martedì 30 aprile 2024

IL“SOGNO” EUROPEO NON DIVENTI EUROPEISMO IDEOLOGICO.

  Elezioni europee ed ideologia europeista Intervista al vescovo Giampaolo Crepaldi

Mons. Giampaolo Crepaldi
Anche il premier Giorgia Meloni sarà in lista per le prossime europee, come tutti gli altri big politici italiani. L’aria che tira sembra dire l’importanza di questa tornata elettorale non solo per le ripercussioni nazionali del voto, ma proprio per l’Europa. In questa intervista monsignor Giampaolo Crepaldi, vescovo emerito di Trieste, che in passato aveva a lungo guidato la commissione Caritas in veritate della CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa), mette però in guardia dal “sogno” europeo che diventa europeismo ideologico.

 
L’8 giugno prossimo si terranno le elezioni del parlamento dell’Unione Europea. Ci sono molti motivi per pensare che questa volta saranno importanti, é d’accordo?
Certamente rimane il dubbio sull’affluenza alle urne, che in passato non è stata mai molto alta. Valutando però i problemi sul tappeto, credo che questa tornata elettorale abbia un’importanza senz’altro superiore ad altre del passato. L’Unione Europea, di recente, non ha dato una gran prova di sé. Molti avevano segnalato i gravi difetti del Green Deal europeo, ma non sono stati ascoltati. Le politiche di transizione climatica ed energetica sono state centralistiche, costose, inefficaci ed illusorie, suscitando reazioni di rigetto. Il recente voto del parlamento sull’aborto come diritto umano ha evidenziato il controllo del parlamento stesso da parte di una ideologia distruttiva e senza speranza. Le intromissioni delle istituzioni dell’Unione nelle elezioni politiche in Polonia e le forzature rispetto alle decisioni del governo dell’Ungheria, nazione che viene spesso trattata come “aliena” rispetto all’Unione, sono alcuni aspetti di una situazione di evidente crisi. A ciò si aggiunga un considerevole fallimento in politica estera.

Prevede cambiamenti di notevole portata nella composizione del parlamento europeo o piccoli ritocchi?
Di recente ci sono stati in alcuni Paesi europei esiti elettorali fortemente contrari a questa Unione Europea. Mi riferisco alle elezioni in alcuni lander tedeschi e soprattutto in Olanda. Su questa tendenza, qualche osservatore valuta addirittura uno spostamento di un centinaio di seggi nel prossimo parlamento europeo. Difficile però fare previsioni. Mi limito ad osservare solo che ci sarà probabilmente una polarizzazione della composizione del parlamento, segno che il futuro dell’Unione Europea non sarà un percorso facile, ma piuttosto combattuto. Questa polarizzazione riguarderà soprattutto questo aspetto: frenare o addirittura ridurre il trasferimento di sovranità degli Stati o, al contrario, accelerare l’unificazione?

Nei giorni scorsi Mario Draghi ha anticipato alcuni contenuti del Rapporto da lui stilato su incarico della Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Layen. Come li valuta?
Penso che Mario Draghi non parli solo a titolo personale, ma anche a nome di vari circoli di potere, finanziario, economico e politico, con cui è collegato. Il suo intervento va quindi valutato con attenzione. Mi sembra che si collochi nella prospettiva di un veloce e deciso rafforzamento dell’Unione con la prospettiva della nascita di uno Stato centrale, la creazione di un debito comune, un riarmo europeo e la prosecuzione nella transizione ambientalista e digitale. Egli ha parlato della necessità di una “svolta”, ma mi sembra che la sua proposta sia in continuità con le tendenze attuali, che egli vorrebbe radicalizzare e velocizzare andando verso un nuovo “sovranismo” europeo.

Cosa direbbe la Dottrina sociale della Chiesa a questo proposito?
Chi volesse rifarsi ai principi della Dottrina sociale della Chiesa dovrebbe valutare molto criticamente obiettivi simili. Il progetto annullerebbe le comunità naturali, dalla famiglia alle comunità locali fino alle nazioni, e creerebbe un super-Stato ancora più lontano da cittadini e comunità organiche di quanto siano oggi le istituzioni dell’Unione. Il proseguimento delle transizioni attuali in mano ad un simile Leviatano potrebbe creare un sistema centralizzato di controllo della popolazione con pericoli per la stessa libertà, tanto, e perfino eccessivamente, proposta dalle democrazie europee come il loro principale valore. Senza contare che il finanziamento delle transizioni green e digitale richiederebbe immense risorse e interventi invadenti il diritto alla proprietà privata. I temi che ora rimangono – almeno formalmente – a carico degli Stati diventerebbero di competenza centrale e, per fare un esempio, in campo educativo si potrebbe assistere ad una “pedagogia delle masse”, come alcuni esperti la chiamano, governata dal potere centrale. Una specie di appiattimento e di omologazione delle menti dei cittadini all’europeismo come ideologia.

