Organizzato dai centri culturali di Cesena Il Campo della stella e Il Crocevia, si è svolto online giovedì 17 febbraio l’incontro “Attualità de ‘Il padrone del mondo’ di R. H. Benson”, cui ha partecipato il giornalista di tempi Rodolfo Casadei.
Di seguito riportiamo un adattamento del suo intervento.
* * *
Il padrone del mondo è un libro che parla della fine del mondo. La fine del mondo è preceduta dall’unificazione politica del mondo, dall’unificazione delle Chiese cristiane, accompagnata però dall’apostasia della maggior parte dei credenti; è preceduta dalla sostituzione del culto cristiano con una religione secolare, con un culto umanitaristico imposto per legge; è preceduta dalla persecuzione dei pochi cristiani rimasti, dall’avvento dell’Anticristo, identificato in un leader politico che riesce a riportare la pace nel mondo che era sull’orlo di una guerra mondiale, e che poi si impegna a sterminare quel che resta della Chiesa cattolica, cioè i cristiani che non abiurano la loro fede. La fine del mondo poi coincide con la parusìa, col ritorno di Cristo. Trionfo terreno dell’Anticristo, secondo avvento di Cristo, fine di questo mondo.
Questa vicenda
apocalittica è raccontata attraverso alcuni personaggi. Giuliano Felsemburgh è
l’uomo politico americano che si manifesterà come l’Anticristo, Percy Franklin
è il suo antagonista, è un sacerdote cattolico inglese che diventerà l’ultimo
papa col nome di papa Silvestro; Oliviero Brand è un esponente della classe
politica atea e anticristiana che accompagna l’ascesa di Felsemburgh, Mabel è
sua moglie, ed è il personaggio tragico della storia, che accoglie con
entusiasmo l’avvento dell’umanità post-cristiana, ma poi soccombe sotto le sue
contraddizioni. Questi sono i personaggi principali.
Un libro come questo va poi contestualizzato. Il libro colloca i fatti di
cui parla attorno all’anno 2007, ma è stato scritto nel 1907. Per apprezzarlo
adeguatamente bisogna dire due parole sull’epoca in cui è stato scritto e sul
suo autore. Chi era Robert Hugh Benson, l’autore? Era niente meno che l’ultimo
dei quattro figli dell’arcivescovo anglicano di Canterbury, lui stesso
sacerdote anglicano che nel 1903 fu accolto come convertito nella Chiesa
cattolica, e nel 1904, alla fatidica età di 33 anni, fu ordinato sacerdote
cattolico. In un’epoca nella quale il sentimento anticattolico in Inghilterra
era ancora molto vivo. (Nel Padrone del mondo i
due personaggi principali, Felsemburgh e Percy Franklin, hanno entrambi 33
anni, non per caso). In Italia Robert Benson è conosciuto esclusivamente
per Il padrone del mondo, ma in realtà lui ha scritto molte
altre cose, soprattutto del genere che oggi si chiama fiction. Soprattutto
fiction storica.
È importante inquadrare il momento storico in cui viene scritto il Padrone del mondo: 1907. Siamo nel pieno della Belle
Epoque. La Belle Epoque sono quei 43 anni che vanno dal 1871 al 1914.
Naturalmente chi viveva negli anni della Belle Epoque non sapeva che
quella era la Belle Epoque. Così come i medievali non sapevano che stavano
vivendo nel Medio Evo: chi è venuto dopo ha scansionato le epoche storiche e ha
detto: quello è il Medio Evo, questa è la Belle Epoque. La Belle Epoque si
chiama così perché è il più lungo periodo di pace nell’Europa occidentale e
centrale che si fosse fino ad allora conosciuto: dopo l’ultima guerra
franco-prussiana, che finisce nel 1871, non ci sono più guerre fino allo
scoppio della Prima Guerra mondiale nel 1914. In questo periodo ci sono guerre
russo-turche, italo-turche, guerre balcaniche, ma nessuna guerra che metta una
contro l’altra Parigi, Londra, Berlino, Roma, Vienna. È una situazione felice e
inedita, che favorisce la crescita economica, l’arte, i viaggi, lo sviluppo
tecnologico con grandi invenzioni: l’illuminazione elettrica, i primi aerei,
nuovi vaccini, la radio, il cinema.
