LEONARDO LUGARESI
Leggo che
il prete di Torino che, alla messa di Natale, si è rifiutato di professare il
Credo dichiarando che non ci crede è stato «richiamato» dal suo vescovo. Meglio
di niente, anche se c'è da chiedersi se sia un provvedimento adeguato per un
comportamento tanto grave.
C'è da
chiedersi, soprattutto, quanta consapevolezza vi sia ancora, nella chiesa,
della natura di atti come quello compiuto da quel sacerdote, che sono
oggettivamente molto più gravi delle incoerenze morali o delle irregolarità
disciplinari, di cui pure è giusto preoccuparsi, perché sono atti di apostasia.
Monastero Yerevan Caucaso 1500 ca. |
L'impressione è, invece, che tanto tra i laici quanto nella gerarchia sia
diffusa la convinzione che in fondo quando si tratta di dottrina e di liturgia
non si debba star tanto a sottilizzare: alla fine sono parole, che sarà mai? Mi
colpisce, tanto per fare un esempio, che i commenti che leggo sulla pagina
Facebook dell'agenzia da cui ricavo la notizia sopra riportata siano in massima
parte di questo tono.
Questo o
quel prete celebra la messa a modo suo? Cambia le parole della
consacrazione perché gli sembrano più cristiane quelle che inventa lui?
Non recita il Credo secondo la formula di Nicea-Costantinopoli perché “non lo
capisce nessuno” e lo sostituisce con una canzoncina o con un ispirato pippone
di sua produzione? Sì, vabbé, ma è uno che fa tanto per i poveri, è di
frontiera, è aperto ai lontani ... L'essenza del cristianesimo non è forse
l'amore? E poi, diciamolo, non è forse vero che quella filastrocca (“Dio da Dio,
Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza
del Padre ecc. ecc.”) non la capisce nessuno e tutti, alla messa della
domenica, la recitano a pappagallo, e a gran velocità?
L'ignoranza (colpevole perché
voluta) è la forma attuale dell'apostasia nella chiesa. Un tratto
distintivo del cristianesimo rispetto a tutte le religioni è sempre stato che
la fede in Cristo comporta necessariamente la conoscenza e e l'adesione
al messaggio che Cristo é (prima e più ancora che al
messaggio che egli porta). Cristo, infatti è il Logos di Dio che si è
incarnato. È parola-ragione-discorso-dottrina-giudizio-cultura. La “parola
cristiana”, la “ragione cristiana”, il “discorso cristiano”, la “dottrina
cristiana”, il “giudizio cristiano”, la “cultura cristiana” non sono
conseguenze, ricadute, effetti secondari dell'evento di Cristo. Se vengono
intesi così, sono ideologia. Ma un Cristo che non sia logos non
è il Cristo della fede cristiana.
Non c'è
stato un solo momento nella storia della chiesa in cui l'adesione a Cristo,
tramite il battesimo che ci incorpora a Lui, sia stata considerata possibile a
prescindere da una conoscenza e un'ubbidienza di fede al suo messaggio.
All'annuncio, si è sempre accompagnata una catechesi, per quanto
elementare, per quanto espressa in modi semplici e adatti alle possibilità di
ciascuno. La gloria della chiesa, lungo tutti i venti secoli dalla sua storia,
è di avere sempre fatto il catechismo, a tutti. A tutti, anche quando quasi
nessuno sapeva leggere e scrivere. A tutti, anche quando si pensava che gli
schiavi o le donne o i bambini o “i selvaggi” non lo meritassero. Così facendo,
la chiesa ha professato il più grande rispetto che mai si sia visto nella
storia per l'intelligenza degli uomini, di tutti gli uomini.
Un grande storico,
Paul Veyne, ha detto una volta che “ogni cristiano è un intellettuale”, ed è
un'osservazione geniale, se, come credo, si riferisce proprio a questo aspetto
del cristianesimo. A tutti, infatti, la chiesa per secoli si è sforzata di spiegare che Dio è uno e trino, che il Figlio è generato dal Padre ma non
creato, che è Dio come lo è il Padre ma non è il Padre, che lo Spirito santo
procede dal Padre e dal Figlio ... e altre cose come queste, che è
necessario sapere per vivere da cristiani.
Probabilmente
l'osservazione che tanti oggi recitano il credo senza pensarci, senza sapere
bene che cosa dicono, e soprattutto senza rendersi conto dell'immediata ed
enorme rilevanza che quelle parole apparentemente astratte hanno sulla propria
vita, è realistica. Ma questo suona come un terribile atto di accusa verso di
noi cristiani, e come la certificazione del disastro catechetico della
chiesa contemporanea.
La dottrina non è più cultura, si è cristallizzata in
formule che non si ha ormai nemmeno più la voglia di trasmettere, perché chi
dovrebbe farlo le sente come astratte, opinabili e irrilevanti.
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