Mi sembra di capire che lei è più favorevole all’altra linea, quella del raffreddamento dei processi unitari.
Credo che in questo momento sarebbe più opportuno un rallentamento dei processi unitari, una valutazione del percorso finora attuato, una riscoperta culturale di quanto è essenziale all’Europa e che finora l’unificazione dell’Unione Europea ha perduto o trascurato. C’è bisogno di fermare la corsa e di pensare di più.

Si riferisce anche alle radici cristiane?
Mi riferisco a tante cose, alle radici cristiane, alla famiglia, alla conservazione delle culture nazionali, alla dislocazione sussidiaria del potere politico, al governo delle migrazioni che l’Unione non è riuscita nemmeno ad impostare, al valore delle tradizioni, alle libertà gestite dal basso, all’autoorganizzazione delle comunità locali, alla conservazione di tante identità andate perdute senza che nessuno sappia dire perché, fino ad una più calibrata riflessione di tipo geo-strategico.
Quanto alle radici cristiane mi permetta di fare un paio di osservazioni. La cultura dell’Unione Europea è sostanzialmente atea e anticristiana, nascosta dietro il principio della libertà religiosa. Riconosciuto questo, però, bisogna anche dire che una rivalutazione del cristianesimo non potrà avvenire per mortivi “storici”, ossia solo perché esso fa parte del nostro passato. Non è un motivo sufficiente, perché chiunque potrà dire che quel passato è ormai passato. Dovrà fondarsi sulla “verità” della religione cristiana, ossia su una nuova consapevolezza che la vita politica europea ne ha bisogno per essere a sua volta vera.

Qui però si pone la responsabilità della Chiesa cattolica…
Certamente, perché è soprattutto suo il compito di mostrare la verità della religione cristiana, verità che fonda la ragione ultima delle sue pretese di valere in pubblico e non solo in privato. Devo dire che su questo punto oggi si notano non poche difficoltà. La Chiesa, anche di recente, ha sostenuto che la laicità è il luogo ideale dell’incontro, del dialogo e della pace. Ma se così è, la religione cristiana diventa una delle tante istanze etiche e la Chiesa una delle tante agenzie di formazione civica. Il principio della libertà di religione non deve confliggere con la pretesa della Chiesa cattolica di avere qualcosa di proprio e di unico da dire e da fare. Il motivo del ruolo storico, pubblico, sociale e politico della Chiesa cattolica non può essere solo il diritto alla libertà religiosa. Benedetto XVI aveva approfondito questo tema, e le sue osservazioni avevano suscitato grande interesse da parte anche del pensiero laico, ma ho l’impressione che non sia stato più continuato.

Secondo lei qual è la principale carenza nella visione della Chiesa cattolica circa l’Unione Europea?
Direi che è l’accoglienza del progetto europeo come un apriori indiscutibile, comunque valido in se stesso, al quale collaborare ma senza proposte forti, senza denunciare i principali errori. Non dimentichiamo che anche l’europeismo può essere una ideologia, quando si pone al di sopra di tutto.

In un recente documento in vista delle elezioni di giugno, per esempio, i vescovi della Comece, la Commissione degli episcopati europei delle nazioni dell’Unione, si sono limitati a invitare alla partecipazione e a dire che il progetto europeista è valido e va aiutato a svilupparsi. Mi sembra troppo poco. Noto anche un’altra debolezza a proposito dei cosiddetti padri fondatori della Comunità europea poi diventata Unione Europea. La fede cattolica dei tre padri fondatori viene fin troppo esaltata, al punto da rendere cattolico tutto il processo che ne è seguito, compreso la situazione di oggi. Non è corretto impostare le cose secondo una linea forzata di continuità con un certo cattolicesimo delle origini. Inoltre ciò può mettere in ombra che alle origini dell’Unione c’è anche il Manifesto di Ventotene, di tenore ideologico molto diverso e che oggi sembra  vincente.

