di
Luigi Negri
È morto ieri pomeriggio, 17 agosto, dopo
una lunga malattia don Francesco Ventorino, per tutti "don Ciccio",
grande amico di don Luigi Giussani e fondamento del movimento di Comunione e
Liberazione in Sicilia. Aveva 83 anni e il quotidiano La Sicilia lo
ricorda come «educatore fra i più grandi che Catania abbia avuto dal secondo dopoguerra».
È stato autore di numerosi volumi di filosofia, teologia e spiritualità, ma -
come ricorda sempre La Sicilia - «le maggiori energie di don
Ciccio furono dedicate all'educazione dei giovani e ai più poveri. Dalla sua
fervente azione missionaria nacquero, a partire dalla fine degli anni
Cinquanta, numerose iniziative di carità e di promozione sociale nei quartieri
più disagiati di Catania, da San Cristoforo a Librino, dal Villaggio Sant'Agata
ai Cappuccini». Dal 2013 era cappellano del carcere di Piazza Lanza a Catania,
dove aveva anche voluto celebrare i suoi 60 anni di sacerdozio. I funerali si
svolgeranno mercoledì 19 alle 16.30 nel Duomo di Catania. Ricordiamo questa
straordinaria figura attraverso le parole del suo amico monsignor Luigi Negri,
arvivescovo di Ferrara-Comacchio.
Mio carissimo don Ciccio,
è arrivato il tempo del nostro congedo
qui sulla terra, anche se in questo momento, profonda e irresistibile, sento
nel cuore la certezza che la nostra comunione non viene meno ma, al contrario, si
riformula in modi nuovi e definitivi.
Ci siamo incontrati tanti anni fa quando
io, come ricordava spesso don Giussani, “portavo ancora i calzoni corti” ed ero
studente dei primissimi anni dell’Università Cattolica mentre tu eri giovane e
coltissimo prete della tua Diocesi.
Ci siamo incontrati in una vacanza del
movimento di GS, e da quei giorni insieme abbiamo realmente fatto parte di
quella grande storia che dal cuore di don Giussani diventava in ciascuno di
noi, e per la nostra amicizia, una vita intensa, appassionata, da approfondire
continuamente e da comunicare dentro gli ambienti in cui eravamo chiamati a
vivere, per scelte o per condizioni.
Sono stati anni di straordinaria
intensità umana e cristiana che, a ricordarli, la commozione diventa irresistibile,
perché hanno generato in noi un’incredibile dilatazione dell’intelligenza e del
cuore, un approfondimento sistematico e continuativo del mistero di Cristo nel
mistero della Chiesa, una conoscenza della nostra identità umana e insieme
l’impeto di donare la vita nuova di Cristo in noi al cuore, all’intelligenza e
alla sensibilità di tutti quelli che ci passavano accanto.
Sì, perché ci era stata offerta la
grande capacità di leggere, nel nome del Signore, l’uomo e il mondo del nostro
tempo e dei tempi che si sarebbero succeduti inesorabilmente.
Una capacità di conoscere e di giudicare
la situazione del mondo che appartiene essenzialmente alla Chiesa, e in cui si
innesta la capacità di incontrare. Ricordo ancora, in occasione del trentennale
del Movimento, le parole di San Giovanni Paolo II che ci disse: «Quello che amo
in voi è la vostra capacità di incontrare, di conoscere e di
valorizzare».
Grazie don Ciccio! Perché pur nella
diversità dei momenti, nell’emergere di chiarezze, nella percezione di difficoltà
o di fatiche, noi ci siamo appartenuti l’un l’altro; perché insieme
appartenevamo - nel grande Movimento guidato da Giussani - alla compagnia con
il mistero del Signore che ha reso inesorabilmente positiva la nostra
esistenza, pur carica degli inevitabili limiti della condizione umana.
Grazie don Ciccio, perché mi sei stato
amico fedele. Quest’amicizia infatti è l’eredità più preziosa che abbiamo
vissuto, che tu oggi mi lasci e insieme porti con te.
È un’amicizia che fiorisce dalla
consapevolezza che il Signore ci ha concesso di vivere insieme l’esperienza
straordinaria di quel grande umanesimo cristiano che è l’espressione
storicamente più vera e più significativa della fede ecclesiale. A partire
dall’insegnamento di don Giussani, abbiamo valorizzato, attraverso maestri
nuovi - che hanno esplicitato le sue intuizioni - la grandezza di quella
civiltà e di quella cultura che si ergono ancora, a secoli di distanza, come
punto più alto di comprensione del mistero di Dio e del mistero dell’uomo.
Attraverso l’obbedienza a don Giussani,
abbiamo seguito insieme il Signore che ci ha portato dove ha voluto e ci ha
fatto fare cose che forse non avremmo nemmeno desiderato fare, ma abbiamo dato
il nostro contributo - particolare ma significativo - ad una grande vicenda di
vita umana e cristiana che costituisce la ragione della commozione che ci
prende ad ogni apertura di giornata: “Benedetto sei Tu Signore Dio d’Israele,
perché hai visitato e redento il tuo popolo”.
Ora te ne vai dalla nostra compagnia fisica
e, mentre stringo per l’ultima volta la tua mano, sento di dirti un profondo
grazie che scaturisce dall’intimo della mia intelligenza e del mio cuore.
Quante cose mi hai insegnato! Quante
cose ho comunicato avvertendo che erano un modo con cui cercavo di dilatare ad
altri quello che avevo imparato da te e dai tuoi libri, i più preziosi dei
quali sono stati certamente i volumetti che hai dedicato al recupero del grande
insegnamento di don Giussani.
Molte cose sono state faticose,
soprattutto in questi ultimi anni che tu ed io sognavamo diversi, come
compimento straordinario di una ricchezza umana oltre ogni immaginazione.
Purtroppo così non è stato. Sono venuti tempi di prova, di dolore e di
umiliazione. Anche in questo, senza giudicare nessuno, ci siamo affidati al
mistero del Signore che, come ci ricordava Giussani, scrive diritto su righe
storte.
Caro Ciccio, devi aspettare ancora un
po’ di tempo, ma non credo molto, perché questo nostro incontro possa ritornare
ad avere concretezza e carnalità finalmente eterne.
Di fronte al Signore, che tu già vedi
così come Egli è, non posso non dire che nel tuo volto ho visto, lungo tutti
questi anni, riverberarsi quella tranquilla e profonda capacità di dominare -
in nome di Cristo - lo spazio e il tempo, e di vivere in modo positivo tutte le
circostanze dell’esistenza, anche le più difficili.
Con l’antica espressione medievale –
sebbene mi abbiano riferito che l’età medievale non è più così amata anche
nello spazio della convivenza di tanti nostri amici - ti dico: «Ciccio a
Dio».
+ Luigi Negri
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