La Belle Epoque coincide con l’età dell’imperialismo; nelle periodizzazioni
dei manuali l’età dell’imperialismo va dal 1870 al 1914, ed è l’epoca di
massima integrazione politico-economica mondiale. Poche potenze europee
governano territori estesissimi in tutto il mondo. Per trovare un’integrazione
paragonabile bisogna venire ai giorni nostri, alla globalizzazione
post-1989.
Ma la Belle Epoque è anche l’epoca della grande ascesa del socialismo; nel
1889 era stata creata la Seconda Internazionale, che riuniva i partiti
socialisti e socialdemocratici dell’epoca, che erano partiti antisistema. Non
dobbiamo pensare ai socialisti e socialdemocratici del secondo dopoguerra: a
quel tempo i socialisti italiani, tedeschi, francesi avevano programmi di tipo
rivoluzionario. E nell’opinione pubblica erano associati al comunismo.
Nel Padrone del mondo, scritto nel 1907, si parla di regimi
comunisti. L’epoca in cui scrive Benson è tormentata dall’interrogativo sul
socialismo: dov’è che scoppierà la rivoluzione socialista? In quale paese o in
quali paesi andrà al potere un regime comunista? Si discuteva se il socialismo
sarebbe andato al potere in Inghilterra oppure in Germania, che erano i due
paesi più industrializzati, quindi con la classe operaia più numerosa; oppure
in Francia, il paese di tutte le rivoluzioni. Nel Padrone del mondo si cita più volte Karl Marx, ma
si cita anche un certo Gustave Hervé, che nessuno oggi ricorda. Hervé era un
agitatore socialista francese molto noto all’inizio del XX secolo, e Parigi era
la sede della Seconda Internazionale. Oggi nessuno più si ricorda di Hervé
perché ebbe un’evoluzione politica molto simile a quella del socialista Benito
Mussolini: il socialismo di Hervé divenne nazional-socialismo, ma non ebbe la
stessa temporanea fortuna del nazional-socialismo tedesco o del fascismo
italiano. Comunque nel Padrone del mondo i
comunisti sono al potere un po’ dappertutto, insieme ai massoni, e
l’Inghilterra è diventata un regime comunista a partire dal 1927.
Il terzo elemento di contesto che va ricordato è che Il padrone del mondo viene scritto nello stesso
anno, il 1907, in cui Pio X pubblica l’enciclica Pascendi Dominici Gregis, che è l’enciclica che
condanna il modernismo come “sintesi di tutte le eresie”. Il modernismo teologico
nella Chiesa cattolica è quel movimento intellettuale a cavallo fra XIX e XX
secolo che vuole conciliare scienza e cristianesimo a modo suo, cioè
subordinando il cristianesimo alla scienza moderna. Detto in parole semplici:
quando il cristianesimo contraddice la scienza moderna, le verità del
cristianesimo cessano di essere verità e vanno interpretate come simboli.
Esempio: la scienza non riconosce la resurrezione dei morti, perciò quando il
cristianesimo proclama la resurrezione di Cristo, questa non è una verità
fattuale, ma è la manifestazione di un’esigenza psicologica dell’essere umano,
è l’espressione simbolica di un’esigenza morale, eccetera. Bene, nel Padrone del mondo sono descritte alcune abiure da
parte di sacerdoti cattolici che sono ispirate al modernismo, cioè all’idea che
non c’è una realtà soprannaturale, non c’è un ordine soprannaturale, ma tutto
procede dal subconscio umano, e il cristianesimo è solo un modo ingenuo,
pre-scientifico e pieno di contraddizioni di affermare alcune verità circa la
natura umana.
Inquadrato il contesto
storico questo, occorre inquadrare l’attualità dei contenuti del libro. In che
cosa i contenuti del libro prefigurano la condizione odierna? Chi ha letto
questo libro, per esempio, cinquanta anni dopo che è stato scritto, poteva dire
che il libro aveva prefigurato i totalitarismi del Novecento, perché con
venti-trent’anni di anticipo aveva descritto i totalitarismi del Novecento:
Felsemburgh e il suo regime incarnano il leader carismatico che ipnotizza le folle
e una dottrina politica collettivista che fa violenza alle coscienze e che
indica il nemico assoluto da eliminare. Quando Benson scriveva, Lenin, Stalin,
Mussolini e Hitler dovevano ancora salire al potere, i kulaki e gli ebrei
dovevano ancora essere sterminati.