(a cura di Stefano Fontana)

30 APRILE 2024

https://mailchi.mp/e4e982bc7b8b/elezioni-europee-ed-ideologia-europeista-intervista-al-vescovo-giampaolo-crepaldi?e=448a8ce662

 

"CON LE VOSTRE LEGGI DEMOCRATICHE VI INVADEREMO, CON LE NOSTRE LEGGI RELIGIOSE VI DOMINEREMO"

 GIULIO MEOTTI

Erdogan, “il moderato”, lo ha detto chiaramente: “La democrazia è un tram, lo prendi fin che ti serve e poi scendi”. Qualcosa del genere staranno pensando milioni di islamici nell’Europa da cui arrivano video incredibili. C’è da avere paura, molta paura. Forse un giorno per le nostre strade fustigheranno le donne che non portano il velo?

“Il Califfato è la soluzione

Amburgo Marcia per il Califfato 28/4
”, urlano gli islamisti scesi in piazza ad Amburgo, racconta la Welt. In questa città che è anche uno stato, una città-stato che ha fra le massime concentrazioni industriali del paese, libera e anseatica secondo le antiche carte, gli islamici hanno inneggiato al Califfato, scandito “Allahu Akbar”, sventolato bandiere raffiguranti la Shahada e alzato l’indice, simbolo degli islamisti. Tutto perfettamente legale. La polizia ha affermato che “invocare l’avvento del Califfo non è un crimine”. Anche a Essen, nella Ruhr, marciano per il califfato.

È la parola del momento: califfato. Ha un suono amichevole. Come un ricordo da Mille e una notte, un luogo dove si balla e il piatto di datteri non è mai vuoto. Il califfo sarà un uomo gentile e saggio proveniente da una casa regnante perduta da tempo. Una bella favola.

Ma califfato significa sottomissione. Ci sono i musulmani e coloro che si convertono all’Islam. Chiunque vada contro l’Islam sarà ridotto in schiavitù o ucciso. Non con l’iniezione letale o sulla sedia elettrica, ma con lunghi coltelli che separano la testa dal corpo. È un culto di morte brutale. Adulterio significa lapidazione, furto significa taglio di una mano e i “fluidi”, che spopolano nelle nostre università, vengono gettate dai tetti (Isis), sepolti sotto un muro (Talebani) o appesi alle gru (Iran).

“Gli islamisti del Califfato ci ballano in faccia” scrive la Bild. “Il patetico appeasement dell'Occidente nei confronti degli estremisti islamici”, come lo definisce Ayaan Hirsi Ali. “L’immigrazione di massa su una scala senza precedenti sta trasformando la demografia delle società europee e accelerando l’islamizzazione del continente”.

I nostri tg hanno completamente ignorato la marcia islamica, preferendo l’immarcescibile adunata di Dongo.

Chi legge Corriere o Repubblica o Stampa non sa niente delle scene inquietanti di Amburgo..

E pensare che Amburgo è la città dell’11 settembre“Mohammed Atta non era un terrorista quando venne ad Amburgo” scriverà sul Guardian il suo preside, Dittmar Machule. “È diventato un fanatico mentre era qui tra noi. Ho paura che possa accadere di nuovo”. Amburgo, la più liberal delle città tedesche, era un ambiente ideale. I funzionari tedeschi diranno che erano riluttanti a prendere di mira le moschee e rischiare accuse di razzismo e islamofobia.

La storia si ripete. La Cristianità era lo scudo protettivo contro l’islamizzazione.E non a caso Amburgo è anche la città dove due terzi delle chiese dovranno essere chiuse nei prossimi anni e nella seconda più grande città tedesca ci sono già 50 moschee. La Welt (“più moschee che chiese”) rivela che le 52 moschee hanno già superato le 40 chiese cattoliche ad Amburgo.

“Un viale trafficato nel Quartiere Horn di Amburgo. 60 anni fa qui è stata edificata la Chiesa di Cafarnao: un moderno edificio in mattoni, cemento e vetro con una torre esagonale. Ora la chiesa non è più una chiesa, ma una moschea”. Lo racconta Deutschelandfunk Kultur. “Nell'atrio della chiesa di Cafarnao, le persone si riuniscono per una visita guidata del monumento. La luce entra nella sala attraverso piccole vetrate disposte a nido d'ape. La comunità musulmana ha rimosso la croce cristiana dal campanile. La scritta araba ‘Allah’ ora può essere letta in cima”.

Quando si inneggia al califfato, non si tratta di cori come negli stadi o nelle manifestazioni sindacali, ma di una minaccia in forte espansione in tutta Europa. Un oratore ad Amburgo ha annunciato che “le carte saranno rimescolate” quando il “gigante dormiente si risveglierà”.Di quale gigante parlano? E’ stato uno scrittore ebreo scampato alla Shoah, Ralph Giordano, a mettere in guardia per prima la Germania contro l’islamizzazione. “Ci siamo mai chiesti perché le moschee che crescono come funghi vengono dedicate ai conquistatori ottomani?”.

