L'insegnamento di Manzoni nei Promessi Sposi è di una attualità sconcertante. Si comprende come la fede vissuta e pensata dia ragioni di vivere all'uomo, di allora e di adesso. Questa mirabile predica di P. Felice, nel Lazzaretto di Milano, è rivolta a coloro che erano scampati dalla peste. Potrebbe essere modello per tante nostre parole, conforto e verità non sentimentale né ideologica
DA “I PROMESSI SPOSI” CAPITOLO XXVI
Renzo s'era appena avviato, che vide il padre Felice comparire nel portico della cappella, e affacciarsi sull'arco di mezzo del lato che guarda verso la città; davanti al quale era radunata la comitiva, al piano, nella strada di mezzo; e subito dal suo contegno s'accorse che aveva cominciata la predica.
Girò per quelle viottole, per arrivare alla coda dell'uditorio, come gli era stato suggerito. Arrivatoci, si fermò cheto cheto, lo scorse tutto con lo sguardo; ma non vedeva di là altro che un folto, direi quasi un selciato di teste. Nel mezzo, ce n'era un certo numero coperte di fazzoletti, o di veli: in quella parte ficcò piú attentamente gli occhi; ma, non arrivando a scoprirci dentro nulla di piú, gli alzò anche lui dove tutti tenevan fissi i loro. Rimase tocco e compunto dalla venerabil figura del predicatore; e, con quel che gli poteva restar d'attenzione in un tal momento d'aspettativa, sentì questa parte del solenne ragionamento.
"Diamo un
pensiero ai mille e mille che sono usciti di là;" e, col dito alzato sopra
la spalla, accennava dietro sé la porta che mette al cimitero detto di san
Gregorio, il quale allora era tutto, si può dire, una gran fossa: "diamo
intorno un'occhiata ai mille e mille che rimangon qui, troppo incerti di dove
sian per uscire; diamo un'occhiata a noi, così pochi, che n'usciamo a
salvamento. Benedetto il Signore! Benedetto nella giustizia, benedetto nella
misericordia! benedetto nella morte, benedetto nella salute! benedetto in
questa scelta che ha voluto far di noi! Oh! perché l'ha voluto, figliuoli, se
non per serbarsi un piccol popolo corretto dall'afflizione, e infervorato dalla
gratitudine? se non a fine che, sentendo ora piú vivamente, che la vita è un
suo dono, ne facciamo quella stima che merita una cosa data da Lui,
l'impieghiamo nell'opere che si possono offrire a Lui? se non a fine che la
memoria de' nostri patimenti ci renda compassionevoli e soccorrevoli ai nostri
prossimi?
Questi intanto, in
compagnia de' quali abbiamo penato, sperato, temuto; tra i quali lasciamo degli
amici, de' congiunti; e che tutti son poi finalmente nostri fratelli; quelli
tra questi, che ci vedranno passare in mezzo a loro, mentre forse riceveranno
qualche sollievo nel pensare che qualcheduno esce pur salvo di qui, ricevano
edificazione dal nostro contegno.
Dio non voglia che
possano vedere in noi una gioia rumorosa, una gioia mondana d'avere scansata
quella morte, con la quale essi stanno ancor dibattendosi. Vedano che partiamo
ringraziando per noi, e pregando per loro; e possan dire: anche fuor di qui,
questi si ricorderanno di noi, continueranno a pregare per noi meschini.
Cominciamo da questo
viaggio, da' primi passi che siam per fare, una vita tutta di carità. Quelli
che sono tornati nell'antico vigore, diano un braccio fraterno ai fiacchi;
giovani, sostenete i vecchi; voi che siete rimasti senza figliuoli, vedete,
intorno a voi, quanti figliuoli rimasti senza padre! siatelo per loro! E questa
carità, ricoprendo i vostri peccati, raddolcirà anche i vostri dolori."
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