MARCELLO PERA
NON TRASFORMIAMO UNA
RELIGIONE DI SALVEZZA IN UNA IDEOLOGIA SOCIALE
Ciò che trovo discutibile nelle prese di posizione di mons. Galantino non
sono tanto certi suoi giudizi particolari, ad esempio quando si scaglia contro
quei «piazzisti da quattro soldi» che traggono voti dalle campagne
anti-immigrati, o quando biasima «i volti inespressivi di chi recita il rosario
fuori dalle cliniche dove si pratica l'aborto».
Vediamo se mi riesce di argomentare le mie riserve, senza che stavolta il
direttore di Avvenire dia in escandescenze.
Perché si devono ospitare e
assistere gli immigrati? Perché sta scritto (discorso della Montagna) «ho avuto
fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero
straniero e mi avete accolto».
Ma la cosa non è così semplice. Il fatto che io credente cristiano abbia un
dovere di carità verso il prossimo non implica che io debba aiutare tutti e
ciascun bisognoso. L'implicazione varrebbe solo se ogni bisognoso avesse un
diritto inderogabile ad essere aiutato. In tal caso, al suo diritto
corrisponderebbe il mio dovere.
Questo è ciò che mons. Galantino sembra pensare. Il cattolicesimo
post-conciliare ritiene che gli uomini nascano con diritti originari propri
(Papa Giovanni XXIII arrivò ad elencarne ben 43) ai quali sono collegati altrettanti
doveri, verso sé e verso gli altri.
L'argomento è quello della dignità della persona: poiché l'uomo, in quanto
uomo, possiede dignità, possiede anche i diritti a tutela della dignità, e se
possiede questi diritti agli altri uomini compete di soddisfarli. Ecco perché
si deve dar da mangiare agli affamati: perché ogni affamato ha il diritto
fondamentale ad essere nutrito.
L'argomento è filosoficamente e teologicamente così controverso che è
sospetto anche solo sulla base scritturale.
Gesù non parla mai di diritti ma solo di doveri, e quando si tratta di
riassumere l'etica cristiana, egli la formula in due comandamenti, «Amerai il
Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore», «Amerai il tuo prossimo come te
stesso», che sono altrettanti doveri.
A parte ciò, la teoria dei diritti fondamentali solleva problemi che non
riesce a risolvere. Brevemente, ne indico tre.
Primo problema. Se un affamato ha un diritto fondamentale, chi ha il
corrispondente dovere?
Ad esempio, se un immigrato ha il diritto di sbarcare sulle nostre coste
perché perseguitato o degradato nel suo paese, chi ha il dovere di accoglierlo
e nutrirlo? Il comune di prima accoglienza? Il paese in cui è sbarcato? Il
paese in cui dichiara di volersi stabilire? Tutto il mondo?
Secondo problema. Per soddisfare un diritto di accoglienza non basta un
cuore grande come quello della Giordania, occorrono anche delle risorse come
quelle di Paperone. Fino a che punto si estende il dovere di accoglienza? Fino
alla diminuzione della ricchezza che l'ospitante ha creato per sé e i suoi?
Fino alla distribuzione senza limiti delle sue proprietà? Fino al sacrificio di
sé?
Il terzo problema è ancora meno risolvibile degli altri. I diritti
fondamentali hanno il difetto di conciliarsi poco fra loro.
Se tu hai il diritto ad essere nutrito, io ho il diritto alla mia libertà.
Se tu hai il diritto di chiedermi il pane, io ho il diritto di distribuirlo ai
miei figli. E così via.
Quale diritto viene prima? Non solo. La Chiesa post conciliare estende i
diritti umani fino ad includervi quelli politici, ad esempio
l'autodeterminazione dei popoli e la democrazia, perché la democrazia è
considerata il regime che meglio tutela i diritti.
Ciò significa che se uno si affaccia alla nostre coste per chiedere aiuto,
non ha democrazia nel suo paese, e per converso, che se avesse democrazia
basterebbe a se stesso.
Il problema allora è: si deve esportare la democrazia nei paesi di origine
degli immigrati? Non urta questo con il diritto all'autodeterminazione?
E poi esportare come? Col dialogo? Con la diplomazia? Con gli accordi? Con
le armi?
Sono d'accordo: ci sono i piazzisti che pensano solo alle urne.
Ma forse ci sono anche coloro che, dopo aver detto che le urne sono un
diritto fondamentale, pensano che debbano essere governate con princìpi
umanitari frettolosamente tratti da comandamenti evangelici.
Se c'è un rischio enorme che io vedo nella posizione di mons. Galantino e
altri è la trasformazione di una religione di salvezza in una ideologia
sociale.
Forse il cristianesimo ne guadagna in popolarità e allarga la porta, ma sta
scritto anche questo: «entrate per la porta stretta».
da Italia Oggi
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