Ralph Giordano: Madre ebrea tedesca e padre siciliano, Giordano non potè finire gli studi a causa del regime di Hitler, ma fu salvato insieme al resto della famiglia da una donna di Amburgo, che li nascose in cantina. Dopo la guerra, Giordano si iscrisse al partito comunista e vi militò fino a quando decise di lasciare i compagni, pubblicando Il partito ha sempre ragione. In un articolo per la FAZ, Giordano scrisse: “Voglio poter dire che non voglio vedere burqa o chador per le strade tedesche, non più di quanto non voglio sentire le chiamate dei muezzin dai minareti. Né adatterò la mia visione della libertà di espressione a un demone che la interpreti come segue: ‘Ognuno ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione in un modo che non sia contrario alla legge della Sharia’. No e tre volte no!”.

“Ultima chance prima della sharia”, titola il nuovo numero del mensile Causeur. E poi cosa ci aspetta? Scrive Ed Husain, uno dei maggiori intellettuali musulmani del Regno Unito, consigliere di Tony Blair: “Ci aspettano mini califfati. Ci sono migliaia di moschee in tutta Europa e trenta milioni di musulmani”.

Ayaan Hirsi Ali ha appena pubblicato un video in cui musulmani inglesi spiegano come intendono prendere il potere. Logorando la democrazia e svuotandola dal suo interno.

Alla Bild un dirigente della sicurezza statale ha appena lanciato l'allarme: “Sempre più genitori di bambini tedeschi si rivolgono ai centri di ascolto perché i bambini cristiani vogliono convertirsi all’Islam in modo da non essere più esclusi dalla scuola. Nelle scuole delle grandi città la percentuale di studenti musulmani supera ampiamente l'80 per cento: Berlino, Francoforte, Offenbach, Duisburg, Essen”.

Zone vietate agli ebrei in Germania, “giudici di pace” che usano la sharia, scuole che mettono al bando le minigonne per evitare noie, muezzin che chiamano alla preghiera, case editrici che censurano i libri che criticano l’Islam, banchieri centrali cacciati per aver criticato l’Islam, professori critici dell’Islam costretti a fare lezione con i giubbotto antiproiettile, un presidente in visita in una scuola che si vede ritirare la mano da una studentessa con il velo, insegne stradali in araboleader di partito che aprono alla legge islamica, ronde della sharia nelle strade, violenze sessuali di massa, attacchi nelle scuole a chi non rispetta l’Islam, boom di matrimoni forzatistudenti che chiedono l'introduzione di rigide regole islamiche.

Ma dire che la Sharia avanza in Europa è un “complotto di estrema destra”, giusto? (…)

30 aprile 2024

Leggi tutto qui  https://substack.com/inbox/post/144089897

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lunedì 29 aprile 2024

IN EUROPA C’È DA CONSERVARE LA SACRALITÀ DELLA PERSONA

 In Italia e in Europa la sinistra spinge su aborto e eutanasia forzando le istituzioni, come nel caso dell'Emilia-Romagna e della mozione socialdemocratica a Bruxelles sull'aborto in Costituzione.Il voto alle europee diventa fondamentale per arrestare la deriva.

 di Piergiacomo Sibiano, vice-presidente di Lab-Ora

È ormai ufficiale. È finita la stagione della «sinistra di centro». Due importanti dati di fatto ne sono testimoni.

Il primo: la Regione Emilia Romagna che - anche forzando i meccanismi istituzionali – decide che il suicidio assistito sia un diritto e come tale vada riconosciuto, con tempi certi: in caso gli esperti nominati dalla regione ritengano «giusta» la richiesta, il paziente dovrà essere «assistito» a suicidarsi entro 42 giorni dalla richiesta.

Il secondo, più recente e altrettanto preoccupante, l’approvazione in Parlamento Europeo della mozione del partito dei Socialdemocratici che chiede di inserire nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea il diritto all’aborto. Anzi, per la verità l’aborto sarebbe solo un “di cui”, la spinta è molto più in generale verso il riconoscimento della «bodily autonomy».

Siamo passati da «l’utero è mio e lo gestisco io» a «il corpo è mio e lo gestisco io». In altre parole, sono io a decidere chi sono, rifiutando alla radice l’obiettività della condizione umana: essere creature, esseri che non si sono creati da sé e come tali spendono la vita per cercare il senso di questa esistenza, il perché siamo al mondo.