Chi legge Il padrone del mondo oggi,
cioè 115 anni dopo che è stato scritto, quali prefigurazioni della realtà
odierna, o delle tendenza odierne, riscopre? Ne trova un buon numero.
Anche oggi assistiamo
alla progressiva unificazione del mondo, che è uno dei temi del libro. Al tempo
in cui fu scritto, l’unificazione stava avvenendo attraverso l’imperialismo e
attraverso invenzioni come il treno, le navi a vapore, il telegrafo, la radio,
ecc. Oggi l’unificazione avviene sotto forma di globalizzazione,
globalizzazione voluta all’indomani della fine della Guerra Fredda dagli Stati
Uniti e dalla grande finanza, e resa concretamente possibile dalle nuove
tecnologie informatiche e dal miglioramento delle tecnologie dei trasporti.
Nonostante il procedere della globalizzazione, il mondo è più diviso che
mai dal punto di vista politico-militare: vedi la crisi russo-ucraina che
coinvolge la Nato, vedi il braccio di ferro fra Stati Uniti e Cina in Asia, che
ha valenze globali. Anche questo c’è nel Padrone del mondo:
il mondo è descritto come alla vigilia di un conflitto catastrofico fra Oriente
ed Europa. Per quanto riguarda noi dell’anno 2022, possiamo dire che
l’obiettivo strategico della globalizzazione a guida americana è fallito.
Produzione, commercio, comunicazione, scambi tecnologici non dovevano avere più
avere confini, perché così il resto del mondo sarebbe stato assorbito nel
sistema occidentale dal punto di vista sia economico-finanziario che
politico-ideologico. Invece non è andata così: la globalizzazione ha favorito
l’emergere della superpotenza autocratica cinese, che si è appropriata di
tecnologie e mercati e allo stesso tempo ha mantenuto la propria autonomia dal
punto di vista politico e ideologico. La globalizzazione non ha prodotto
l’americanizzazione del mondo, ma ha creato un contesto di competizione
spietata fra grandi e medie potenze (oltre alla Cina e alla Russia ci sono
l’India, la Turchia, l’Iran, l’Arabia Saudita, ecc.).
Un altro tema del libro che ha un riscontro importante nella realtà odierna
è il declino dell’appartenenza religiosa. Alcuni esempi. Negli Stati Uniti nel
1992, cioè trent’anni fa, il 70 per cento degli abitanti era membro di una
Chiesa o di una Sinagoga, il 29 per cento non aveva nessuna affiliazione
religiosa. Nel 2021 i membri di Chiese e sinagoghe sono solo il 47 per cento
degli americani, mentre i non affiliati sono il 52 per cento. E il sorpasso è
avvenuto già un paio di anni fa. Gli Stati Uniti si sono messi quasi a pari con
l’Olanda, che è uno dei paesi più secolarizzati del mondo. Secondo l’Istat
olandese, i non affiliati a nessuna religione sono il 55,4 per cento dei
cittadini. Questo d’altra parte non significa che il 44,6 per cento sia
credente per davvero. Gli olandesi, che sono molto pratici e disincantati, chiedono
attraverso il loro istituto di statistica alle persone in cosa specificamente
credono. E allora si scopre che i credenti in Dio sono appena il 24,4 per
cento, che diventano il 31,9 se si aggiungono anche quelli che dicono “credo in
Dio, ma ho dei dubbi”. C’è un 15 per cento che dice “non credo in Dio ma credo
in una potenza superiore”; gli atei veri e propri sono il gruppo di maggioranza
relativa col 33,4 per cento, diventano il 47,6 per cento se aggiungiamo gli
agnostici. Faccio un ultimo esempio. Per comprendere la portata della flessione
della fede religiosa possiamo anche fare riferimento a grandi temi del
dibattito sociale, come la liceità dell’aborto. Nella cattolica Irlanda si sono
tenuti due referendum sull’aborto nell’arco di 35 anni, il primo nel 1983, il
secondo nel 2018. Nel 1983 un referendum propositivo ha aggiunto alla
costituzione un comma che proibiva la legalizzazione dell’aborto; nel 2018 un
referendum abrogativo ha eliminato questo comma. Nel 1983 il 66,9 per cento dei
votanti aveva votato contro l’aborto; nel 2018 il 66,4 per cento dei votanti ha
votato a favore dell’aborto. Le parti si sono invertite.
