Affamati di presenza come siamo, ci attacchiamo ai corpi. Corpi
vivi e giovani, finché è possibile. Poi, dopo l'inevitabile scandalo di
malattia vecchiaia e morte, almeno a quel che resta dei corpi. Resti, reliquie,
segni tangibili ... qualcosa, comunque, da guardare e da toccare. Qualcosa da
possedere. Per questo, quando muore una persona che ci è cara ci diventano cari
(a volte indispensabili) i ricordi, le immagini, gli oggetti che sono stati
suoi, che ha toccato. Toccando quelli, ci sembra un po' di toccare lui o lei
presenti.
Però fra tutti i milioni o i miliardi di corpi di uomini e donne
che sono stati al mondo, ne mancano due.
Il corpo di Gesù Cristo, perché è risorto da morte ed è asceso
al cielo. E il corpo di Maria, perché non è morta ma è stata assunta in cielo.
Affamati di presenza come siamo, forse la «porta stretta» della
fede per noi è anche la difficoltà di capire come l'assenza possa essere la
forma più profonda e vera della presenza. Dio si manifesta innanzitutto con
l'assenza: «Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al
sepolcro, e vide e credette» (Gv 20,8). Il primo (e già sufficiente!) segno per
la fede non sono le apparizioni di Gesù risorto, ma è la tomba vuota. Non è una
"pienezza", è un vuoto. Una mancanza.
La domanda di Lagerkvist, che abbiamo sentito ripetere tante
volte da don Giussani («Chi sei tu che colmi il mio cuore della tua assenza?»)
e quella di Luzi, che per un po' ripeteremo spesso («Di che è
mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?»). non
smettono di essere vere dopo che Dio si è rivelato e non è più lo Sconosciuto
di cui parlava lo scrittore svedese, e dopo che noi lo abbiamo incontrato nella
fede.
In un certo senso, anche la festa di oggi è una festa della
mancanza.
LEONARDO LUGARESI
https://leonardolugaresi.wordpress.com/2015/08/15/affamati-di-presenza-ci-manca-maria/
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