La lezione del 1980 è un bellissimo racconto di
Dino Buzzati
che parla di potere, umiltà e opportunismo.
Il racconto appare, nella sua prima edizione, nella raccolta di racconti del 1966 Il Colombre, ed è anche disponibile sul web in pdf integrale (qui riportato in parte)Buzzati,
nelle storie che raccontava, era molto serio, ma virato ad una ambientazione
favolistica che anche dopo così tanti anni mantiene intatta la sua efficacia ed
il suo fascino: il racconto è chiarissimo così com’è.
Stufo finalmente di tante beghe,
il Padre
Eterno decise di dare agli uomini una salutare lezione.
Alla mezzanotte precisa di martedì 31 dicembre 1979, il capo del governo
sovietico, Pietro Semionovic Kurulin, morì d’un colpo secco. Aveva giusto
brindando al nuovo anno, durante un ricevimento ai rappresentanti della
Federazione democratica dell’Africa orientale – ed era al sedicesimo
bicchierino di vodka – quando il sorriso gli si spense sulle labbra e lui
piombò a terra come un sacco di cemento, fra la costernazione generale.
Il mondo fu scosso da opposte reazioni.
Si era giunti a una delle punte più acute e pericolose della guerra fredda, quale forse non si era avuta mai. Il
motivo occasionale della tensione fra il blocco comunista e il blocco
occidentale era la disputa per il possesso del cratere Copernico, sulla Luna…...
La
improvvisa scomparsa di Kurulin fu quindi di immenso sollievo per l’America.
Come del resto i suoi predecessori, egli aveva accentrato in sé la massima
somma dei poteri. Per quanto – almeno in apparenza – non esistesse opposizione
interna, la sua poteva considerarsi una politica del tutto personale. Tolto di
mezzo lui, a Mosca ci sarebbe stata inevitabilmente una crisi di incertezza e
sbandamento. Comunque, la pressione diplomatico-militare da parte sovietica si
sarebbe allentata di molto.
Esattamente una settimana dopo, alla mezzanotte cioè
di martedì 7 gennaio, qualcosa che aveva tutte le apparenze dell’infarto
fulminò al tavolo di lavoro, mentre conferiva col segretario per la marina da
guerra, il presidente degli Stati Uniti, Samuel E. Fredrikson, il pugnace
tecnico pioniere, simbolo dell’intrepido spirito nazionale, primo americano che
aveva messo i piedi sulla Luna.
Che a distanza di una settimana esatta i due massimi antagonisti della contesa
mondiale fossero spariti di scena provocò una emozione indicibile.
Proprio
a mezzanotte tutti e due?
Chi
parlò di assassinio ad opera di una setta segreta, chi fantasticò di un
intervento di forze e extraterrestri, chi sospettò una specie di “giudizio di
Dio”. Fatto è che i commentatori politici non sapevano più a che santo votarsi.
Sì, poteva essere una pura coincidenza fortuita. Ma l’ipotesi non era facile da
digerire: sia Kurulin sia Fredrikson avevano goduto fino allora una salute di
ferro.
Mentre a Mosca il potere era stato assunto ad interim da una collegiale, a
Washington, per Costituzione, la carica suprema automaticamente passò al
vicepresidente, Victor S. Klement, saggio amministratore e giurista
ultrasessantenne, già governatore del Nebraska.
La notte del 14 gennaio 1980, martedì, come l’orologio
sopra il caminetto acceso ebbe battuto dodici colpi, Mr. Klement, che stava
leggendo un libro giallo seduto in poltrona accanto al fioco, lasciò cadere il
volume, reclinò dolcemente il capo in avanti e così rimase. Le cure dei
familiari e quindi dei medici accorsi non servirono a niente. Anche Klement era
trasmigrato nel regno dei più.
Questa volta una ondata di superstizioso
terrore passò sul mondo. No, parlare di caso non era più possibile.
Una potestà sovrumana
si era messa in azione per colpire a scadenza fissa, con precisione matematica,
i grandi della Terra. E gli osservatori più acuti credettero di aver
decifrato il meccanismo dello spaventoso fenomeno: per un decreto
superiore, la
morte portava via, ogni settimana, colui che in quel momento era, fra gli
uomini, il più potente di tutti….
..........
Il
mattino del 21 gennaio, Lu Ci-min, l’ermetico capo della Cina, convinto, più o
meno presuntuosamente, che fosse venuto il suo turno, per dimostrare la sua
indipendenza dalla volontà dell’Eterno, ateo com’era, si tolse la vita.