Nel Padrone del mondo le religioni trascendenti e i
loro riti sono sostituite dall’umanitarismo, una sorta di religione
immanentista, e dai suoi riti, che ricalcano la liturgia cattolica. La figura
di Giuliano Felsemburgh durante questi riti viene evocata con terminologie
prese di peso dalla tradizione cristiana: il salvatore del mondo, il figlio
dell’uomo, ecc. Anche noi abbiamo visto in questi decenni sostituire i riti
sacri con riti profani. Riti profani che hanno assunto caratteri religiosi. I
grandi eventi sportivi, i festival della musica e del cinema hanno assunto
caratteri religiosi. Gli assi dello sport, gli attori e le attrici più famose,
i cantanti e i gruppi musicali più celebrati occupano il posto che un tempo
occupavano i santi e i profeti. Basta guardare alle espressioni
linguistiche: per i grandi calciatori si usa la parola idolo, e per i loro
sostenitori si usa la parola inglese “fans”, che significa fanatico. Le grandi
prestazioni sportive sono definite con un linguaggio religioso: si parla di
salvataggio miracoloso, di recupero prodigioso, si parla di magia
dell’attaccante. Gli attori vengono definiti divi e dive, che in latino
significa divino. Di un attore o di un’attrice si dice che ha avuto la sua
consacrazione nel tale ruolo, ha avuto la sua consacrazione presso il grande
pubblico, eccetera. Pensate a che cosa è diventato il Festival di Sanremo: una
specie di settimana santa, dove ogni sera un personaggio diverso pronuncia
un’omelia su un argomento di grande importanza: il sesso, la razza, la
criminalità, eccetera. Con un’impostazione della voce, con inquadrature, con
coreografie che rimandano alla sacralità, alla profezia, alla rivelazione. Mi
chiedono: “perché non guardi più il Festival di Sanremo?”. Non lo guardo da
anni. Io rispondo: non è un festival della canzone, è un atto liturgico di una
religione che non è la mia religione. Non guardo il Festival per la stessa
ragione per cui non vado alle assemblee dei Testimoni di Geova e non partecipo
ai riti di iniziazione Wicca neopagani: non sono la mia religione. Ma c’è la
musica, ma ci sono le canzoni: certo, da che mondo è mondo la musica e il canto
sono fondamentali nel culto. Sant’Agostino diceva: “Chi canta prega due volte”.
Le famose provocazioni blasfeme di Sanremo cosa sono? Se restiamo lucidi e non
ci lasciano trascinare nella trappola della reazione scandalizzata, che fa il
gioco di chi si vuole farsi pubblicità sfruttando la nostra naturale
indignazione, possiamo comprendere che ci troviamo di fronte all’appropriazione
di rituali della religione cristiana che si vuole assorbire e superare. Non è
tanto una profanazione, quanto una sottomissione del vecchio al nuovo.
Esattamente come nel Padrone del mondo.
Sul quotidiano La Stampa è apparso un
articolo di commento di Elena Stancanelli. Ne leggo qualche riga: «A cantare è
un fanciullo. Un giovane favoloso che di anni ne ha davvero diciotto, Blanco da
Calvagese, in provincia di Brescia. Insieme a un uomo altrettanto favoloso,
Mahmood, trent’anni. Uno che ha talmente tanto talento e intelligenza da aver
capito che quello che gli serviva, per rendere il suo pezzo indimenticabile,
era un ragazzo con gli occhi ancora pieni di stelle. (…) Guardatelo Blanco che
si affaccia al balcone e spiega ai suoi coetanei che lo acclamano che devono
indossare la mascherina. Non c’è niente che non possa fare senza mai togliersi
quelle stelle dagli occhi perché sa fare una cosa che noi abbiamo fatto
malissimo: essere giovane. Sa navigare, e ha la spavalderia di chi non si tira
mai indietro. Capace di attraversare tutto e non rifiutare niente. (…) Non so
voi, ma io non vedo l’ora che, dopo il festival di Sanremo, si prendano tutto.
Diamogli le chiavi, chiediamogli scusa e facciamo un passo indietro». È il
Salvator Mundi, è il Messia.
