lunedì 10 dicembre 2018

LUIGI GIUSSANI: LA GIOVINEZZA E' UN ATTEGGIAMENTO DEL CUORE


LA GIOVINEZZA È UN ATTEGGIAMENTO DEL CUORE

1.La mirabile Lettera apostolica (“Dilecti amici”, 1985) di Giovanni Paolo II « Ai giovani e alle giovani del mondo » non riguarda solo quelli che oggi sono giovani, ma tutti. « La vostra giovinezza non è solo proprietà vostra, proprietà personale o di una generazione: essa appartiene al complesso di quello spazio, che ogni uomo percorre nell’itinerario della sua vita, ed è al tempo stesso un bene speciale di tutti. È un bene dell’umanità stessa. »  Il Papa non si rivolge soltanto a una quota d’età, ma vuole parlare alla giovinezza che c’è in ogni uomo. Essa è la dimensione della persona in cui si pone la domanda sul senso e sulla verità. Al di là del riferimento tipico a un’età dell’uomo, la giovinezza è infatti un atteggiamento del cuore. Si è giovani quando non ci si accomoda, ma si è tesi verso la realtà con l’avidità di imparare quel che essa suggerisce sul nostro destino, così che la realtà solleciti quelle domande che costituiscono il cuore dell’uomo e quelle domande che sono in noi il riverbero del destino e aspettano «una risposta che riguarda tutta la vita » .


Se la giovinezza è « il graduale accumulo di tutto ciò che è vero, che è buono e che è bello » allora – per chi si ponga nella traiettoria di questa « lettera » – non finisce mai. Essa infatti perdura se si ripete la domanda del Destino, che Dio si manifesti. È la continua ripresa della domanda ( una ripresa cosciente) che mantiene la giovinezza. Uno scopre sempre di più la realtà e va, come dice san Paolo, « di luce in luce » : è una novità continua. È così che la sapienza cristiana insegna che chi più comprende la giovinezza – umanamente, filosoficamente, esteticamente – è l’uomo maturo. Chi, se non l’adulto, può avere maggiore coscienza della novità continua del tempo?

2. « Gesù, fissatolo, lo amò » . Il Papa dice: « Auguro a ciascuno e a ciascuna di voi di scoprire questo sguardo di Cristo e di sperimentarlo fino in fondo » . E poi: « È necessario all’uomo questo sguardo amorevole: è a lui necessaria la consapevolezza di essere amato, di essere amato eternamente e scelto dall’eternità » .  L’esperienza dello sguardo di Cristo corrisponde alla caratteristica dell’autenticità. Sentirsi addosso l’amore di Cristo vuol dire percepire che la figura di Cristo corrisponde a quel che di più autenticamente cordiale, di più naturale e originale costituisce il cuore del proprio io. Un giovane può aver commesso tutti gli errori, ma quell’autenticità l’ha sempre cercata: nello sguardo di Cristo la riconosce, se ne lascia invadere. A meno che sia già corrotto da una adesione interessata a un’ideologia o a un partito: corrotto dal gioco del potere. Questo sguardo di Cristo vive nella figura di Gesù, come emerge dal Vangelo. Ma esso è esistenzialmente vivo e forte quando dà forma allo sguardo, detta i modi dell’affezione di compagni e amici. Essi accostano l’amico: lo guardano, lo accompagnano… Il giovane sente in queste persone una comprensione di sé e un amore assai più grandi – più aperti e comprensivi – di quelli che abbia di se stesso. La sete per l’affermazione della giustizia, il desiderio di rispondere al problema della fame nel mondo, di cambiarlo questo mondo, sono tutti compresi e valorizzati in quello sguardo. Sono emergenze – dice il Papa – di « quella parola di Dio » che « dimora in voi » . Ma perché questo incontro avvenga occorrono luoghi umani interi, luoghi di amicizia. Realtà socialmente identificabili e attive. Nel grande deserto di oggi non si può prescindere da queste preoccupazioni.

Il Papa avverte questa necessità quando nella lettera apostolica parla di ambienti giovanili, gruppi, movimenti e organizzazioni che hanno ciascuno il proprio metodo « di lavoro spirituale e di apostolato » . Sono proprio questi organismi che « con la partecipazione dei Pastori della Chiesa desiderano indicare ai giovani » la via della crescita. I diversi metodi – lascia intendere il Papa – non sono un ostacolo alla comunione; anzi, i movimenti fanno l’unità della Chiesa proprio approfondendo fino in fondo il loro carisma. Nell’obbedienza all’autorità, che per natura deve favorire quei carismi ecclesiali.

3. Tra le minacce che insidiano il periodo della giovinezza ( anche la giovinezza che dura tutta la vita), il Santo Padre cita la « tentazione del criticismo esasperato, che vorrebbe tutto discutere e tutto rivedere; o a quella dello scetticismo […] spregiudicato, quando si tratta di affrontare i problemi del lavoro, della carriera o dello stesso matrimonio » . Questa preoccupazione del Papa non può che far riflettere gli educatori. Una volta per tutte il Papa nega un metodo pedagogico che abbia il suo punto di forza nel dubbio. Il dubbio come strumento di ricerca: ecco un programma di cammino educativo che capita di sentir teorizzato. In realtà se non si parte da un’ipotesi positiva è impossibile costruire alcunché. Se ci si mette alla ricerca partendo dal dubbio, non si troverà più nulla. È questo – credo – lo scetticismo che il Papa condanna. Un fuoco di fila di ma , di se , di forse , per proteggersi la ritirata dall’impegno con la realtà. Per questo, scetticismo equivale sempre a immoralità.

4. Il Papa invita i giovani a recitare il Padre nostro , a pregare. « La preghiera del Padre nostro allontana i cuori umani dall’inimicizia, dall’odio, dalla violenza, dal terrorismo, dalla discriminazione, dalle situazioni in cui la dignità umana e i diritti umani sono calpestati » . Sì, pregare, gridare al Mistero sempre. Anche quando sembrasse così enigmatico da essere confuso con un puro interrogativo. Anche quando sembra esistano solo le tenebre.

LUIGI GIUSSANI
Da Realtà e giovinezza la sfida, INTRODUZIONE

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