Il progressismo è ormai entrato nelle istituzioni: è l’individuo a dare un senso alle cose e non a ricercarlo. Si smaschera definitivamente quindi una sinistra che ha sempre flirtato col mondo cattolico rassicurandolo con laiciste omelie dedite al rispetto del diverso, pur - a parole - condividendo i principi cristiani.

In termini più diretti: il centro-sinistra ha fallito. Erano convinti di tenere insieme principi come la difesa della vita da un lato, e riconoscimento dei «nuovi diritti» dall’altro. Non ce l’hanno fatta. Ha vinto l’aborto in Europa. Complice proprio la sinistra moderata: una bella fetta del Partito Popolare Europeo ha votato a favore di una mozione che - e qui siamo al ridicolo - chiede che venga riconosciuto il diritto all’aborto «a tutte le donne, le ragazze e a chiunque può rimanere incinta».

Anche qui, come in Emilia Romagna, sono state ignorate le regole istituzionali: l’UE non ha competenza alcuna in questo ambito ma la spinta ideologica è tale da usare il Parlamento a proprio uso e consumo. La mozione approvata non ha alcuna ricaduta formale ma la direzione è tracciata.

La battaglia delle prossime europee si fa dunque ancora più urgente: come se non bastasse tutta l’ideologia green, che vede l’uomo come l’intruso del pianeta. Ma se ogni istanza individuale è legittima sempre e comunque come sarà mai possibile mantenere la pace?

«Se anche una madre puó uccidere il proprio bambino nel suo grembo, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me?» diceva Madre Teresa di Calcutta nel 1979 ritirando il premio Nobel per la pace.

Abbiamo, mai come ora, qualcosa di davvero fondamentale da conservare, per cui batterci: la persona è sacra! Fuori da questo, tutto il peggio sarà sempre possibile.

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PIERGIACOMO SIBIANO DETTO PIGA È CANDIDATO ALLE ELEZIONI EUROPEE NELLA LISTA DI FDI CIRCOSCRIZIONE NORD ORIENTALE

PER VOTARLO BASTA SCRIVERE  PIGA

link Piergiacomosibiano.it

giovedì 25 aprile 2024

25 APRILE, LA SINISTRA HA BISOGNO DEL FASCISMO PER ESISTERE

 SANDRO FONTANA

Il mito del fascismo come male assoluto ed eterno è servito dopo la Seconda guerra mondiale a legittimare la presunzione democratica del PCI; oggi serve a legittimare l'idea di rivoluzione, tesa a dissolvere tutto ciò che è naturale. Questo spiega anche i casi Scurati e Boccia.

Perché la sinistra italiana non può fare a meno del fascismo? Perché senza di esso si sente nuda? Molti si porranno questa domanda dato che ogni 25 aprile, ma non solo, lo spettro del fascismo viene nuovamente evocato. Succede anche in questi giorni con la fantasmagorica polemica sul monologo di Antonio Scurati e la richiesta a Giorgia Meloni di dichiararsi antifascista. Il tutto fa pensare che senza il fascismo da combattere il ruolo storico della sinistra cessi e la sua presenza politica venga delegittimata. Questo suo impegno è tanto forte che non si accorge di finire per proporsi come una forza politica che non ha un senso in sé, ma solo come sentinella di qualcos’altro, come antidoto di un veleno e non come medicina, come esorcismo di un fantasma.

Un primo motivo di questa fascio-dipendenza ci rimanda alle origini della nostra Repubblica e spiega perché, come diceva Augusto Del Noce, la sinistra ha avuto bisogno di intendere e imporre il fascismo come «male assoluto». La sua era una visione «demonologica del fascismo», inteso come la negatività pura. Il fascismo non era solo la «reazione» ma la negazione dell’esito finale dell’evoluzione della storia, che il marxismo supponeva di conoscere bene.
Con questo «male puro» non ci può essere storia, esso va solo eliminato. Con acutezza Del Noce osservava che il fascismo per la sinistra è il «surrogato del diavolo» e aggiungeva: «Quando si pensa di essersi liberati del mito del diavolo, si satanizza una determinata realtà storica».


Tra il ‘43 e il ‘45 la sinistra italiana, e in particolare il partito comunista, 
aveva bisogno di legittimare la sua «scelta democratica» per la nuova Repubblica, data l’importanza di questo passaggio secondo la strategia di Gramsci e Togliatti. Il partito comunista non era democratico, la sua ideologia non lo permetteva. Però, come la Russia di Stalin aveva combattuto contro il nazismo, così i partigiani comunisti e l’intero CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) aveva combattuto contro il fascismo: questo poteva dare alla sinistra italiana una patente democratica, anche se il motivo della sua lotta contro Mussolini non era stata la democrazia e nemmeno la libertà come noi oggi la intendiamo e come non la intendeva Giancarlo Pajetta.

