LA GIOVINEZZA È UN
ATTEGGIAMENTO DEL CUORE
1.La mirabile
Lettera apostolica (“Dilecti amici”, 1985) di Giovanni Paolo II « Ai giovani e
alle giovani del mondo » non riguarda solo quelli che oggi sono giovani, ma
tutti. « La vostra giovinezza non è solo proprietà vostra, proprietà personale
o di una generazione: essa appartiene al complesso di quello spazio, che ogni
uomo percorre nell’itinerario della sua vita, ed è al tempo stesso un bene
speciale di tutti. È un bene dell’umanità stessa. » Il Papa non si rivolge soltanto a una quota
d’età, ma vuole parlare alla giovinezza che c’è in ogni uomo. Essa è la
dimensione della persona in cui si pone la domanda sul senso e sulla verità. Al di là del riferimento tipico a un’età
dell’uomo, la giovinezza è infatti un atteggiamento del cuore. Si è giovani
quando non ci si accomoda, ma si è tesi verso la realtà con l’avidità di
imparare quel che essa suggerisce sul nostro destino, così che la realtà
solleciti quelle domande che costituiscono il cuore dell’uomo e quelle domande
che sono in noi il riverbero del destino e aspettano «una risposta che riguarda
tutta la vita » .
Se la giovinezza è « il graduale accumulo
di tutto ciò che è vero, che è buono e che è bello » allora – per chi si ponga
nella traiettoria di questa « lettera » – non finisce mai. Essa infatti perdura se si ripete la domanda del Destino, che Dio si
manifesti. È la continua ripresa della domanda ( una ripresa cosciente) che
mantiene la giovinezza. Uno scopre sempre di più la realtà e va, come dice san
Paolo, « di luce in luce » : è una novità continua. È così che la sapienza
cristiana insegna che chi più comprende la giovinezza – umanamente,
filosoficamente, esteticamente – è l’uomo maturo. Chi, se non l’adulto, può
avere maggiore coscienza della novità continua del tempo?
2. « Gesù, fissatolo, lo amò » . Il Papa
dice: « Auguro a ciascuno e a ciascuna di voi di scoprire questo sguardo di
Cristo e di sperimentarlo fino in fondo » . E poi: « È necessario all’uomo
questo sguardo amorevole: è a lui necessaria la consapevolezza di essere amato,
di essere amato eternamente e scelto dall’eternità » . L’esperienza dello sguardo di Cristo
corrisponde alla caratteristica dell’autenticità. Sentirsi addosso l’amore di
Cristo vuol dire percepire che la figura di Cristo corrisponde a quel che di
più autenticamente cordiale, di più naturale e originale costituisce il cuore
del proprio io. Un giovane può aver commesso tutti gli errori, ma
quell’autenticità l’ha sempre cercata: nello sguardo di Cristo la riconosce, se
ne lascia invadere. A meno che sia già corrotto da una adesione interessata a
un’ideologia o a un partito: corrotto dal gioco del potere. Questo sguardo di
Cristo vive nella figura di Gesù, come emerge dal Vangelo. Ma esso è
esistenzialmente vivo e forte quando dà forma allo sguardo, detta i modi
dell’affezione di compagni e amici. Essi accostano l’amico: lo guardano, lo
accompagnano… Il giovane sente in queste persone una comprensione di sé e un
amore assai più grandi – più aperti e comprensivi – di quelli che abbia di se
stesso. La sete per l’affermazione della giustizia, il desiderio di rispondere
al problema della fame nel mondo, di cambiarlo questo mondo, sono tutti
compresi e valorizzati in quello sguardo. Sono emergenze – dice il Papa – di «
quella parola di Dio » che « dimora in voi » . Ma perché questo incontro
avvenga occorrono luoghi umani interi, luoghi di amicizia. Realtà socialmente
identificabili e attive. Nel grande deserto di oggi non si può prescindere da
queste preoccupazioni.
Il Papa avverte questa necessità quando
nella lettera apostolica parla di ambienti giovanili, gruppi, movimenti e
organizzazioni che hanno ciascuno il proprio metodo « di lavoro spirituale e di
apostolato » . Sono proprio questi organismi che « con la partecipazione dei
Pastori della Chiesa desiderano indicare ai giovani » la via della crescita. I
diversi metodi – lascia intendere il Papa – non sono un ostacolo alla
comunione; anzi, i movimenti fanno
l’unità della Chiesa proprio approfondendo fino in fondo il loro carisma.
Nell’obbedienza all’autorità, che per natura deve favorire quei carismi
ecclesiali.
3. Tra le minacce che insidiano il periodo
della giovinezza ( anche la giovinezza che dura tutta la vita), il Santo Padre
cita la « tentazione del criticismo esasperato, che vorrebbe tutto discutere e
tutto rivedere; o a quella dello scetticismo […] spregiudicato, quando si
tratta di affrontare i problemi del lavoro, della carriera o dello stesso
matrimonio » . Questa preoccupazione del Papa non può che far riflettere gli
educatori. Una volta per tutte il Papa nega un metodo pedagogico che abbia il
suo punto di forza nel dubbio. Il dubbio come strumento di ricerca: ecco un
programma di cammino educativo che capita di sentir teorizzato. In realtà se
non si parte da un’ipotesi positiva è impossibile costruire alcunché. Se ci si
mette alla ricerca partendo dal dubbio, non si troverà più nulla. È questo –
credo – lo scetticismo che il Papa condanna. Un fuoco di fila di ma , di se ,
di forse , per proteggersi la ritirata dall’impegno con la realtà. Per questo,
scetticismo equivale sempre a immoralità.
4. Il Papa invita i giovani a recitare il
Padre nostro , a pregare. « La preghiera del Padre nostro allontana i cuori
umani dall’inimicizia, dall’odio, dalla violenza, dal terrorismo, dalla discriminazione,
dalle situazioni in cui la dignità umana e i diritti umani sono calpestati » .
Sì, pregare, gridare al Mistero sempre. Anche quando sembrasse così enigmatico
da essere confuso con un puro interrogativo. Anche quando sembra esistano solo
le tenebre.
LUIGI GIUSSANI
Da Realtà e giovinezza la sfida,
INTRODUZIONE
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