Sempre restando sul tema della nuova religione, c’è un’altra perfetta
coincidenza fra Il Padrone del mondo e l’epoca
contemporanea: ed è che la negazione del cristianesimo non conduce all’ateismo,
ma all’idolatria. Il centro dell’adorazione non resta vuoto: come scrive Benson
nel suo libro per spiegare le liturgie umanitariste, «l’uomo non può fare a
meno di adorare». E che cosa c’è al cuore dell’adorazione umanitarista? C’è
l’uomo. L’uomo, creatura finita, prende il posto di Dio infinito. Nel libro
come nella realtà odierna noi non assistiamo al trionfo
dell’ateismo, ma alla deificazione dell’uomo. Deificazione dell’uomo
che propongo di scrutare attraverso due temi presenti nel libro: la tecnologia
e l’eutanasia. Nel libro l’eutanasia è un tema molto rilevante, ma anche sulla
questione della tecnologia ci sono alcune pagine davvero interessanti e a mio
parere sottovalutate.
Benson descrive la
Roma tornata sotto il governo temporale del Papa – al Papa è stato concesso di
riprendersi Roma in cambio della consegna di tutte le chiese d’Italia al nuovo
potere. Roma è descritta come una città dove il progresso tecnologico non è
arrivato, dove si va ancora in giro sulle carrozze trainate dai cavalli. E
Benson dedica poche righe a spiegare perché: «Il mondo aveva camminato molto:
ma Roma non si era mossa. (…) I libri di storia dicono che Roma avesse
rifiutato tutti i miglioramenti promossi dal governo italiano, già vent’anni
prima, non appena era stata proclamata indipendente. I tranvai non correvano
più; agli aeroplani era stato vietato il passaggio oltre il recinto. (…) Percy
guardò intorno di sfuggita e vide i paesani vestiti all’antica, le carrette da
vino bianche e rosse, i torsoli dei cavoli sparsi sul marciapiedi, i panni
bagnati stesi alle finestre e dondolanti dalle corde. Vide muli e cavalli.
Tutto gli sembrava strano; eppure provava sollievo di fronte a questo panorama;
gli ricordava che l’uomo è uomo e non dio, come invece tutti sostenevano. E
l’uomo, pur essendo noncurante ed egoista, è attento a qualcosa di più profondo
che non la velocità degli aerei, la pulizia e la precisione». Questa ostilità
alla continua innovazione tecnologica da parte della Chiesa a me sembra
decisiva, perché la tecnologia è al cuore del dispositivo che deifica l’uomo,
che sostituisce l’uomo a Dio. La tecnologia è al cuore del progetto nichilista.
Di solito si parla di nichilismo come di qualcosa che coincide con lo spirito
del tempo. Io lo percepisco come un vero e proprio progetto, anche se
l’espressione può suonare contraddittoria. Un progetto che si realizza
attraverso la tecnologia.
Quest’anno la Scuola di Comunità di Comunione e Liberazione si fa sul
libro Dare la vita per l’opera di un Altro, dove c’è
anche una certa fenomenologia del nichilismo. Nel nichilismo le cose cessano di
avere un senso, cessano di avere una natura loro propria che chiede di essere
riconosciuta. Le cose hanno un senso e hanno una natura solo nella misura in
cui è l’uomo a conferirglieli. L’uomo non riconosce più nulla, è lui che
conferisce a suo arbitrio senso e natura alle cose: in questo consiste la sua
divinità, l’uomo è il vero Dio perché è lui che attribuisce senso, consistenza,
natura alle cose. E a se stesso (il gender e tutto il resto). E come fa? Non è
una semplice operazione intellettuale. L’uomo conferisce il nuovo senso e la
nuova natura attraverso il potere della tecnologia. Permettetemi una citazione
dalla presentazione della Scuola di Comunità, presa dall’intervento di Davide
Prosperi sul tema del nichilismo: «L’attualizzazione di questa concezione è
l’idea che non c’è un senso nella realtà, e quindi non c’è un ordine, che sono
chiamato ad accogliere e ad amare. Per cui la libertà non è più un domandare di
riconoscere il Mistero che anima le cose dal di dentro di esse, ma piuttosto è
forzata in un ruolo che non le si addice, di dare un senso alle cose secondo la
propria misura. Il nichilismo anche per noi oggi si gioca in questa
alternativa: nelle cose c’è un senso originario o no? C’è un bene reale,
oggettivo, o no? Se non c’è, ce lo devo mettere io, devo dare io un senso ad
una realtà che altrimenti non ce l’ha. Quindi qui Giussani suggerisce un’idea
rivoluzionaria dell’energia della libertà: libertà come riconoscimento
piuttosto che come un fare qualcosa. (…) Cosa c’entra il potere con questa idea
di nichilismo? Perché dal nichilismo deriva questa centratura sul Potere? Il
diabolico non può inventare la realtà dal nulla, ma può reinventare il senso
della realtà, cerca di farlo introducendo il dubbio che la realtà non abbia
senso e quindi gliene dà uno nuovo, inventato da sé a proprio comodo. (…) se la
libertà non sta nell’amare, nell’affermare, nel custodire e servire il valore
intrinseco delle cose, e attraverso questo servire Dio che mi affida la realtà,
allora la libertà luciferina si esercita come potere, cioè come tentativo di
ricreare la realtà negando quella data (per negare Dio), concretamente dandole
un significato diverso da quello che ha: nell’atteggiamento nichilista, la
libertà non è negata, esiste ancora! E il suo nuovo compito sta nel decidere
cosa le cose sono. Per poter essere Dio (dice il principe della menzogna) devo
ridare un significato alle cose, devo dare il nome che decido io alle cose».
