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Se il governo si togliesse per un attimo la mascherina dagli occhi,
vedrebbe subito l'iceberg a cui sta andando incontro. Una specie di iceberg
fantasma, a cui nessuno sembra dare eccessiva importanza. Si parla
della scuola, e sembra un divagare.
(...) Eppure l'iceberg Scuola avanza verso la nave Italia a una velocità
spaventosa, nella colpevole incuranza generale. È l'unico settore per cui non
è ancora stato previsto nemmeno un protocollo per la ripartenza. Otto
milioni di studenti aspettano da inizio marzo una qualche prospettiva per il
loro ritorno in classe. La didattica a distanza, lodevolmente
sperimentata in questo tempo sconvolto dalla reclusione per pandemia, ha
raggiunto un alunno su due, aggravando una povertà educativa che secondo
l'Istat ha ormai superato i 2 milioni di minori, un quarto del totale.
Forse si ricomincerà lunedì 14 settembre, ma non si sa in quanti né come,
e poi bisogna ancora incastrare la data con il turno elettorale saltato per
virus, visto che la quasi totalità dei seggi è ospite fissa di edifici
scolastici. Se ne discuterà con le Regioni, prossimamente. In fondo siamo
appena a metà giugno, c'è tutto il tempo per fare finta di risolvere il
problema. Tanto ci sono le madri a garantire supplenza: se non loro,
chi? Il marito torna al lavoro e la moglie, obbligata dalla
necessità, resta accanto ai figli, e magari il lavoro lo perde per prima. Ma
è una condanna di genere, tocca rassegnarsi, rimandando la chimera della
parità a tempi più propizi.
Altrove hanno avuto chiaro da subito qual era la priorità sociale. In
Germania, Francia, Regno Unito, Danimarca, ma persino in Paesi più fragili
come Grecia e Portogallo, chi dalle materne e chi anche solo per concludere i
cicli, hanno tentato di cucire la ferita aperta dalla pandemia mettendo per i
primi i bambini. Noi stiamo facendo il contrario, e non da oggi.
Fra i 37 Stati
dell'Ocse, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico,
·
siamo con vergogna all’ultimo posto per spesa pubblica destinata
all’istruzione: 6,9 % del totale
(gli Usa, quasi il doppio; il Cile addirittura il triplo).
·
Abbiamo il più basso tasso di laureati d’Europa (dopo la Romania) e uno dei
più alti di abbandono scolastico (un milione in 10 anni).
·
Record negativo anche per gli stipendi dei docenti, gli «artigiani delle generazioni
future», secondo la felice immagine di Papa Francesco: tutti abbondantemente
sotto media Ocse, dalle elementari alle superiori. Se si fa la media di
tutto, non suona strano che il 20 % dei nostri giovani (16-29 anni)
abbia capacità di lettura considerate minime. E non è più vero che non è
mai troppo tardi.
·
Le nostre 41 mila scuole sono in gran parte vecchie, ammalorate, concentrate in grandi
plessi da oltre mille studenti (con un solo preside per tutti, una condanna
più che una cattedra, e aule ingestibili da 30 alunni) invece che distribuite
in piccole unità educative sul territorio.
·
Il corpo docente (dagli impiegati ai bidelli) è intorno al milione,
con 700 mila insegnanti, di cui 200 mila precari, picco storico.
E il conto lo pagano un po' tutti, a cominciare dalle categorie più esposte,
più vulnerabili, con moltissimi disabili ormai privati degli indispensabili
insegnanti di sostegno, per carenza di personale e di competenze.
A fine dicembre 2019
si era dimesso il ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, deputato
Cinquestelle e professore di Economia politica: esaminata la situazione,
aveva chiesto dei fondi che non gli erano stati concessi. Allora, prima del
virus, riteneva indispensabili 3 miliardi di finanziamento strutturale.
Nell'ultimo Decreto Rilancio, quindi post virus, alla scuola, questa
scuola italiana, sono stati destinati 1 miliardo e 400 milioni, la metà di
quelli per Alitalia.
La metafora dell'iceberg non pare esagerata. Rileggete per favore con
calma questi numeri: la loro somma è lo zero che la nostra classe
dirigente, il nostro governo, le nostre istituzioni, stanno pensando di
investire sul futuro degli italiani che hanno più futuro davanti. Ed è una
ipoteca di cui dovranno rendere conto, senza alibi da pandemia che possa
giustificare una visione così miope, una sottrazione di apprendimento e
socialità a danno delle generazioni che hanno tutti i diritti di poter vivere
in un'Italia attenta anche ai loro, di diritti.
Tratto da un articolo di CARLO VERDELLI, Corriere della sera
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