L’opposizione al fascismo come “male puro” era quindi necessaria, sia per depotenziare e nascondere il male rappresentato dal comunismo, che a quel punto diventava un male non puro, sia per trovare accoglienza nella democrazia repubblicana, dentro la quale continuare la rivoluzione con altre armi. Nel 50mo anniversario della fondazione del PCI, agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, i comunisti lanciarono ”l’unità antifascista”. Capitava così che il no all’unità antifascista venisse automaticamente inteso come un al fascismo. La stessa cosa capita oggi, con la richiesta a Giorgia Meloni di aderire alla nuova unità antifascista voluta dalla sinistra dopo il caso Scurati.

Questa visione richiedeva che il fascismo non morisse mai, perché in questo caso sarebbe venuta a mancare quella legittimazione, e che fosse inteso come assoluto, per essere appunto immortale e capace di trasformarsi in mille fogge. Inutile far notare che oggi il fascismo non c’è più, che è finito nel ’45, che non si capisce contro chi esattamente si vuol muovere organizzando le varie “unità antifasciste”, perché la sinistra pensa che il fascismo sia misteriosamente sopravvissuto al 25 aprile 1945 e continuamente riaffiori, non essendo mai morto. Per questo, pur non essendoci più il fascismo, comunque Giorgia Meloni e tanti altri nemici della sinistra, possono essere fascisti.

La sinistra ha creato il mito della resistenza ad un fascismo così inteso come matrice della nuova Repubblica. In questo modo ha fatto partecipe del concetto di fascismo come “male puro” l’intero quadro costituzionale e l’idea fu ufficializzata dalla retorica delle istituzioni repubblicane. Questo ha comportato un ingessamento delle celebrazioni del 25 aprile, tutte inserite nel medesimo quadro interpretativo, con l’esclusione - anzi con la demonizzazione - di chi fosse interessato ad una celebrazione più aderente alla storia. La prova principale di questo fenomeno è che ad ogni celebrazione del 25 aprile si fa a gara per individuare nell’attualità le nuove forme del fascismo eterno, e così l’accusa rimbalza da un personaggio all’altro a seconda delle convenienze del momento, addirittura senza che sia necessario che gli accusati ne siano consapevoli.

La storiografia ha chiarito molte cose a proposito del fascismo storico, ma il mito le ha oscurate. Per esempio, la vulgata di sinistra presenta il fascismo come un fenomeno “conservatore” che vorrebbe far tornare indietro la storia, mentre invece esso è stato un ampio processo di modernizzazione. Una visione delle cose in termini di guerra civile europea (Ernst Nolte) e Italiana (Claudio Pavone) poteva essere utile a impostare convenientemente anche la celebrazione del 25 aprile in modo più inclusivo. Nemmeno i libri di Renzo De Felice o di Giampaolo Pansa sono serviti più di tanto a correggere quella costruzione culturale.

Un ultimo aspetto rimane da spiegare. Dopo che il partito comunista ha abbandonato l’idea della rivoluzione come mai la sinistra non ha abbandonato anche questa idea del fascismo come “male puro” che alla rivoluzione era funzionale? Il motivo è che l’idea della rivoluzione non è stata abbandonata, ma è stata suicidata e trasfigurata. È diventata la dissoluzione di quanto è naturale, per cui anche la giornalista Incoronata Boccia, che afferma essere l’aborto un delitto, può benissimo essere considerata fascista. 

 

QUANDO CI SARÀ LA VERA LIBERAZIONE DAL FASCISMO?

  Marcello Veneziani

 Sarà davvero una festa, il 25 aprile, quando avverrà sul serio la Liberazione dal fascismo. Definitiva, irreversibile, generale. A ottant’anni meno uno dalla sua fine, sogno una cosa che ci è stata finora negata: la cessazione di questa gogna permanente, di questo discrimine perenne e manicheo, di questa divisione ideologica dell’umanità in giudicanti e giudicati che ci portiamo addosso da quattro ventenni, con un accanimento via via crescente con gli anni, anziché decrescente, come sarebbe naturale con la morte dei protagonisti, l’allontanarsi nel tempo e lo stingersi delle passioni.