Per fare tutto questo,
ci vuole la tecnologia. Per separare la sessualità dal suo significato
intrinseco non basta la filosofia libertina, non basta l’ideologia gender: ci
vuole il potere della tecnologia. Ci vuole il progresso tecnologico che
permette di abortire in condizioni sicure, ci vuole la fecondazione assistita
che permette di assegnare i ruoli della paternità e della maternità con la
massima disinvoltura, ci vogliono anticoncezionali sicuri per evitare
gravidanze e malattie sessualmente trasmissibili e quindi per trasformare i
rapporti sessuali in un’attività totalmente e puramente ricreativa, ci vuole
una chirurgia di alta qualità per trasformare gli uomini in donne e le donne in
uomini, eccetera eccetera.
Qualcuno potrebbe concludere che gli esempi fatti per illustrare il
rapporto fra nichilismo e potere della tecnologia denotano che la
preoccupazione nei riguardi dei progressi della tecnologia, e di come questi
progressi stravolgono il nostro rapporto con la natura delle cose, è una cosa
tipica di cattolici sessuofobi. Questa preoccupazione è certamente propria al
mondo cattolico, e la si ritrova anche nell’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco, ma è largamente
condivisa da menti brillanti che cristiane non sono. A cominciare da Martin
Heidegger e proseguendo con Hans Jonas, Günther Anders, Jacques Ellul, Michael
Hanby, Neil Postman, Alain Finkielkraut, e potremmo fare una lunga bibliografia
per dimostrare che chi pone questo genere di questioni non è un oscurantista;
oscurantista, e autoritario, è chi nega che ci siano problemi con la
traiettoria della tecnologia.
L’ultimo riscontro dei contenuti del libro con quelli dell’attualità che
propongo è quello che riguarda l’eutanasia. L’eutanasia è un argomento
importante nel Padrone del mondo: uno dei
personaggi principali ricorre all’eutanasia nella forma del suicidio assistito.
Mabel, la moglie di Brand, non cerca di sfuggire ai dolori fisici di una
malattia, ma alla sofferenza psicologica che l’ha colpita quando si è resa
conto che il prezzo della pace mondiale è lo sterminio di una categoria di
cittadini, i cristiani. La legge vigente le permette di suicidarsi. E lei di
nascosto dal marito si reca in una clinica della “buona morte”. Leggo alcune
passaggi: «Non ebbe sentore delle ricerche del marito, giacché, in questi casi,
la polizia difendeva i fuggitivi da coloro che li cercavano. Il personalismo
(col personalismo si intende la scelta individualistica – ndr) era infatti
ammesso solo nel caso in cui uno volesse abbandonare la vita perché ne sentiva
il tedio. (..) Aveva pensato alla morte, per la prima volta, a causa delle
sofferenze atroci che avevano provocato in lei le violenze dell’ultimo anno.
(…) Sapeva di non poter reggere di fronte al fatto; sapeva di non riuscire a
capire la nuova fede; e capiva che, comunque fosse stato per gli altri, per lei
non vi era più speranza. (…) Credeva, come tutti gli umanitaristi, che i dolori
del corpo fossero un sufficiente motivo per il suicidio, così come i dolori
dello spirito. Quando il disagio aveva raggiunto un punto tale da rendere
l’individuo inutile a sé e agli altri, il suicidio era da considerarsi il più
alto gesto di carità. (…) l’unica vera religione era quella umanitaria. L’uomo
era Dio o per lo meno la sua più alta manifestazione. Ma con questo Dio ella
non voleva avere più niente a che fare».