Contemporaneamente il vecchissimo De
Gaulle, ormai mitico Signore della Francia, persuaso pure
lui di essere l’eletto, tenne, con quel e gli restava di voce, un nobile
discorso di commiato al suo Paese, giungendo, a detta di molti, il più alto
vertice dell’eloquenza, nonostante il grave peso dei novant’anni. Si constatò
allora come l’ambizione potesse soverchiare ogni cosa. C’erano uomini felici di
morire purché la morte dimostrasse la loro preminenza sul restante genere
umana.
Ma,
con sua amara delusione, De Gaulle varcò la mezzanotte in ottima salute....
Dopodiché – la legge del “muore il più
potente” avendo travata conferma – si verificò un fuggi
fuggi generale dalle cariche più alte e fino a ieri più ambite.
Quasi
tutti i seggi presidenziali rimasero vacanti.
Il potere, già avidamente agognato, scottava fra le mani.
Fu, tra i pezzi grossi della politica,
dell’industria e della finanza, una corsa
disperata a chi dimostrasse di contare meno. Tutti si facevano piccoli, abbassavano le ali,
ostentavano nero pessimismo sulla sorte del proprio Paese, del proprio partito,
delle proprie imprese.
Il mondo capovolto…..
La defezione dei titolari, spaventati,
aveva lasciato deserti i posti eminenti di dominio. Solo il vecchio De Gaulle,
imperterrito come sempre, non aveva mollato lo scettro. Ma la morte, chissà
perché, non gli diede soddisfazione. Egli fu anzi l’unica eccezione alla
regola. Caddero, alle scadenze dei martedì notte, personaggi di gran lunga meno
autorevoli di lui. Che il Padre Eterno, fingendo di
ignorarlo, gli volesse imporre una lezione di umiltà?
Dopo
un paio di mesi non esisteva più un dittatore, un Capo di Governo, un leader di
grande partito, un direttore generale di grossa industria.
Che bellezza. Tutti dimissionari.
Alla guida di Nazioni e aziende rimasero organi
collegiali paritetici, in cui ciascun membro stava bene attento a non
sopravanzare i colleghi. Nello stesso tempo gli uomini più ricchi del mondo si
sbarazzavano a precipizio del loro esagerato cumulo di miliardi con gigantesche
elargizioni benefiche, opere sociali e mecenatismi artistici.
Si giunse a paradossi inauditi. Nella campagna
elettorale in Argentina il Presidente Hermosino, temendo i voti come la peste,
diffamò totalmente se stesso che venne incriminato per vilipendio del capo
dello Stato. …
.........
Nelle liti, internazionali, nazionali e
private, ciascuno dava ragione all’avversario,
cercava di essere il più debole, il più remissivo, sprovveduto. Il cratere di
Copernico venne equamente spartito fra sovietici e americani. I capitalisti
cedevano le loro aziende ai lavoratori e i lavoratori li supplicavano di
tenersele ancora. Nel giro di pochi giorni si giunse a un accordo per il
disarmo totale. Le vecchie scorte di bombe furono fatte esplodere nelle
vicinanze di Saturno, che ne ebbe rotti un paio di anelli.
Dopo neanche sei mesi, ogni pericolo di conflitto
anche locale era svanito. Che dico conflitto? Neppure controversie, odi,
litigi, polemiche, animosità, sussistevano più. Cessati l’assalto al potere e
la smania del predominio, si vide che dovunque si stabilivano automaticamente
la giustizia e la pace. Di cui, grazie al Cielo, continuiamo a godere dopo
anni.
Perché, se appena qualche ambizioso, dimenticando la lezione del 1980, tenta di
alzare la testa sopra gli altri, la invisibile falce, la fa volar via, sempre
alla mezzanotte del martedì…
Le “esecuzioni” settimanali cessarono a
metà ottobre. Non ce n’era più bisogno. Erano bastati una quarantina
di infarti ben collocati per sistemare le cose sulla Terra. Le ultime vittime
furono figure di secondo piano, ma il mercato mondiale non offriva di meglio in
fatto di personaggi. Solo il decrepito De Gaulle continuò a
essere ostinatamente ignorato...
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nota bene - Verrebbe da chiedere:"Buon Dio perchè non ascolti Buzzati?"
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