Fino all’assurdo dei finalisti dello Strega che leggono tutti insieme lo squallido monologo antifascista di Scurati contro il governo Meloni, come se fossero un soviet o un Intellettuale collettivo con un solo cervello (bacato). Così usato, l’antifascismo diventa un codice immorale e incivile che antepone all’intelligenza, al valore, al talento una sorta di rito preventivo e discriminatorio di affiliazione, a cui è obbligatorio uniformarsi. Altrimenti sei fuori.
Il fascismo non è più nella storia e nella realtà da ottant’anni e nessuna forza politica in campo ne rivendica l’eredità; chi ne stabilisce allora la persistenza, chi attribuisce e certifica la definizione di fascista?

Lo decide a suo insindacabile giudizio una commissione politico-mediatica-intellettuale permanente, auto-nominatasi per autoacclamazione, che corrisponde alla sinistra. Qui c’è tutta la falsità, l’impostura, l’uso intollerante e paranoico, vessatorio e diffamatorio del fascismo. 

La liberazione dal fascismo, per essere vera e compiuta, comporta naturalmente anche la liberazione dall’antifascismo che ha senso solo in presenza dell’antagonista, e non in assenza o addirittura post mortem.

Fascismo e antifascismo vanno restituiti alla storia, e anche nel giudizio vanno storicizzati, cioè depoliticizzati, sottratti all’agone della polemica attuale o caricati sulle spalle di posteri che non possono portarne il peso: non ha più senso applicare quel discrimine oggi, come non avrebbe più senso il discrimine tra comunisti e anticomunisti o tra democristiani e antidemocristiani oggi che il comunismo o la Dc non ci sono più, anche se sono rivendicati o rimpianti da taluni. Ma ancora più insensato è che sia una parte a imputare il fascismo a carico dell’altra, senza reciprocità, perché non è ammessa la facoltà inversa. Noi giudici, voi imputati, for ever.

Sul piano storico vanno distinti gli antifascisti veri che si opposero al regime fascista, come Matteotti, che meritano ogni rispetto e ammirazione, soprattutto se pagarono di persona; dagli antifascisti di comodo, a babbomorto, in pieno dominio antifascista, che si attribuiscono una superiorità etica e morale in suo nome; si arrogano il potere di essere perennemente giudicanti, officianti e sovrastanti nel nome assoluto della religione Antifa. 
Ai loro occhi quelli che vengono accusati di fascismo non solo non hanno diritto di difendersi ma devono prendere gli schiaffi e dar ragione a chi li schiaffeggia, mentre li schiaffeggia. Altrimenti vuol dire che sono rimasti fascisti dentro o sotto la buccia. 


Peraltro è ormai comprovato e assodato che l’accusa di fascismo rivolta al governo non porta alcun profitto politico-elettorale a chi la lancia, ma serve solo a consolidare una cupola di tipo ideologico-mafioso. Questa campagna anacronistica permanente non è infatti condivisa dalla gran maggioranza degli italiani, è un citofono interno al proprio condominio; funziona a circuito chiuso, non raggiunge gli italiani ma coloro che erano già mobilitati sul tema. Rovesciando ancora oggi le colpe del fascismo su chi è al governo non si colpisce il governo in carica, che su questi temi non perde affatto consensi; si fa solo un danno agli italiani che vedono posposti i problemi reali del presente al fittizio feticcio del Passato Proibito. Ma nel nome sacro e intangibile dell’antifascismo le camorre ideologico-letterarie preservano le loro posizioni di potere.(…)

La cosa che più sconforta è che da anni denunciamo questo accanimento terapeutico su un cadavere ridotto in polvere e da anni lo scempio prosegue, imperterrito, anzi crescente; quanto più diventa irreale il tema tanto più cresce il pathos con cui viene guarnito.
Alla destra di governo dico: non è servito a nulla, come vedete, tutto il vostro atto di contrizione, tutti i santini che avete baciato e tutti i riti esorcistici a cui avete partecipato. Dopo la sequela di abiure, condanne, dichiarazioni frementi di antifascismo da parte vostra, l’accusa di fascismo nei vostri confronti prosegue inalterata. Non avete capito che le vostre parole non basteranno mai perché a decidere che siete comunque fascisti non sono le vostre dichiarazioni ma le loro attestazioni. E’ in mano a loro la sentenza, voi non potete far nulla. Perciò, smettetela di stare al loro gioco, tacete sul tema, rifiutatevi di replicare, di giustificarvi, di sostenere gli esami, ribellatevi alla camorra pseudo-intellettuale di sinistra e alla loro malafede, lasciateli parlare. Che si fottano; non hanno titoli per giudicare. Sarete giudicati dagli italiani per quel che fate e farete al governo e non per la vostra irrilevante opinione sul fascismo. 

