Don Giussani dice che il potere ha tutto l’interesse a distruggere la
famiglia perché rimane l’ultimo e più forte baluardo che consente all’uomo di
resistere naturalmente alla concezione culturale che il potere introduce. Più
solo è l’uomo e più facilmente è manipolabile. La famiglia è l’esempio più
impressionante della Incarnazione.
Sicari intervista don Giussani
Sicari: È per questo
che oggi il potere ha interesse a distruggere i legami familiari
stabili?
Giussani: L’interesse del potere è duplice:
prima di tutto, distruggendo questa primordiale unità-compagnia
dell’uomo, il potere riesce ad avere davanti a sé un uomo isolato: l’uomo
solo è senza forza, è privo del senso del destino, privo del senso della sua
ultima responsabilità: e si piega facilmente al dettato delle convenienze.
Sicari: Quindi dietro
a tutti i cedimenti sociali a riguardo della famiglia (aborto, divorzio,
convivenze, permissivismo sessuale ecc.) c’è sempre uno stesso scopo:
quello di far dimenticare che libertà e appartenenza sono la stessa cosa…
Giussani: Certamente, perché così l’uomo resta
un pezzo di materia, un cittadino anonimo. La famiglia è
attaccata per far sì che l’uomo sia più solo, e non abbia tradizioni in modo
che non veicoli responsabilmente qualcosa che possa esser scomodo per il potere
o che non nasca dal potere.
La seconda
ragione, più profonda, è questa: che distruggendo la famiglia si
attacca l’ultimo e più forte baluardo che resiste naturalmente alla concezione
culturale che il potere introduce, di cui il potere è funzione: vale a
dire, intendere la realtà atomisticamente, materialisticamente, una realtà in
cui il bene sia l’istinto o il piacere, o meglio ancora il calcolo.
Sicari: Io
penso che il problema più grave della Chiesa di oggi stia nel modo in cui molti
cristiani concepiscono il rapporto tra natura e soprannatura: o in modo
spiritualistico (in cui la fede non c’entra con la vita concreta) o in modo moralistico (la fede c’entra, ma solo come sostegno
etico di un progetto naturale). In ambedue i casi si
dimentica l’innesto sostanziale con cui Dio ha legato assieme ciò che è
naturale e ciò che è soprannaturale, in modo indissolubile, in un unico ordine.
Ora a me sembra che proprio per questo motivo il futuro della fede si
giochi nella famiglia. Il matrimonio è l’unica realtà naturale che diventa
soprannaturale (sacramento) per il solo fatto di essere il gesto di due
battezzati. (…) Il matrimonio-sacramento è il punto della storia in cui la
realtà naturale e quella soprannaturale più perfettamente si innestano l’una
nell’altra senza confondersi, in forza del battesimo, in forza della fede.
Giussani: Vuoi
dire che proprio là dove la natura più si esprime, più dimostra di essere stata
indissolubilmente legata con la soprannatura…
Sicari: Sì, nella
famiglia la natura umana si esprime in tutta la sua concretezza: ogni cosa,
anche la più materiale (la casa, il lavoro, il cibo…), tutto viene finalizzato
e umanizzato. Per questo credere che il matrimonio è un sacramento
suggerisce anche un modo totalizzante di considerare il proprio essere
cristiano: impedisce alla radice ogni dualismo, ogni falso spiritualismo. Cosa
manca allora nel modo abituale con cui si educano i giovani a capire il
sacramento del matrimonio?
Giussani: Manca
la fede nella sua vera natura. C’è
nel migliore dei casi una preoccupazione morale dignitosa e un vago sentimento
di soggezione a Dio. Invece occorrerebbe guardare alla famiglia come
all’esempio più impressionante della Incarnazione. (…)
Sicari: Proprio qui io
credo che si innesti nel modo più autentico la problematica morale. La
morale cristiana non è possibile, non è liberante, se non nasce da uno stupore
davanti al dono di Dio, se non è risposta umile e generosa alla grandezza
del dono che Dio ci fa. Dunque bisogna prima educare i cristiani allo
stupore davanti al miracolo del loro matrimonio. Ma cos’è che fa percepire
come buona, percorribile, la concreta legge morale: quella, ad esempio, che
governa la vita sessuale?
Giussani: Per
amare la morale cristiana e osservarla, bisogna essere coinvolti concretamente
nel fatto di Cristo, bisogna
che Cristo sia divenuto veramente il Signore di tutti, fino ad amare
obbedientemente le leggi che Lui ha messo nella sua creazione. Bisogna che in
casa domini Cristo.
Sicari: Eppure è sempre
più frequente trovare dei cristiani, anche tra i nostri amici, che sono
infastiditi dal fatto che il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) parli spesso della
morale sessuale. Dicono che ormai quelle cose non le capisce più nessuno (…)
e non è più possibile partire dall’etica o insistere subito su questo.
Giussani: Io
non sono affatto d’accordo. E per due motivi diversi, anche se
legati tra loro. Il primo è che il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) insiste
sugli aspetti fondamentali, essenziali per la costruzione di ogni società: il
valore della persona, della ragionevolezza, dell’“atto”. Si tratta
dell’uomo; è la natura dell’uomo che è in gioco in quei problemi
sessuali che sembrerebbero così particolari. Il secondo motivo è che
un cristiano, quando riflette sulle indicazioni del Magistero, anche se gli
sembra che esso parta da lontano, è costretto subito a ritrovare l’imponenza di
Cristo sulla sua vita.
Sicari: (…) Si
dice: bisogna riproporre il fatto di Cristo, non un’etica.
Giussani: Ma
se non si giunge a un’etica, non si comprende il fatto di Cristo. Non si è coinvolti nel fatto, se non
si entra nel movimento morale che il fatto implica.
Sicari: A
volte però si sente dire, anche da persone autorevoli: se fosse per le
indicazioni morali, io non starei nel cristianesimo, perché sarebbe solo
addossarsi altri pesi. Ci resto perché mi dà gioia, soddisfa le mie esigenze…
Giussani: Io sto nel cristianesimo perché è
la verità; perché riconoscere il fatto di Cristo e la sua
presenza mi converte, mi sospinge, mi attira a cambiare il mio modo di entrare
in rapporto con tutte le cose, mi fa diventare più vero fin nei particolari. Incontrando il fatto cristiano,
anche il rapporto affettivo diventa più doloroso e più vero: si accetta una
maggiore “dolorosità”, perché lo si vuole più vero. Quando una donna vuole bene
ad un uomo, se lui viene mandato dalla sua ditta per sei mesi in America, lei
l’attende, è tesa a lui, gli resta unita. Il fatto stupefacente del
loro amore, della loro unità è dentro la serietà etica della loro reciproca
attesa.