Credo che meglio di così, l’eutanasia non si può spiegare. L’eutanasia, il
suicidio assistito rappresentano l’eliminazione del debole in quanto debole per
volontà del debole stesso che prova vergogna della propria debolezza. Prova
vergogna della propria debolezza perché nella società dove la cultura
nichilista è egemone, conta solo il potere: lo abbiamo detto prima, il potere
di fare della realtà quello che voglio, di fare di me stesso quello che voglio,
perché la mia natura me la do da me, il mio destino me lo do da me; non mi
precedono, non sono chiamato a riconoscerli, ad abbracciarli: li devo poter
creare io. Allora quando mi rendo conto di non avere questo potere, io mi
vergogno della mia impotenza, mi sento privato della mia dignità, e la dignità
che ho perso me la riprendo attraverso il suicidio o l’eutanasia. Questo è il
vero significato dell’orribile equazione fatta circolare dai radicali
“eutanasia = morire con dignità”. Bisogna convincere i deboli che la loro vita
non è degna di essere vissuta, così si toglieranno di mezzo di loro spontanea
iniziativa e lasceranno il passo ai forti, a coloro che sanno esercitare il
potere, e che avranno le mani pulite in rapporto alla soppressione dei deboli.
La richiesta della legalizzazione dell’eutanasia viene presentata come l’ultima
soluzione per i malati che soffrono troppo e non hanno più speranza di
guarigione, ed è per questo che è popolare; ma l’orizzonte strategico della
legalizzazione dell’eutanasia è ben altro, è l’autoeliminazione dei deboli
perché i potenti possano più agevolmente esercitare il loro potere. Torniamo al
discorso sulla tecnologia: la tecnologia del futuro sarà in grado di produrre
esseri umani potenziati, cyborg dotati di impianti artificiali e di protesi che
li renderanno fortissimi, intelligentissimi, felicissimi. Ma c’è un problema:
tutte queste cose costano tantissimo, non tutti se le potranno permettere, la
diseguaglianza fra gli esseri umani diventerà abissale. Allora come fare fronte
alle crisi che si prospettano, alla rivolta degli esclusi? Convincendoli che la
loro vita non vale la pena di essere vissuta, che la loro vita ha perso
dignità, che loro sono obsoleti, nel confronto con le performance degli esseri
umani potenziati. E la verità di quello che dico la potete verificare se
prendete in mano la proposta referendaria dei Radicali che la Corte
costituzionale ha bocciato e la proposta di legge che è stata presentata in
Olanda nel luglio 2020 per allargare le maglie dell’eutanasia.
Se il quesito referendario radicale fosse stato ammesso e fosse stato approvato
dagli elettori, in Italia chiunque, in qualunque condizione, avrebbe potuto
richiedere il suicidio assistito, e lo Stato glielo avrebbe dovuto mettere a
disposizione. Una persona sanissima avrebbe potuto chiedere di morire, e lo
Stato l’avrebbe dovuta aiutare a farlo. In Olanda, il primo paese al mondo che
ha legalizzato l’eutanasia, è stata proposta una legge in base alla quale ogni
cittadino che supera i 75 anni di età avrebbe con ciò stesso il diritto a
richiedere l’eutanasia semplicemente se ritiene che il suo percorso di vita sia
arrivato a conclusione.
Quindi il concetto da trattenere è il seguente: l’eutanasia è organica
all’egemonia della visione nichilista del mondo, il nichilismo ha bisogno
dell’eutanasia per essere sostenibile, economicamente e socialmente
sostenibile.
Ultima cosa. Il libro si conclude non con il trionfo terreno
dell’Anticristo, ma con il ritorno di Cristo. Il messaggio è inequivocabile: il
ritorno di Cristo, l’instaurazione definitiva del Regno di Dio, potrà avere
luogo solo dopo la temporanea vittoria dell’Anticristo. Perché venga il Regno
di Dio, prima deve venire il Regno dell’Uomo, con la sua duplicità: pace da una
parte, omicidio e suicidio dall’altra. Solo se le conseguenze dell’usurpazione
del trono sono portate all’estremo, cioè al suicidio, si possono realizzare le
parole di Apocalisse 7, 10: «La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul
trono e all’Agnello».
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