 

https://www.marcelloveneziani.com/articoli/quando-ci-sara-la-vera-liberazione-dal-fascismo/

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La Verità – 24 aprile 2024

 

mercoledì 24 aprile 2024

LA RETORICA IMBECILLE DELL'ANTIFASCISMO MILITANTE

 L’Italia è un paese strano. Liberale e popolare nell’anima, ma da 80 anni con una cultura dominante di sinistra sopravvissuta alle macerie del Secolo breve.

E da giorni sembra di vivere in un nuovo regime fascista. Spuntano da ogni angolo scrittori che hanno tutti un nonno partigiano e un padre da sempre “sincero democratico”, si dicono censurati ma sono onnipresenti su tv e giornali, hanno le tirature che contano, collezionano i premi che fanno vendere e ammorbano l’aria che respiriamo.

La banalità di Scurati

Dice Antonio Scurati : «Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via».

Il ripudio del fascismo da parte di Giorgia Meloni è evidente sia per quel che riguarda l’accettazione e il rispetto della democrazia garantita dalla nostra Costituzione antifascista, sia per quel che riguarda il nazionalismo superato dalla chiara scelta europeista e atlantista della leader di Fratelli d’Italia.

Antonio Scurati

Perché dunque la Meloni non si dichiara apertamente antifascista? Da un lato per lo stesso motivo per cui chi ha riconosciuto il tragico fallimento del comunismo, non si dichiara anticomunista, perché pur avendo elaborato criticamente la deriva del movimento nato in Russia nel 1917, ha rispetto per la propria vita precedente nonostante ne abbia superato gli orientamenti fondamentali.

Da un altro lato c’è il problema di un aspetto oscuro dell’antifascismo. Mentre la Resistenza è "senza se e senza ma" un avvenimento glorioso di riscatto della nostra nazione dalla guerra nazifascista e dal ventennio dittatoriale ed è alla base della nostra Costituzione, l’antifascismo post Liberazione ha più di un elemento discutibile: es. l’imbecillità spesso criminale del cosiddetto antifascismo militante, quello dell’ "uccidere un fascista non è un reato", oppure l’uso disinvolto dell’accusa di fascismo per cui persino in Bettino Craxi si ritrovarono "elementi di fascismo", ecc.

Se Scurati oltre che un bravo scrittore, fosse anche un opinionista con un qualche senso critico della storia avrebbe aiutato la riflessione sulla vicenda repubblicana, invece che rifugiarsi nella più banale retorica. Naturalmente tutte queste considerazioni non vogliono in alcun modo assolvere gli stupidi pasticcetti di simil censura combinati da questo o quel funzionario della Rai.

Il giudizio di Violante

Nel 1996, Luciano Violante nella solennità del discorso di insediamento alla presidenza della Camera affermò: "Dopo l’8 settembre anche chi andò dalla parte sbagliata e per quella idea morì, merita rispetto come le vittime della Resistenza". "Mi chiedo", aggiunse, "se l’Italia di oggi, se noi, cioè, non si debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri". Quelle parole suscitarono dissensi e proteste, ma Violante non si è smentito».

Violante, che al contrario di Scurati ha maturato anche sulla base di drammatiche esperienze personali un giudizio serio sul carattere complesso della storia repubblicana, ha indicato l’unica strada che le persone che amano la nostra nazione devono prendere: trovare il modo per allargare e consolidare anche attraverso atti di aperta riconciliazione le basi politico-sociali della nostra Costituzione nata dalla gloriosa Resistenza al nazifascismo.

Il ritorno quello sì "fascista" dell'antisemitismo.

 «È incredibile ma in Italia nel 2024 è partita la caccia ai "sionisti". I sostenitori dello Stato di Israele, ebrei e non ebrei, ma soprattutto ebrei, da un po’ di tempo fanno fatica a parlare in pubblico. I nuovi untorelli, questi gruppetti di proPal, provocano, intimidiscono, tentano di tappargli la bocca: ormai succede troppo spesso ed è indegno di un paese democratico».

Se oggi in Italia non c’è alcun pericolo di restaurazione di una dittatura fascista, ciò non esclude che si manifestino atti e atteggiamenti, ispirati da sentimenti fascisti, anzi in qualche modo nazisti. 

Il fatto che nelle nostre università dopo 86 anni da quando le leggi sulla razza allontanarono dall’insegnamento i professori di origine ebraica, si tolga la parola a opinionisti solo perché sono ebrei o si vogliano boicottare i finanziamenti a ricerche solo perché fatte in collaborazione con professori ebrei, è un sintomo di come il passato possa sempre condizionare il presente.