann. Sono, insieme a tanti giusti di vari credo, padri e madri della vostra Patria. A loro vorrei affidare l’avvenire di questo Paese, a me tanto caro. E mentre vi ringrazio per aver ascoltato quanto avevo in animo di condividere – vi ringrazio per la vostra pazienza –, assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera per tutti gli ungheresi, e lo faccio con un pensiero speciale per quelli che vivono al di fuori della Patria e per quanti ho incontrato nella vita e mi hanno fatto tanto bene. Penso alla comunità religiosa ungherese che ho assistito a Buenos Aires. Isten, áldd meg a magyart! [Dio, benedici gli ungheresi!]

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https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/april/documents/20230428-ungheria-autorita.html


 

 

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